
L'AUTOINVITO DI VOLODIMIR ZELENSKYY AGLI ACCORDI DI ISTANBUL. I COLLOQUI CON ERDOGAN, DURATI DUE ORE E 40 MINUTI
di Paola Mora
Nessuno lo ha invitato, si è autoinvitato sfidando Putin, è questa la verità che sembra emergere a ridosso dei colloqui che si tengono oggi, 15 maggio 2025 in Turchia, chiamati dal Presidente russo Vladimir Putin in una conferenza stampa notturna avvenuta in precedenza. In queste ore, i leader europei, britannici e non solo i funzionari ucraini, storcono il naso per un mancato cessate il fuoco di trenta giorni preteso dall’occidente collettivo sottoforma di ultimatum alla Russia, immediatamente dopo che Kiev aveva violato la tregua di tre giorni stabilita dai russi, in occasione della Parata della Vittoria, l’80° anniversario cui hanno partecipato Capi di Stato da tutto il mondo – alcuni di loro hanno viaggiato dall’Europa – anch’essi minacciati da Kiev e dalla Commissione europea di ritorsioni e vendette per la propria scelta. L’ultimatum è stato ignorato da chiunque, nessuna risposta, ma senza negare la possibilità di una futura tregua di un mese, senza minacce o condizioni poggiate sulla vendetta e rappresaglia. Inoltre, è iniziata una strana propaganda sulla presenza obbligatoria del Presidente Vladimir Putin in Turchia, forse tentata sperando nell’ignoranza dei cittadini del mondo sul come si svolge un negoziato di pace, lasciando credere che fosse ovvio vedere seduto Putin al tavolo, il primo giorno delle consultazioni dirette. Secondo loro, poiché Zelenskyy si sarebbe recato in Turchia, allora doveva farlo anche il presidente russo. Volodimir Zelenskyy , dopo varie sceneggiate appoggiate dai suoi alleati, a un certo punto, ha dichiarato:
“Ci siamo ora accordati con il Presidente Erdogan – saremo ad Ankara con lui il 15 maggio. Aspetteremo un incontro con Putin in Turchia. Affinché non usi la questione delle città come pretesto e dica che Putin può andare a Istanbul e non ad Ankara, voglio dire subito: se Putin vola a Istanbul, anche io ed Erdogan voleremo a Istanbul” e “faremo di tutto per concordare un cessate il fuoco.”
Ma, in sostanza, non era prevista la partecipazione di Zelenskyy a Istanbul, infatti, è intervenuto il Presidente turco Receep Erdogan che ha deciso di accogliere il ‘decaduto per legge’ presidente ucraino Zelenskyy, ad Ankara. Non da solo, perché Zelenskyy si è fatto accompagnare dai suoi fidati suggeritori, che condividono con lui l’avventura politica a Kiev.
Il Washington Post ha documentato che la sera del 14 maggio i funzionari statunitensi ed europei hanno “salvato Zelensky dall’orlo del baratro, dopo che il presidente ucraino ha dichiarato di star valutando la possibilità di vietare ai suoi collaboratori di incontrare funzionari russi in Turchia.” Alla fine, il negoziato diretto previsto a Istanbul non è stato annullato ma ha subito un ritardo, è stato spostato dalla mattina al pomeriggio, per via del fatto che la delegazione ucraina avrebbe dovuto liberarsi dall’incombenza della chiacchierata ad Ankara. Al suo arrivo ad Ankara, Zelensky ha definito la delegazione russa guidata dal russo Medinsky “una farsa” sobillando che l’inviato non avrebbe alcun mandato per prendere decisioni. E, ha confermato di annunciare la decisione sulla partecipazione dell’Ucraina ai negoziati con la Russia solo dopo il suo incontro con Erdogan. Ad appoggiare questa visione anche il suo consigliere ucraino Podolyak, il quale ha dichiarato: ” Il Presidente non può incontrarsi, soprattutto con Medinsky, perché la situazione così non sarà del tutto chiara. Lui è lì come assistente dell’eredità storica di Putin, o per correggere la storia, direi. Ma è improbabile che l’uomo sia sufficiente a discutere questioni fondamentali.” Certo, è ovvio che le decisioni finali spettano ai presidenti degli Stati, senza cui è impossibile concludere patti, cosa che è stata osservata in un secondo momento anche dal Presidente americano Donald Trump, il quale, dopo aver anche lui giocato un po’ al tira e molla delle battute sulla presenza di Putin, che era in corso, ha infatti inviato una delegazione statunitense in Turchia ma non ha confermato la sua presenza, e non la confermerà finché non saranno evidenti dei risultati, sottolineando che solo dopo aver lui stesso incontrato Putin – e non Zelenskyy – allora tutto potrà essere stabilito definitivamente. Riguardo la delegazione russa inviata in Turchia, è necessario sottolineare che non si tratta affatto di ‘una farsa‘, e anzi, c’è da spezzare una lancia in favore di Vladimir Medinskij, e sfatare l’idea che la delegazione russa è di serie B solo perché è assente Putin, o Lavrov, o il riservato pur egli consigliere Yuri Usakov. Il che, non esclude che questi ultimi potrebbero essere coinvolti in discussioni dietro le quinte, più riservate, esattamente come era accaduto nel 2022, quando le interlocuzioni per la pace in Ucraina viaggiavano su due livelli: uno pubblico, e uno riservatissimo.
