
NESSUN INCONTRO TRA PUTIN E ZELENSKYY A ISTANBUL?
di Paola Mora
Non ci sarà alcun incontro tra Putin e Zelenskyy e, il presidente ucraino lo sa. Ma andiamo ai fatti, in veloce successione. Da quando Donald Trump ha iniziato il mandato presidenziale, in 100 giorni ha fallito i propositi di riportare la pace sul confine ucraino, nel senso che non è riuscito a esercitare il suo ascendente sull’UE e sul regime di Kiev in particolare modo. Di conseguenza, e contemporaneamente, non ha realizzato né presentato alcun piano ai funzionari di Mosca correlato alle discussioni in corso fino ad oggi, né proposto strategie con cui garantire i mezzi per una pace a lungo termine richiesta dai russi, o attutire la sconfitta dell’Ucraina. Si è però spinto a statuire un accordo traballante sull’estrazione di minerali e sfruttamento delle risorse energetiche firmato anche dalla Verkovna Rada (parlamento ucraino) attraverso cui gli USA verranno risarciti per ciò che Washington ha fornito a Kiev in questi anni. Apparentemente quindi, Trump non si è proprio occupato della questione conflittuale dell’Ucraina in sé, anche perché non è nelle condizioni di dettare condizioni al vincitore Putin; ma, il presidente russo serve a quello americano come ‘amico di facciata’ per concludere qualche affare vantaggioso, distruggere l’avanzamento della Cina nella scalata al prestigio globale. Donald ha fatto altro. Mentre ipotizzava il ritiro degli USA dai negoziati per via dell’irrisoria volontà resagli dalle due parti in conflitto, e con un ghigno particolare di disprezzo rivolto al Presidente Putin, l’8 maggio 2025 il presidente americano si è rivolto al leader turco Receep Erdogan proponendogli di rientrare in campo con nuovo vigore nelle mediazioni in Ucraina; il quale, immerso nelle controversie in Siria dove Israele preme per un’ulteriore destabilizzazione, ha promesso di fare il tentativo mettendo a disposizione la piattaforma di Istanbul. Non gratuitamente. Trump ha deciso di rinunciare alle sanzioni alla Siria su espressa richiesta del leader turco, e inoltre, Erdogan ha parlato al presidente statunitense dell’urgenza di tenere a bada i colpi di testa del governo di Israele, che, nel frattempo, ha annunciato di voler estendere i propri interessi egemonici anche in Siria. Gli attacchi di Israele “mettono a repentaglio la sicurezza e stabilità della Siria”, secondo il presidente della Turchia. Sempre in Siria, è stato accolto contemporaneamente dal gruppo militare PKK l’appello del leader curdo Ocalan di abbandonare le armi per cominciare un processo di integrazione politica e pacificare le resistenze con Ankara. Potrebbe significare la futura liberazione del prigioniero curdo Ocalan dal carcere in cui Erdogan lo ha relegato, anche se la Turchia oppone delle resistenze a conferire un’autonomia regionale al popolo curdo (protetto da Washington) limitandosi a garantire un processo di integrazione. Tra il 9 e il 10 maggio 2025 si è riunita a Kiev la cosiddetta “coalizione europea dei volenterosi” per parlare della questione ucraina, di come reagire alle fantomatiche “minacce di Mosca”. La leader italiana Giorgia Meloni ha partecipato da remoto, mentre il presidente americano Donald Trump è stato consultato con una telefonata per l’approvazione di un controverso piano in 22 punti, che la coalizione intenderebbe presentare alla Federazione russa come parte di un futuro processo negoziale. A dire il vero, anche qui Trump non è sembrato particolarmente interessato, non ha rilasciato dichiarazioni sul progetto. In sostanza, preferisce fingere di mediare e lasciare che le parti se la piangano in solitaria, annoiato dal suo proprio fallimento, quanto ansioso di approfittare di risvolti più positivi semmai giungessero buone notizie dopo il ricorso all’aiuto turco. Il ministro degli Esteri ucraino Andriy Sybiha ha affermato che, dopo l’incontro tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e i leader di Gran Bretagna, Francia, Germania e Polonia a Kiev, le parti hanno avuto colloqui telefonici con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Le autorità ucraine hanno così dichiarato di esser pronte a un cessate il fuoco di almeno 30 giorni, a partire dal lunedì 12 di maggio.
