INTERVISTA A JESUS CASLA,”IL TERAPISTA CHE SCRIVE LIBRI”! – L’IPNOSI REGRESSIVA COME SBLOCCO DEI TRAUMI EMOZIONALI E GUARIGIONE DAL SINTOMO.

INTERVISTA A JESUS CASLA,”IL TERAPISTA CHE SCRIVE LIBRI”!

L’IPNOSI REGRESSIVA COME SBLOCCO DEI TRAUMI EMOZIONALI E GUARIGIONE DAL SINTOMO.

– di Paola Mora

Una donna è di spalle e osserva il sole, che si riflette nella spuma morbida del mare semi-mosso mentre tramonta; il vento è una brezza, s’infila nei capelli sciolti e sottilmente lunghi, poi frastaglia le onde basse che non la raggiungono mai mentre è ferma, coi piedi sulla sabbia. La postura dei muscoli induriti è fiera e rilassata, le scarpette sportive da ginnastica e un jeans corto che slancia le gambe, raccontano di qualcuno che sta vivendo la realtàdel presente nella società moderna, ma non ha dimenticato lo stupore dell’orizzonte antico, che le si pone di fronte come un grande spettacolo di cui essere consapevole. La schiena della giovane donna è il passato che ha smesso di pesarle, tanto da disegnare il busto, perfettamente allineato al resto della sagoma, senza curvature e pendenze di sorta. La luce d’oro tra le zolle arancioni del cielo invaso dai riflessi morenti, è una forza simbolica che silenziosamente chiama all’attenzione lo sguardo, ma non è l’obiettivo da raggiungere, piuttosto, una presenza di cui rasserenarsi e con cui si è in pace. L’infinito, invece, è il suo cammino verso un nuovo giorno.

Jesùs Casla è un mix di elementi tra il mistico ed il realista, una via di mezzo tra Gustave Courbet e Salvador Dalì.  Originario della Spagna, si dedica a più professioni prima di approdare al mondo terapeutico. Si sperimenta a livello aziendale, scrive come giornalista, bazzica nel mondo dei mass-media finché non trova nell’indagine e ricerca del trauma, attraverso lo studio della memoria e per risolverlo, la sua strada e sfida professionale. Casla è un ricercatore e terapista, creatore del metodo e disciplina in Decodifica Biologica Riparatrice (DBR) ed Ipnosi Regressiva Riparatrice (IRR). Insegna questo metodo in Italia, Spagna, America ed èfondatore dell’Università Popolare che porta il suo nome, nonché docente dell’’Università Interline’ a Nuovo Lèon, in Messico. Scrive parallelamente alla professione diversi libri,di cui l’ultimo si intitola: “L’infinito è il mio cammino”.Lo intervisto in un piacevole pomeriggio di inizio settembre, telefonicamente, mentre ho tra le mani uno dei suoi saggi, ‘Bellezza Emozionale’, rilegato in una copertina lucida e con impresso il viso mite di una donna matura, immerso in una luce solare che sembra entrare da una finestra dietro di lei. Credo di aver quasi sentito l’emozione di piangere di gioia, quando me lo hanno regalato. Una sensazione legata probabilmente a qualche pezzo del mio stato interiore attuale. Il tono di voce del signor Jesus Casla mentre chiariamo come si svolgerà l’intervista, è tra il serio, ed il pacato umano più cordiale ed ansioso di procedere! Si presenta attraverso la propria professione già alle prime battute, da qui s’evince che ne abbia fatto la sua vita. Ciò di cui si occupa è un ambito ancestrale, al medesimo tempo attuale nelle tematiche sociali del periodo storico antiglobalista odierno, e che ha inizio dal momento in cui arriviamo nel ventre di nostra madre per percorrere il romanzo delle generazioni da cui proveniamo,calcando l’impronta genetica emozionale che, il ricordo di un vissuto traumatico, memorizza nel nostro inconscio influenzando la nostra vita.   

“Il punto di partenza nella mia professione risale a 12 anni fa, quando ho voluto approfondire la mia storia familiare ed una serie di lutti che erano avvenuti intorno al periodo della mia infanzia e nell’ambiente domestico.È da questa ricerca personale che ho scoperto e fatto mio, in seguito, un approccio emozionale in cui nulla è per caso o casuale, tutto è causale, e bisogna tener conto di ciò che circonda un individuo e il tessuto familiare per poter elaborare osservazioni più sottili dal punto di vista terapeutico” – comincia a raccontarsi così Jesùs Casla, scandendo le parole monotòno in atteggiamento mite,  per sottolinearne le consonanti più esplosive impugnandole tra i denti come un felino,invece, nei momenti di spiccoemozionale dei contenuti. “Anche per questo, il percorso di indagine mi ha portato a studiare quello che in spagnolo si chiama ‘bio-decodifica’, o ‘decodifica biologica’, che è l’approccio emozionale al sintomo di una malattia o problema che possa vivere la persona. Nel senso che, qualsiasi cosa che di fisico o psicologico la persona vive in maniera limitante, è il risultato di un conflitto emozionale che la persona ha vissuto o sta vivendo, e non ha potuto o non può risolvere, ora! La decodifica biologica è uno studio personalizzato che permette di leggere il sintomo o problema secondo il come, il quando, e il dove si sta esprimendo l’inconscio di una persona (nella sua vita, nel suo corpo,nella sua condizione di salute, e così via), e serve per stilare una lettura professionale su che tipo di trauma o conflitto si nasconde dietro al problema che si vive, e che ci penalizza”.