Vladimir Medinsky, infatti, era stato abilissimo capo delegazione anche durante i primi colloqui tra russi e ucraini partiti poco dopo l’invasione, nel 2022. Per cui, le decisioni di incaricarlo nella nuova missione, trattandosi palesemente di una ripresa del fascicolo iniziato nel 2022 sempre in Turchia, esprime nulla altro che continuità col passato, quando, i negoziati avrebbero avuto successo se Boris Johnson non avesse all’ultimo minuto manipolato Zelenskyj per costringerlo a buttare all’aria gli accordi di pace. Cosa che sembra sta accadendo anche adesso, dal momento che il leader ucraino si è precipitato impulsivamente ad Ankara senza che ci fosse questa urgenza, ed anzi, nel tentativo di affrettare le procedure protocollari e creare un malinteso. Medinsky è attualmente consigliere del presidente Vladimir Putin e ha guidato egregiamente la delegazione russa nei primi negoziati con l’Ucraina, nei colloqui di Istanbul del 2022. A tale proposito, la portavoce russa Maria Zakharova ha rimproverato Zelenskyj per il fatto che questi ha delegittimato la professionalità dei funzionari russi oggi arrivati in Turchia:
“Chi usa la parola falso? Clown? Giona? Una persona con un’istruzione sconosciuta, in relazione alle persone con istruzione e titoli accademici, con servizi alla patria? Su quale base una persona che è arrivata al potere grazie all’informatica e agli investimenti di capitale, può dubitare del livello di qualcuno!”.
Tra i membri della delegazione russa: il Viceministro degli Affari Esteri della Federazione Russa Mikhail Galuzin; il Capo della Direzione principale dello Stato maggiore delle forze armate russe Igor Kostyukov; il Viceministro della Difesa della Federazione Russa Aleksandr Fomin. Il Presidente Putin ha inoltre approvato la composizione degli esperti per i negoziati. Tra loro: il Primo vicecapo dell’informazione dello Stato maggiore delle Forze armate della Federazione Russa Alexander Zorin; il Vicecapo della Direzione presidenziale per la politica statale nella sfera umanitaria Elena Podobreevskaya; il Direttore del Secondo Dipartimento dei Paesi della CSI del Ministero degli Affari Esteri russo Alexey Polischuk; il Vicecapo della Direzione principale della cooperazione militare internazionale del Ministero della Difesa Viktor Shevtsov.