Sybiga: “Se la Russia accetta e viene garantito un monitoraggio efficace, un cessate il fuoco duraturo e misure di rafforzamento della fiducia potrebbero aprire la strada ai colloqui di pace“.
Quindi, nel giro di pochi giorni, dopo le celebrazioni del 9 maggio 2025 per l’80°anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica e allo scoccare della fine del precedente cessate il fuoco di “tre giorni” promosso dai russi (ma rigettato dal regime di Kiev che ha persino minacciato i Capi di Stato in viaggio verso la Russia per partecipare alla Parata del 9 maggio), il Presidente Vladimir Putin ha annunciato – senza prendere in considerazione le farneticazioni dei volenterosi su un allungamento del cessate il fuoco di 30 giorni – nella tarda serata del 10 maggio, che avrebbe fatto una dichiarazione importante a mezzanotte, in una conferenza stampa che non prevedeva le domande dei giornalisti. Improvvisamente, la dichiarazione di Putin ai giornalisti viene però posticipata di un’ora, e le emittenti russe cominciano a proporre brani musicali di intrattenimento per i cittadini, tra cui “Careless Whisper” (sussurri imprudenti), il brano del cantante George Michael che parla di tradimenti.
Nei minuti dell’attesa, il presidente ucraino è apparso molto agitato in alcune dichiarazioni rilasciate al popolo ucraino, forse nel tentativo di rubare la scena e attirare attenzione. Dopo un’ora abbondante d’orologio, Putin finalmente è intervenuto sulla scena e, dopo aver tirato le somme degli accordi stretti con i leader intervenuti in Russia, ringraziandoli per la partecipazione agli eventi in Piazza Rossa e per la solidarietà e il coraggio dimostrato, si è addentrato nel capitolo del conflitto sul confine, sottolineando le criticità osservate fino a quel momento nel comportamento del regime kieviota cui i russi avevano proposto più occasioni di tregua, tutte violate e fallite per l’intemperanza dell’esercito ucraino (tra cui il cessate il fuoco di 30 giorni precedente alla Pasqua, che riguardava le infrastrutture energetiche, statuito per decisione comune di tutte le parti compresa l’amministrazione Trump, che stava intermediando nel conflitto). In particolare, l’ultima tregua di tre giorni proposta in occasione del giorno più sacro per i russi, quello della vittoria sul nazismo, voleva essere un’ultima prova di volontà richiesta a Kiev che, qualora fosse stata esaudita, avrebbe potuto determinare un allungamento di tale breve cessate il fuoco. Ma anche qui, nessun risultato.
Tuttavia, Vladimir Putin, in finale ha annunciato comunque la sua decisione di dare il via a negoziati diretti tra delegazione russa e ucraina, avverando in parte il desiderio di Donald Trump e indicando la data del 15 maggio per un primo appuntamento a Istanbul. Quindi, abbracciando anche il ruolo di mediazione del leader Erdogan, cui Trump aveva in precedenza lasciato in mano la patata bollente. Significa che il presidente turco, dopo aver ottenuto da Donald Trump qualche promessa su questioni che gli premevano, si è subito messo in moto per riprendere in mano il fascicolo ucraino esattamente dove era rimasto nel 2022, quando fu interrotto dall’intromissione dell’inglese Boris Johnson. Putin ha reagito positivamente e con fiducia, proponendo lui stesso l’idea della ripresa di un “negoziato diretto”. Anche perché, rispetto al 2022 la Russia ha una posizione ancora più vantaggiosa sul campo di battaglia. A poche ore dall’annuncio di Putin è intervenuto però il presidente Emmanuel Macron. Il galletto ha cantato che la proposta russa, secondo lui, è “insufficiente”.
Alla dichiarazione francese è seguita a ruota di pavone anche quella dal capo dell’Ufficio del presidente ucraino, il signor Yermak. Entrambi, hanno convenuto che non può avvenire alcun negoziato diretto, se prima non si stabilisce un cessate il fuoco di 30 giorni, riferendosi alla loro proposta precedente, la quale, tuttavia, non aveva ottenuto alcun effetto sul Cremlino. Nel suo annuncio, il Presidente Putin si era limitato ad osservare che sebbene la sua speranza è di una pacificazione anche con gli europei, non può fare a meno di notare la violenza verbale dei politici occidentali, un linguaggio di tensione e insulto che non mette Mosca nelle condizioni di poter accettare un dialogo propositivo. Non si può continuare con le minacce, o il versante europeo resterà inascoltato. La stessa proposta della coalizione dei volenterosi sul cessate il fuoco, a esempio, non era affatto “incondizionata”, ma legata a un ultimatum pretenzioso condito da minacce di ritorsione. Qualora i russi non avessero accettato una tregua di trenta giorni a partire dal 12 maggio, allora l’Ue sarebbe intervenuta con sanzioni alla Russia e iniezioni di armi a Kiev, cercando di trascinare anche gli USA in questo aumento della pressione.
