CASO DI CECILIA SALA, RIFLESSIONI E DUBBI.

CASO DI CECILIA SALA, RIFLESSIONI E DUBBI

di Anna Turletti - corrispondente estero

In questi giorni si è parlato molto della ventinovenne Cecilia Sala, giornalista del Foglio, liberata l’otto gennaio scorso e rimpatriata in Italia da Teheran, capitale dell’Iran.
Era stata arrestata il diciannove dicembre 2024, con la seguente motivazione riportata dal portavoce del ministero degli Esteri iraniano Ismail Beqaei: “il ministero dell’Orientamento ha rilasciato una dichiarazione chiara sui motivi dell’arresto: aver violato le leggi iraniane”.
A seguito di ciò e dopo quasi 20 giorni, è stata liberata, giovedì otto gennaio 2025, e la sua scarcerazione ha generato una lunga serie di elogi per il veloce lavoro svolto dal governo italiano, in primis dal Primo Ministro, Giorgia Meloni.

Ma approfondiamo la notizia.

Nei giorni precedenti alla liberazione di Cecilia Sala, alcuni giornalisti hanno sostenuto (anche RAI NEWS) e subito dopo tentato di smentire, che la sua scarcerazione fosse legata alla figura di Mohammad Abedini Najafabadi, ingegnere iraniano con doppia cittadinanza, iraniana e svizzera, esperto nella costruzione di droni, fermato all’aeroporto di Milano il 16 dicembre scorso e immediatamente arrestato.
Nei giorni successivi all’arresto di Abedini, in Italia, il 19 dicembre 2024, la giornalista Cecilia Sala, che si trovava in Iran per registrare un podcast per la testata online Chora Media, è stata incarcerata a Evin. La stessa testata giornalistica aveva avvertito subito il ministero degli esteri italiani della scomparsa della donna e della perdita di ogni contatto con lei, tale per cui la Farnesina, dopo immediati contatti, aveva comunicato quanto segue:
 “Il ministero degli Affari Esteri rende noto che la giornalista italiana Cecilia Sala, in Iran per svolgere servizi giornalistici, è stata fermata il 19 dicembre scorso dalle autorità di polizia di Teheran. Su disposizione del ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, l’ambasciata e il consolato d’Italia a Teheran stanno seguendo il caso con la massima attenzione sin dal suo inizio. In coordinamento con la presidenza del Consiglio, la Farnesina ha lavorato con le autorità iraniane per chiarire la situazione legale di Cecilia Sala e per verificare le condizioni della sua detenzione”. Osservando le date di incarcerazione dei due prigionieri, così ravvicinate tra loro, è normale poter pensare a una evidente correlazione tra i due casi.

Ma andiamo per ordine.