[Il lavoro del professionista Jesùs Casla è di aiutare le persone che si rivolgono a lui, attraverso un metodo terapeutico di ricerca, all’interno dell’inconscio, di un trauma che si manifesta nel paziente sottoforma di sintomo, disagio, o malattia, per effettuare successivamente uno sblocco emozionale risolutivo. Si tratta di assecondare un percorso terapeutico guidato di indagine, che risolve i blocchi emozionali limitanti manifestati anche a livello fisico, oltre che psicologico].

“Cominciando a lavorare nel mondo della terapia per le circostanze personali che spiegavo all’inizio – prima di quello avevo svolto altri tipi di mestiere perché io sono anche giornalista, ho lavorato nel mondo aziendale, nei mass-media, alla radio – ho capito abbastanza presto che all’’approccio terapeutico ordinario’ mancava qualcosa: un lavoro più profondo di introspezione, cioè, la lettura emozionale del sintomo; e siccome avevo già studiato in precedenza, in Buenos Aires, l’ipnosi regressiva, ho avviato gradualmente – si tratta di un lavoro protratto per circa 3 anni – la costruzione di un metodo d’approccio alla terapia più profondo, dove il punto di partenza è proprio la ‘decodifica biologica’, ovvero la lettura emozionale del problema di una persona, aggiungendovi un passo ulteriore:‘lo studio transgenerazionale’. Esso, a sua volta, è diviso in tre passi principali che sono: la memoria emozionale dell’infanzia, la memoria della vita uterina,e la memoria familiare dettatransgenerazionale. Qualsiasi lavoro di decodifica biologica è centrato sempre nell’inconscio della persona su cui non abbiamo controllo o conoscenza, e questa parte inconscia ha la particolarità di essere a-temporale(e per questo, per il nostro inconscio il tempo è come se non trascorresse). Faccio un esempio. Nella persona adulta che oggi possa avere 35 anni e più precisamente nel suo inconscio,è raccolto tutto ciò che essa ha vissuto nella sua vita fin ora: dal momento della nascita uterina,passando per l’infanzia, fino alla parte che corrisponde alla persona stessa nella propria storia familiare. Tutto si trova nell’ inconscio di quell’individuo nel presente, a prescindere dalla sua età e dal tempo che è trascorso da quando è nato. Per questa a-temporalità,il terapista deve distinguere tra ‘conflitto programmante e conflitto scatenante’. Il conflitto programmante riguarda il ‘primo colpo’ su un trauma vissuto e sofferto, ma non risolto quel giorno stesso che la persona lo ha provato come emozione negativa per la prima volta.  Da quel giorno esatto che si manifesta lo shock, il trauma viene registrato nell’inconscio come ferita non cicatrizzata. Si chiama ‘conflitto programmante’ perché una volta registrato nell’inconscio come trauma pendente, se ti troverai davanti a una situazione del genere in futuro, il tuo inconscio diverrà la memoria di quello che hai vissuto e non risolto, ed ogni volta che si attiverà la memoria di questo evento, successivamente, non sarà più un ‘conflitto programmante’ ma diventerà un ‘conflitto scatenante’. Quindi, un effetto domino”.

– QUINDI, L’INCONSCIO È COME UN ‘REGISTRATORE’ CHE MEMORIZZA EMOZIONI DI TRAUMI SPIACEVOLI,E PROGRAMMA DI SCATENARE IL CONFLITTO NUOVAMENTE, SE L’EPISODIO TRAUMATICO SI RIPRESENTA. MA L’INCONSCIO, PUO’ ESSERE CONSIDERATO UN PROGRAMMA PER LA SOPRAVVIVENZA DELL’INDIVIDUO?