Recep Tayyip Erdogan ha invece pienamente sostenuto la proposta russa dei negoziati diretti, sminuendo per ora la questione della tregua, e sottolineando la propria disponibilità a fornire tutta l’assistenza possibile nell’organizzazione e nella conduzione dei dialoghi diplomatici, volti a raggiungere una pace sostenibile. Anche il Presidente americano Trump, dimenticando l’appoggio ai 22 punti dell’Europa, ha risposto con l’entusiasmo di un bambino alla notizia di imminenti negoziati in Turchia. Vedendosi mancare appoggio, Volodimir Zelenskyy ha allora ipotizzato che giovedì 15 maggio lui sarà in Turchia, e forse, indipendentemente dal fatto che la Russia rispetti o meno il cessate il fuoco proposto dall’UE a partire dal 12 maggio 2025. Ma, ha lanciato un guanto di sfida a Putin sostenendo che, se quest’ultimo non sarà presente a Istanbul, allora sarà un sintomo della mancanza di volontà da parte della Russia nella pace, e anche lui potrebbe disertare il tavolo dei negoziati previsto. Ovviamente, l’avvio dei negoziati diretti non obbliga ad alcuna partecipazione dei leader dei Paesi in guerra, i quali possono nominare funzionari ad alto livello come delegati nelle prime conversazioni diplomatiche, finché non si trova una via di risoluzione che apre favorevolmente all’intervento successivo dei capi di Stato per gli aggiustamenti conclusivi, e firme degli accordi. La novità dell’annuncio di Putin in conferenza stampa risiede semplicemente nel fatto che, per la prima volta, una delegazione russa incontrerà una delegazione ucraina senza passare attraverso messaggi indiretti riportati dai mediatori stranieri, i quali hanno fatto da spola tra gli antagonisti fino a questo momento. Tra le voci dissonanti, anche quella della Germania con le parole del portavoce di governo Stefan Cornelius, il quale ha suggerito un ultimatum nell’ultimatum a Putin: 10 ore per rispondere di sì al cessate il fuoco prima dei negoziati diretti, o verranno introdotte altre sanzioni contro la Russia. La Germania in recessione economica, tuttavia, non è nella posizione di dettare condizioni. Sono tentativi disperati di aver voce in capitolo, essere considerati. Tra l’altro, quelle di cui si minaccia, sono le sanzioni che gli europei avevano già deciso di attuare molto presto, per cui, si starebbe abbaiando alla Russa cercando una scusa per giustificare un’attività sanzionatoria che, se l’Europa lanciasse durante i negoziati, sembrerebbe sconveniente. Cercano insomma, un motivo plausibile che li giustifichi agli occhi di Washington a ottemperare alle sanzioni, utilizzando il presupposto di un ultimatum che Putin starebbe violando. Addirittura, arriva una dichiarazione congiunta dei Ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna, Regno Unito e dell’Alto Rappresentante dell’UE:
“Ci siamo incontrati di nuovo a Londra questo 12 maggio 2025 per discutere dell’aggressione russa contro l’Ucraina e della sicurezza euro-atlantica. Per quanto riguarda l’Ucraina, abbiamo ribadito la nostra solidarietà al popolo ucraino, le nostre condoglianze alle vittime dei recenti attacchi della Russia e il nostro pieno sostegno alla sicurezza, alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale. Abbiamo accolto con favore gli sforzi di pace guidati dagli Stati Uniti e la prospettiva di ulteriori colloqui questa settimana. Finora la Russia non ha mostrato alcuna seria intenzione di fare progressi. Deve farlo senza indugio. Ci uniamo all’appello dell’Ucraina per un cessate il fuoco immediato, completo e incondizionato di 30 giorni, per creare spazio per negoziati su una pace giusta, globale e duratura. Qualsiasi pace sarà duratura solo se si baserà sul diritto internazionale, compresa la Carta delle Nazioni Unite, e se l’Ucraina sarà in grado di scoraggiare e difendersi da qualsiasi futuro attacco russo“.