Chi è Abedini? Un trentottenne Ingegnere meccanico esperto nella costruzione di droni, quindi una figura super ricercata. La sua incarcerazione era stata richiesta dagli Stati Uniti d’America all’Italia (subito obbediente) anche con la relativa richiesta di estradizione. L’accusa nei suoi confronti era quella di aver trafficato tecnologia militare dagli USA per la costruzione di droni esplosivi, gli stessi che il 28 gennaio dello scorso anno avrebbero ucciso tre militari americani in Giordania.
Tecnicamente Abedini viene fermato il 16 dicembre dal personale della “Sezione Antiterrorismo della Digos di Milano e da personale dell’Ufficio di Polizia di frontiera in servizio nello scalo di Malpensa, con il coordinamento della Direzione Centrale della Polizia per il Contrasto dell’Estremismo e del Terrorismo esterno e dell’Interpol. La Polizia ha eseguito la perquisizione personale e quella dei bagagli del sospettato, sequestrandogli componentistica elettronica, documenti bancari e commerciali e tre dispositivi tra telefonini e pc.”
Abedini viene quindi accusato di cospirazione per aver esportato componenti elettronici dagli Stati Uniti all’Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni internazionali che pesano sull’Iran. Nei giorni successivi viene trasferito dal carcere di Rossano Calabro a quello milanese di Opera. Teheran si è detta subito indignata e ha rifiutato ogni accusa. E mentre l’Italia, pensando alla nostra giornalista, torna in uno stato di preoccupazione, come quello dovuto all’incarcerazione di qualche anno fa della viaggiatrice Alessia Piperno, trattenuta anch’essa per oltre un mese nella stessa prigione di Evin, il prigioniero iraniano in Italia viene gestito senza molti convenevoli o gentilezze. Ecco infatti il parere assai polemico dell’analista di geopolitica Alessandro Orsini, ex Docente LUISS allontanato dal programma di analisi internazionali per la sua visione della guerra in Ucraina in contrasto coin gli interessi NATO:«A coloro che dicono che l’Italia è moralmente e giuridicamente superiore all’Iran ricordo che, dopo tre settimane, Abedini si trova in carcere senza accuse. Gli Stati Uniti non hanno ancora inviato ai magistrati italiani la documentazione con le prove a suo carico». «I giornalisti che mi attaccano dicendo che le prove contro Abedini sono “precise e circostanziate” affermano il falso. Aggiungo che, quando Abedini è stato arrestato, il governo Meloni ha trattato Abedini come un animale, sbattuto senza accuse nel carcere peggiore di tutti per lui, il carcere di Rossano Calabro, pieno di terroristi sunniti nemici di Abedini, che, invece, è sciita» nota l’opinionista Orsini.
«Ad Abedini sono stati negati tutti i diritti fondamentali. Non ha potuto parlare con il console, con gli avvocati e con i familiari. La situazione di Abedini è migliorata soltanto quando il governo Meloni ha saputo che l’Iran aveva iniziato a trattare una nostra connazionale con gli stessi metodi con cui l’Italia stava trattando Abedini».
L’arresto della Sala, risulta tuttavia condotto in conformità con le normative pertinenti. L’ambasciata italiana a Teheran viene informata e durante questo periodo le viene concesso l’accesso consolare ed è in contatto con la sua famiglia telefonicamente: così ci viene riportato. Quando la Sala viene incarcerata a Evin il 19 dicembre 2024, le autorità diplomatiche internazionali, italiane, americane e anche iraniane si mettono quindi in moto. Si apre così un’intricata partita a scacchi, dove i giocatori principa che tirano le fila per scopi noti a loro, sono USA da un lato, Italia dall’altro e Iran dall’altro ancora, mentre Sala e Abedini appaiono come due semplici pedine, in quella che che spesso viene definita “diplomazia degli ostaggi” che vede coinvolto anche il ministro italiano della Giustizia, Carlo Nordio, notato mentre si affretta verso Palazzo Chigi, per un incontro urgente di emergenza con Giorgia Meloni. Il ministro della difesa Crosetto scrive anche sui social: “tutto il Governo, in primis il Presidente Giorgia Meloni e il Ministro Tajani, si è mosso per farla liberare. Ogni persona che poteva e può essere utile per ottenere questo obiettivo si è messa al lavoro”, aggiunge. Secondo Crosetto “le trattative con l’Iran non si risolvono, purtroppo, con il coinvolgimento dell’opinione pubblica occidentale e con la forza dello sdegno popolare, ma solo con un’azione politica e diplomatica di alto livello. L’Italia lavora incessantemente per liberarla, seguendo ogni strada”. Nel frattempo vengono negati dalle autorità italiane gli arresti domiciliari ad Abedini, e, per “pura combinazione” la Meloni vola negli Stati Uniti, in un delicato momento di transizione presidenziale, presumibilmente per parlare e prendere accordi con il successore di Biden, Donald Trump, fiduciosa della comprensione di quest’ultimo, che non polemizzerà per una mancata estradizione di Abedini. E che ne è di Cecilia Sala? Dopo giorni trascorsi in una cella stretta e alta con un finestrella non raggiungibile e con una luce sempre accesa -così riporterà lei stessa- dopo aver chiesto una bibbia in inglese, non sapendo quanto sarebbe stata trattenuta, dopo aver segnalato di essere stata nutrita con datteri e poi, cambiando versione, di aver ricevuto pollo, riso e verdure, Cecilia viene scarcerata (in cambio della libertà di Abedini, ormai dichiarato libero dal 12 gennaio), rimpatriata e fatta viaggiare su un aereo insieme al generale Giovanni Cavanelli, ex capo del Reparto Informazione e sicurezza dello Stato Maggiore e della Difesa, ora Direttore dell’AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna), il controspionaggio italiano, che si è recato nella capitale per gestire la liberazione. Fino a qui la detenzione di Sala risulterebbe un “ricatto” del governo iraniano, che in parte potrebbe essere vero se non si tenesse in considerazione un ventilato plurimilionario accordo economico relativo a SpaceX. In cambio della liberazione della giornalista del Foglio con il supporto USA, verrà siglato tra il magnate sudafricano Elon Musk, naturalizzato americano e ora al servizio del Ticoon Trump, e l’Italia, un super accordo economico per l’utilizzo del servizio StarLink (e di chissà quali altri…) tramite l’azienda SpaceX di proprietà dello stesso Elon Musk. Così filtra da alcune fonti, onestamente non ancora verificabili. In ogni caso, a questo punto sembra ancora più evidente che i due prigionieri altro non sono che merce di scambio, mere pedine, mosse e utilizzate dai governi per raggiungere obiettivi geopolitici ed economici e consensi da parte dell’opinione pubblica.
Il governo Meloni viene infatti elogiato per “l’eccezionale lavoro diplomatico svolto“, anche se probabilmente il lavoro essenziale è stato condotto da Musk e compagni e quindi dall’America che “agevola” il rilascio dei due prigionieri, accontentando da un lato l’Iran per un presumibile rilascio di Abedini e dall’altro la “colonia Italia”, che in cambio della liberazione della giornalista Cecilia Sala siglerà accordi commerciali con Elon Musk, accordi tuttavia smentiti di corsa addirittura dalla Premier stessa… Touchè??? Giorgia Meloni torna poi ancora sull’argomento quando in una conferenza stampa svoltasi il 9 gennaio u.s., tornando sul ruolo di Elon Musk, afferma che le vere ingerenze in Italia sarebbero quelle del magnate globalista Soros (?!?!?!?) e non quelle fantomatiche di Musk.
Detto dal lei che fa parte dell’Aspen institute dei Rockefeller il tutto sembra piuttosto strano. Ciò detto e per concludere queste mie riflessioni, mi chiedo: perché l’attuale governo italiano si sarebbe mosso così velocemente ed attivamente (non capita sempre…) per risolvere il caso di una seppure giovane e promettente giornalista?
Una persona che nel passato avrebbe pure avuto comportamenti “antipatici” e antinazionali come quando aveva scritto un post sui due Marò italiani detenuti in India, i quali, secondo lei, avrebbero dovuto essere giudicati in quel paese e non riportati in patria…
Una giornalista, per la quale non si può che gioire umanamente per la sua liberazione, ma che, da un lato, è chiaramente ben inserita nel contesto dell’informazione mainstream filosionista, che dall’altro è stata anche contestata da personaggi anticonformisti come Chef Rubio che ha scritto di lei: “Miracolate sioniste e spie con la passione dei viaggi non dovrebbero essere compiante, ma condannate”, e che, dall’altro ancora, è stata subito difesa dai “professionisti dell’informazione” uno su tutti Enrico Mentana, che ha definito Chef RubioMiserabile e indegno d’ascolto” per le sue parole.
Vi porto quindi a conoscenza di questi pochi ulteriori fatti.

