LA VOCE DELLE FERITE: LE TESTIMONIANZE DIVENTANO UN PROGRAMMA DI AZIONE PUBBLICA
di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
La conferenza “La voce delle ferite“, organizzata il 18 novembre 2025 dalla Fondazione Artemisia ETS presso l’Università degli Studi “Guglielmo Marconi“, ha rappresentato molto più di un evento dedicato alla sensibilizzazione sul tema della violenza di genere. L’incontro è stato una lente di ingrandimento sullo stato attuale della cultura della prevenzione in Italia, una chiamata pubblica alle istituzioni, alla società e alle famiglie perché riconoscano la portata del fenomeno e la necessità di risposte tempestive, coordinate e strutturali. In un momento storico in cui la violenza fisica, psicologica e digitale – sembra insinuarsi con modalità sempre più sofisticate, la conferenza si è posta come un laboratorio civico nel quale storie, competenze e responsabilità si sono intrecciate, dando vita a un discorso pubblico capace di superare la retorica emergenziale. La platea intervenuta, ricca di figure istituzionali, magistrati, dirigenti della Polizia di Stato, medici e personalità artistiche impegnate nel sociale, ha restituito la percezione di un fronte ampio e trasversale consapevole della necessità di un cambiamento culturale profondo. Le autorità regionali, i rappresentanti dell’Ordine dei Medici di Roma, i magistrati della Corte di Cassazione e della Corte dei Conti, accanto agli esponenti della Polizia di Stato, hanno mostrato che le competenze non sono isole separate, questo perché la violenza di genere è un tema sanitario, giudiziario, educativo e sociale. La presenza di artiste e artisti da sempre vicini alla Fondazione Artemisia – fra cui Maria Grazia Cucinotta, Simona Izzo, Pino Insegno, Laura Freddi ha aggiunto un elemento. imprescindibile, ossia la capacità di portare temi complessi al grande pubblico, trasformando l’impegno civile in linguaggio culturale e mediatico. Il cuore dell’evento è stato dominato dalle testimonianze, a partire da quella di Gessica Notaro, una delle voci più lucide e coraggiose contro la violenza sulle donne compiuta con l’utilizzo dell’acido, la quale ha riportato al centro un punto essenziale: il corpo della vittima non è solo il luogo della ferita, ma il luogo della memoria e della resistenza. Inoltre, a lei si è affiancata la testimonianza di Daniela Bertoneri, madre di Michelle Causo, la giovane uccisa da un coetaneo nel 2023. In queste parole la sofferenza individuale si è tradotta in una domanda collettiva: che cosa stiamo facendo per evitare che tragedie simili si ripetano? Le testimonianze non sono state presentate come un fatto privato, ma come un patrimonio comune, un terreno sul quale costruire politiche reali. L’intervento dell’Architetto Mariastella Giorlandino, presidente della Fondazione Artemisia, ha assunto un ruolo dirimente, in quanto la sua visione mette in relazione monitoraggio, cura, prevenzione e responsabilità istituzionale. L’idea che “bisogna arrivare ai giovani più velocemente” indica un punto cruciale, perché la violenza non nasce all’improvviso, ma si forma in una cultura delle relazioni che ancora oggi tollera, normalizza o minimizza comportamenti dominanti e denigratori.

Per questo motivo, la prevenzione deve agire nel luogo dove si formano le identità e si definiscono i modelli relazionali, come la scuola, i contesti digitali, il rapporto fra pari.
La Vice Questore Giulia Martucci ha affrontato un nodo particolarmente attuale, ossia quello della violenza che si esprime attraverso gli strumenti digitali. Comportamenti di controllo, umiliazione, diffusione di materiale lesivo, cyberstalking, rendono consapevoli del fatto che la tecnologia è oggi uno dei canali più potenti di amplificazione della violenza di genere e intervenire sugli autori, soprattutto giovani, significa prevenire lo sviluppo di condotte più gravi e rompere lo schema della “violenza che cresce nell’ombra“. La responsabilità educativa e repressiva si affianca così a un’urgenza culturale, quella d’insegnare ai ragazzi che il controllo della persona che si pensa di amare non è amore, che la denigrazione non è un linguaggio accettabile, che l’identità digitale deve essere considerata un’estensione dell’integrità personale.
Tra le novità più significative emerse durante l’evento è stata quella annunciata dal Presidente Giorlandino, che ha presentato un progetto operativo sviluppato con la Polizia di Stato, ossia un sistema di attivazione immediata tramite numero verde, attraverso il quale le richieste di aiuto delle donne saranno trasmesse automaticamente alle autorità competenti. Pertanto, si tratta di un modello di intervento già sperimentato, ma che ora trova una forma istituzionalizzata e stabile, una forma di tutela che accorcia le distanze fra chi chiede aiuto e chi è in grado di intervenire, unendo capacità sanitaria, supporto psicologico e azione delle forze dell’ordine. Il ruolo della Fondazione Artemisia nel panorama nazionale della prevenzione e dell’assistenza è ormai consolidato e alla conferenza sono stati ricordati i suoi interventi sanitari e sociali, come ad esempio la chirurgia ricostruttiva gratuita per donne che hanno subito lesioni traumatiche, gli screening medici rivolti alle fasce più fragili, i protocolli con Regione Lazio e Polizia di Stato, i programmi scolastici dedicati alla prevenzione del mobbing, delle malattie sessualmente trasmissibili e della violenza relazionale. La dimensione sanitaria, spesso sottovalutata quando si parla di violenza di genere, è invece uno dei pilastri essenziali del percorso di rinascita delle vittime, perché restituire un volto, un corpo, una funzionalità significa restituire un’identità. La conferenza “La voce delle ferite” ha mostrato che la violenza di genere non può essere affrontata come una questione isolata, ma è un fenomeno che riguarda la tenuta democratica del Paese, la sua capacità di proteggere i più vulnerabili, la sua maturità
culturale. L’assenza di spazi di prevenzione, la frammentazione dei percorsi di tutela, la difficoltà nel riconoscere i segnali precoci di comportamenti violenti rappresentano punti critici che devono essere affrontati con la stessa determinazione con cui si affrontano le emergenze sociali. La forza dell’evento sta nella sua prospettiva, esso non è stato né una celebrazione, né un semplice momento commemorativo, ma un appello politico e un impegno etico. Le parole delle vittime, le analisi degli esperti, la responsabilità delle istituzioni e il coinvolgimento del mondo culturale hanno costruito una narrazione unitaria che va oltre il momento della conferenza, ovvero un invito a considerare la lotta alla violenza come un dovere quotidiano, un compito che inizia nell’ascolto, ma si completa solo nell’azione. Al postutto, se la società saprà accogliere questa sfida, la voce delle ferite potrà diventare la voce del cambiamento, quella voce che non parla solo di dolore, ma di rinascita, giustizia e responsabilità condivisa.
25 novembre 2025 – FABRIZIO VALERIO BONANNI SARACENO – Qui Radio Londra Tv