A tal proposito, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha contemporaneamente dichiarato, su una domanda dei giornalisti:
“Prima di questo avvertimento, avevamo già ricevuto avvertimenti l’altro ieri, ed erano stati espressi anche in forma di ultimatum. Ma un simile linguaggio ultimatum è inaccettabile per la Russia, non è appropriato. Non si può parlare alla Russia in un linguaggio del genere“.
La performance della ‘coalizione dei volenterosi’ è stata ripetuta singolarmente anche dalla leader italiana Giorgia Meloni, la quale ha dichiarato:” Aspettiamo una chiara risposta russa alla richiesta di un cessate il fuoco immediato e incondizionato, che l’Ucraina ha accettato. L’Ucraina ha accettato subito di incontrare Putin a Istanbul giovedì, chiarendo in pochi minuti, rispetto ad una certa propaganda, quale tra le parti coinvolte nel conflitto sia certamente a favore della pace e quale invece sia ancora una volta responsabile della guerra.” Le sue parole lasciano presumere una mancanza di lettura delle proposte russe e un disinteresse lacunoso nel seguire con serietà gli scambi tra Mosca e Washington. Non si prende in considerazione, infatti, il pregresso delle tregue indette da Mosca ma violate da Kiev – di cui una in partnership diplomatica con Washington – con una difficoltà paurosa a intendere in quale chiave siano stati predisposti i negoziati diretti. La pretesa di un cessate il fuoco di trenta giorni in chiave ‘ultimatum’ è il tentativo furfantesco di chi spinge per ritagliarsi un vantaggio militare sul campo, senza una vera prova di diplomazia. Il cessate il fuoco di 30 giorni richiesto dall’Ue si potrebbe anche fare, Putin potrebbe rispondere favorevolmente, ma, sulla via dell’osservazione delle precedenti tregue e in una formula diplomatica, statuendo punti fermi su cui lavorare non solo su una tregua più estesa, ma sulla risoluzione a lungo termine del conflitto, dal momento che non ha funzionato fin ora. Nel frattempo, Trump ha rilasciato una dichiarazione, forse un monito all’UE, ma con una sottile provocazione al presidente russo:
“Ho insistito affinché questo incontro avesse luogo e avrà luogo. Penso che dall’incontro di giovedì in Turchia tra Russia e Ucraina potrebbe emergere qualcosa di buono. Da quanto ho capito, entrambi i leader saranno presenti. Stavo pensando di andarci in aereo. Non so dove sarò giovedì, ho così tanti incontri, ma stavo pensando di prendere l’aereo per andarci. Penso che ci sia questa possibilità se c’è la sensazione che qualcosa potrebbe accadere. Ma dobbiamo ottenere risultati. Dobbiamo salvare 5.000 vite alla settimana. 5 mila vite alla settimana. Anzi, anche di più.“
Trump non sa se cogliere la mela a Istanbul in quei giorni, poiché il negoziato ad Ankara non determina che il presidente Putin vi partecipi. Cioè, è più plausibile potrebbero esserci solo i delegati come è prassi. Sostanzialmente, si tratta di un primo confronto tra rappresentanti di Russia e Ucraina al medesimo tavolo, con Erdogan da filtro. Motivo per cui, Zelenskyj si è lanciato col paracadute rotto dichiarando che lui in persona ci sarà, ma mettendo zizzania sul fatto che il presidente russo non parteciperà. Lo sfida pubblicamente per provocazione come un cowboy su questo dettaglio, guadagnandosi un assist malizioso da Trump quando questi prima del suo viaggio in Arabia Saudita dice: “ho capito che entrambi i leader saranno presenti”. Putin in realtà non ha fatto sapere nulla di simile. Non è più intervenuto nei dibattiti, dopo il suo annuncio nella notte del 12 maggio. Tuttavia, il suo portavoce Dmitry Peskov ha risposto agli europei scalpitanti, che sarà Putin ad annunciare, in un momento che riterrà necessario e se lo riterrà necessario, la formazione della delegazione russa. Sono emersi, successivamente i primi nomi: due, certamente, fanno capo al Ministro degli esteri Sergey Lavrov e alla punta di diamante di Putin nelle trattative di pace, il signor Yury Usakov. Difficilmente, Trump sarà ad Ankara quel giorno. Attenderà il momento più propizio, in cui saranno già stati fatti dei passi in avanti. Tuttavia, ha dichiarato che vede una forte possibilità da parte russa di accettare un cessate il fuoco di 30 giorni, sulla scia positiva della nuova spinta negoziale. Trump ha intenzione di vedere Erdogan privatamente, il quale lo ha invitato Turchia. Il presidente americano ha risposto con piacere alla cortesia di Erdogan, ma senza stabilire una data. A sua volta, vorrebbe che Erdogan accettasse un invito a Washington. Il Vice Capo del Ministero degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, ha intanto velocemente incontrato il 12 maggio l’Ambasciatore turco a Mosca, Tanju Bilgic. Le parti hanno avuto uno scambio di opinioni su questioni regionali e internazionali e discusso dell’interazione tra Russia e Turchia nei meccanismi multilaterali. A sua volta, Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha avuto una conversazione telefonica con il segretario di Stato americano Marco Rubio per discutere del possibile incontro tra Russia e Ucraina a Istanbul.