Entusiasta si è mostrato il leader statunitense Donald Trump, che ha fretta di una conclusione poiché questo vorrebbe dire per lui rovesciare molto più facilmente gli equilibri, mettere a tacere il fatto di avere appena subito, l’Occidente, una sconfitta nella guerra militare ed economica contro la Russia in Ucraina, e indirizzare gli sforzi per allontanare Mosca della sfera di Pechino, con cui si è aperta una guerra commerciale di dazi, ora proseguita con dei negoziati a Ginevra, su cui l’intenzione di Trump però resta sempre la stessa: quella di impedire l’ascesa della Cina, per battezzare l’”America First” come il principio universale secondo cui gli USA sono la potenza eccellente globale, anche quando non tutti considerano più l’America una “garanzia”. A Trump interessa relativamente poco il contenuto degli accordi tra Kiev e Mosca, tranne quelle parti che possono favorire l’appetito degli americani, senza essere lasciati cioè a bocca asciutta. Desidera anche essere considerato colui che ha reso possibile un accordo, indipendentemente dal se esso sia fragile o solido. A inizio maggio il Presidente Trump si era rivolto al leader Receep Erdogan affinché prendesse in mano la questione ucraina, ma, questa richiesta, non è una decisione del presidente americano, il quale stava fallendo con Putin su tutta la linea, nonostante la ripresa della diplomazia. Infatti, una delle prerogative ideali per Mosca, era proprio di ricominciare a trattare con Kiev riprendendo i vecchi accordi di Istanbul di cui esiste la bozza; quindi, adeguarla alla nuova situazione sul campo, e procedere con le firme dei documenti una volta raggiunto l’accordo con Kiev. Questa ripresa, potrebbe favorire un accordo più rapido rispetto a se si dovesse ricominciare da zero. Per Donald Trump, ricorrere al presidente turco Erdogan, è significato dover cedere ad alcune richieste di quest’ultimo, a esempio, il ritiro delle sanzioni di Washington alla Siria, territorio dove il leader turco cerca di destreggiarsi tra più fuochi dopo un‘operazione militare che ha prodotto la fine del governo di Bashar Al Assad. In Siria, gli americani hanno esaudito l’obiettivo di Erdogan, e lo hanno aiutato nell’impresa di conquista, incoraggiandolo ma credendo poi di poterlo intrappolare nella “rete dei tumulti siriani”, allo stesso tempo approfittandone per lasciar sconfinare l’esercito israeliano, che si è piazzato sulle alture del Golan e si è avventurato nella Siria interna. Receep Erdogan, in occasione del rinnovo del mandato come mediatore per il conflitto russo-ucraino, ha preteso da Trump che tenesse a bada Israele. Erdogan sembra poi essersi messo in contatto con Vladimir Putin mentre veniva corteggiato subito dai leader europei come Giorgia Meloni, che hanno inziato a fargli da moccolo. Da lì è scaturito l’annuncio sulla riapertura dei negoziati per il 15 maggio a Istanbul, piattaforma che a Putin piace molto. Ma Zelenskyy ha provato a mettersi di traverso chiedendo una formula protocollare insolita, dove si richiedeva forzatamente la partecipazione immediata e frettolosa del presidente russo. L’ambasciatore speciale del Ministero degli Esteri russo per le questioni relative ai crimini del regime di Kiev, Rodion Miroshnik, ha dichiarato che in realtà il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non è stato neanche invitato a Istanbul, a prescindere dal se egli avesse affermato di essere pronto a incontrare il presidente russo Vladimir Putin in Turchia.
“Questi non sono negoziati tra leader di paesi. Nessuno ha invitato Zelensky a Istanbul. Non siamo stati noi, a invitare te. Questa performance che Zelensky ha messo in scena gridando: “Putin, vieni, hai paura di me?” è una performance piuttosto clownesca, tipica di Zelensky come attore, non come politico, leader di uno stato separato”.
Lo ha detto Rodion Miroshnik, citato dal Kommersant. I negoziati tra i presidenti di Turchia e Ucraina, Recep Tayyip Erdogan e Volodymyr Zelensky, si sono conclusi ad Ankara dopo due ore e 40 minuti dal loro inizio. Lo ha riportato l’agenzia turca Anadolu. La portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha riferito che i negoziati tra Russia e Ucraina sono stati rinviati alla seconda metà della giornata su iniziativa della parte turca (a causa forse, del contrattempo provocato da Zelenskyy). Il presidente ucraino, dopo l’incontro con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ad Ankara, è partito per Istanbul, dove è arrivato intorno alle 16:30 ora di Mosca, mentre, il signor Medinsky, lascerà una dichiarazione alla stampa alle 17:30
15 maggio 2025 – PAOLA MORA – Qui Radio Londra Tv