La ventinovenne Cecilia Sala, anche collaboratrice de Il Foglio, definito da un collega giornalista “il principale quotidiano italiano di matrice massonica-sionista” viene da una famiglia decisamente abbiente e ben connessa con ambienti importanti. Tanto per fare un esempio, il padre, Renato Sala, si è laureato in Giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, iniziando poi la carriera nel settore bancario presso la Banca Popolare di Milano, dove ha maturato competenze significative in ambito tecnico e normativo, collaborando con importanti istituzioni come la Banca d’Italia e l’Associazione Bancaria Italiana (ABI). 
Dal 2004 ha il ruolo di senior advisor per l’Italia di J.P. Morgan International Bank, una delle principali istituzioni finanziarie globali, tra l’altro decisamente coinvolta negli interessi della lobby delle armi e delle guerre. In questa banca, Renato Sala si occupa di consulenze strategiche su operazioni finanziarie complesse, contribuendo a rafforzare la presenza della banca sul mercato italiano. Nel 2023, è stato anche nominato amministratore indipendente di Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS), uno degli istituti di credito più antichi al mondo, sebbene molto chiacchierato, dove partecipa al Comitato Nomine e al Comitato Remunerazione. Inoltre, Sala è CEO di Advisor S.R.L., una società di consulenza specializzata, e partecipa al think tank Greenmantle, che fornisce analisi macroeconomiche e geopolitiche di alto livello. Per stessa ammissione al TG RAI del Ministro degli Esteri Antonio Tajani, è anche suo amico personale, avendo lavorato pure per Fideuram, fondata da Ennio Doris, socio di Silvio Berlusconi. Dal suo canto invece, Cecilia Sala, nella sua ascesa bruciante nella carriera del giornalismo di inchiesta e di guerra, poco più che maggiorenne viene chiamata nella trasmissione Annozero di Michele Santoro, poi nel suo programma Italia e ancora in Servizio Pubblico su La7. Nel 2022, appena ventisettenne, riceve il premio Penna d’Oro da Sergio Mattarella e nello stesso anno diventa giornalista de Il Foglio dove si occupa di Afghanistan, Iran e Ucraina, dove diventa la prima inviata italiana, raccontando ogni giorno, attraverso un podcast, la vita sotto le bombe, intervistando, fotografando e registrando con lo smartphone i cittadini ucraini durante la guerra. La sua posizione da un punto di vista geopolitico, espressa in diverse comparsate in trasmissioni televisive dove viene invitata, è spiccatamente allineata a quella del mainstream, per esempio con critiche ai vertici del gruppo palestinese di Hamas (SINWAR è un “MEGALOMANE PSICOPATICO INCAPACE DI PROVARE COMPASSIONE PER GLI ALTRI”) senza tuttavia mai andare contro la politica stragista di Israele, e con elogi a Zelensky (“è un presidente molto coraggioso, è l’uomo che ha scelto di non scappare, che si veste con i pile verde oliva, che ha dismesso la giacca e la cravatta”).