Il 13 maggio 2025 l’UE è retrocessa dalle precedenti dichiarazioni sull’ultimatum (le dieci ore di tempo concesse a Vladimir Putin per rispondere – ormai scadute), ed ha languito debolmente che l’UE è pronta ad attendere un possibile incontro tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il presidente russo Vladimir Putin il 15 maggio in Turchia, prima di spingere anche gli Stati Uniti ad annunciare nuove sanzioni contro Mosca, poiché secondo loro, la parte americana vorrebbe offrire opportunità di negoziazione ai russi prima di aumentare la pressione su Vladimir Putin. “Senza il consenso di Putin è impossibile risolvere il conflitto in Ucraina“, ha cinguettato anche l’inviato speciale del presidente americano, Witkoff, indicando come argomenti principali dei negoziati il rifiuto di Kiev di cedere territori, l’uso della centrale nucleare di Zaporizhzhia e l’accesso dell’Ucraina al Dnepr e al Mar Nero.
Volodimir Zelensky ha fatto sapere che lui non incontrerà nessuno a Istanbul tranne Putin, e lo ha confermato il consigliere ucraino Podolyak. In sostanza, si insiste sulla presenza di Putin (che in questa prima fase non è necessaria). In questo, sembra esserci un’armonia tra Trump e Zelenskyj. L’Ue partecipa al negoziato solo ‘indirettamente’ per ora, se si considera che il piano in 22 punti è un paradigma progettato dalla ‘coalizione dei volenterosi’ cui si è adeguato Volodimir Zelenskyy. Un piano che è carta straccia e che è stato condiviso, a quanto sembra, solo in seconda battuta con Donald Trump. Il presidente americano si diverte, sarebbe ovviamente felice se Putin partecipasse con certezza e senza le garanzie di un pre-accordo dietro le quinte. Nulla esclude che il presidente russo possa avere già intenzione di recarsi a Istanbul a prescindere dalla foga disperata con cui gli europeisti inventano ultimatum, strumentali a una propaganda occidentale in cui vogliono fare credere che quello in difficoltà è Putin. Dipende tutto dal se la Russia si è già in parte accordata dietro le quinte. Cosa che al momento sembra improbabile. Trump si accontenterebbe quantomeno di raccontare al mondo, che grazie a lui Putin si è seduto al tavolo. Ai russi, non importa di questi convenevoli. Putin tace, ancora non ha perso la pazienza, ma la missione è salvaguardare l’esistenza della Russia attraverso accordi validi, valutando proposte serie, che garantiscono tranquillità a lungo termine ai confini della Federazione. I russi parlano poco e fanno molto. Chi parla troppo perché teme il fallimento sono gli ucraini, gli europei, gli americani, poiché cercano in tutti i modi di rendere credibili le proprie visioni incredibili, in cui devono urgentemente apparire gli eroi dalla parte giusta della Storia!
Nel mentre, Donald Trump è volato a Riyadh per concordare un affare storico sulle forniture di armi al Regno, e per guadagnarsi una fetta di affari che riguardano le risorse minerarie. La caccia alle terre rare per competere con la Cina è in corso, e Trump mira al monopolio totale per rendere grande l’America nonostante Washington abbia perso credibilità davanti agli occhi del mondo intero, per governare il globo in un ultimo ed estremo atto di forza, prevaricazione tecnologica transumanista.
14 maggio 2025 – PAOLA MORA – Qui Radio Londra Tv