Da gennaio 2022 diventa inoltre conduttrice e autrice del podcast quotidiano Stories, prodotto da Chora Media, dove parla di esteri attraverso una storia di vita quotidiana al giorno, dal mondo, laddove la testata Chora Media è nata nel 2020, venendo fondata da Guido Brera, Mario Gianani, Roberto Zanco e Mario Calabresi, che la dirige e ricordando che Mario Calabresi è stato uno dei più influenti giornalisti di mainstream filosionista per 10 anni come direttore del quotidiano La Stampa dal 2009 al 2015 e del quotidiano La Repubblica dal 15 gennaio 2016 al 18 febbraio 2019. E tutto questo senza dimenticare altri tre fattori importanti.
In prima battuta, Chora Media, è una testata controllata dalla società Be Water Spa della quale pochi mesi fa anche Cecilia Sala è divenuta azionista (della Spa). Specificamente Be Water, società di produzione e distribuzione di contenuti artistici, culturali e giornalistici nata nel 2021, ha annunciato nel maggio 2024 l’ingresso di nuovi soci. A Guido Brera (amministratore delegato), Filippo Sugar, Barbara Salabè, Mattia Guerra e Saverio Costanzo, soci di Be Water già precedentemente annunciati, sono stati uniti anche Stefano Bises, Alessandro Borghi, Claudio Erba, Riccardo Haupt e, appunto, Cecilia Sala. In seconda battuta, Guido Brera dirigente di azienda, classe 1969, scrittore e socio fondatore di maggioranza di Be Water insieme a Filippo Sugar, ma anche e soprattutto Chief Investment Officer per l’asset management di Kairos Partners SGR S.p.A, nonché co-fondatore ed azionista di minoranza del gruppo Kairos, è un personaggio legato al mondo della speculazione finanziaria e tanto più agli ambienti USA, dal momento che tra i principali fondi di Kairos c’è KIS Pentagon, un nome che evoca la sede del Dipartimento della Difesa USA e che specula,
ovviamente in modo del tutto legale, sugli US Treasures, i buoni del Tesoro del Governo americano, con 5 asset class predefinite: US Treasuries; S&P 500; Real Estate; Oil; Gold. Insomma con forti collegamenti e interessi negli ambienti finanziari e governativi USA.
In ultima battuta la Sala nel 2023 ha scritto, per Mondadori, “L’incendio. Reportage su una generazione tra Iran, Ucraina e Afghanistan“, un testo che al di là di raccogliere le voci di giovani ucraini, afgani e iraniani, offre come sempre un’immagine molto parziale, occidentale e di esportazione della democrazia americana in paesi dove le rivoluzioni “colorate” sono state tutt’altro che un movimento dal basso e piuttosto un intervento egemonico e invasivo dell’Occidente neoliberista, grazie al tramite di noti oligarchi, come ben documentato dal collega Alfredo Macchi nel suo testo “Rivoluzioni s.p.a. Chi c’è dietro la Primavera Araba”. Vi lascio quindi con un doppio quesito.
Il primo. Come poteva pensare la Sala che la sua azione e la sua informazione di parte e collegata all’ideologia smaccatamente mainstream non fosse a conoscenza delle autorità iraniane? Il secondo. Pensate che se un giornalista antisionista, filoiraniano e NON di ricchi natali filoamericani e neoliberisti, fosse stato bloccato in qualche paese straniero, il governo si sarebbe mosso così in fretta ed efficacemente per liberarlo? Personalmente ho qualche dubbio, ma attendo in ogni caso di essere smentita esclusivamente da fatti concreti. Per ora sospendo ogni ulteriore giudizio. Alla prossima
Anna Turletti

13 gennaio 2025 – ANNA TURLETTI – Qui Radio Londra Tv

 

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