“Si, esatto, il nostro inconscio è la nostra parte arcaica biologica istintiva animale e ha un obiettivo sacro, proteggerci, e farà tutto ciò che sia necessario! Il suo obiettivo di protezione lo spinge a registrare tutto ciò che ognuno di noi ha vissuto e lo tiene sempre in memoria. Il primo passo del metodo di sblocco emozionale è la decodifica biologica del sintomo e leggerlo, ma è necessario individuare esattamenteanche il quando la persona ha vissuto per la prima volta quell’ emozione e situazione, ovveroil momento in cui ancora il sintomo non era presente. È lì, la radice del ‘conflitto programmante’. Per farlo, ho sviluppato un secondo passo del mio metodo che consiste nella ricerca della memoria dividendola in tre sezioni: uterina – dell’infanzia – transgenerazionale (quest’ultima riguarda la ricerca all’interno del nucleo familiare, nelle tre generazioni precedenti). Una volta che abbiamo collegato col primo passo di ciò che stai esprimendo oggi, il secondo passo sul dove è la sua origine, si procede alla terza fase del metodo che è l’ipnosi regressiva. Essa, serve come strumento di sblocco emozionale. Il trauma può essersi verificato nella memoria uterina, oppure nella storia dell’infanzia, o familiare di chi lo vive. Una volta stabilito in quale ambito e momento il trauma si è generato, si torna a quel punto attraverso l’ipnosi”.

-SI PUO’ PARLARE DI ‘IMPRONTA GENETICA’ CHE CI È STATA LASCIATA IN UN DATO MOMENTO?

“Certo! L’impronta genetica, tuttavia, sarebbe solo un’”espressione fisica” di quello cui sto facendoriferimento, che è, più correttamente, il ‘substrato psichico comune’(la storia familiare, il romanzo familiare)”.

Faccio osservare al professor Casla che: l’istinto di tornare indietro per risolver(si) e la voglia di conoscere il proprio passato, sono aspetti che brulicano negli slanci dell’essere umano più viscerali e primitivi. Ad esempio, molte popolazioni – soprattutto è un’usanza tipica in America -ricercano la composizione dei propri nuclei familiari e storia degli antenati, per stilare una velina del proprio albero genealogico ed incorniciarla in un quadro da tenere esibito, a futura memoria, nelle proprie abitazioni. Come ci fosse attinenza tra l’istinto di cercare indietro gli avi, e la prassi di registrare gli eventi dell’inconscio umano.Jesùs Casla, pone però come limite il paradigma di una differenza sostanziale tra le due ricerche, di cui: una è quella umana sulle origini dei propri avi;mentre l’altra appartiene all’inconscio e -nel caso dell’approccio terapeuticospecifico – non‘cerca’ ma ‘registra’ un trauma pendente nella storia familiare, e lo ‘trasmette’per l’obiettivo di proteggere la riproduzione della specie attraverso un individuo che compone un dato clan,che avrà la responsabilità di risolvere il trauma. Casla spiega così che:

“Lo studio transgenerazionale non è esattamente la genealogia. Non consiste nel ricostruire la storia familiare, perché la trasmissione transgenerazionale del trauma pendente, cioè la faccenda dell’inconscio familiare di trovare qualcuno che possa risolvere quello che l’antenato ha lasciato irrisolto, non è eterno. La trasmissione transgenerazionale è la ricerca dell’inconscio familiare di assegnare ad altri il compito di risolvere ciò che ha lasciato pendente un altro, ma questo riguarda il massimo di tre generazioni prima della tua. Cioè, a te non può condizionare la vita ciò che ha vissuto un tuo trisavolo; ma il tuo bisnonno, nonno o genitori, sì, possono essere condizionanti! Spiego anche il motivo di questo arco temporale nei miei libri, di cui i primi tre sono parte di una trilogia. Nelmio libro intitolato“Decodifica Bio-Transgenerazionale, segreti e chiavi dell’albero genealogico”, faccio riferimento alla memoria transgenerazionale e familiareche riguarda il come la storia dei nostri antenati può condizionare la nostra salute; il secondo libro è “Memoria emozionale della vita uterina”,in cui analizzo la situazione tipica di un trauma vissuto dal bambino, quando si trova ancora nel grembo della madre; il terzo libro, “Impronte emozionali dell’infanzia”,riguarda la ricerca del terapeuta nella memoria dell’infanzia di una persona. Tutti, siamo il risultato di quello che abbiamo osservato durante l’infanzia, assorbito nell’utero ed ereditato dalla storia familiare. Per quanto riguarda la sfera transgenerazionale, cui accennavamo quando siamo entrati nell’argomento che tocca i nostri antenati, ovviamente, in una fratellanza è chiaro che tutti quelli che si trovano nel medesimo nucleo familiare hanno vissuto con le stesse regole, riferimenti, ed hanno gli stessi nonni ed antenati; ma la cosa singolare è che ogniuno ha una maniera molto diversa di gestire la vita rispetto all’altro, e anche a livello di condizione di salute si è diversi. In breve, l’inconscio familiare ha il compito di garantire sopravvivenza e armonia del gruppo della famiglia, e non dell’individuo. Quando un membro del clan familiare ha vissuto un qualsivoglia trauma, appartiene a lui il peso, la sofferenza, il dolore di ciò che ha vissuto. Ma, se quando arriva il momento della morte di questo protagonista del trauma, egli non è stato in grado di risolvere il problema a livello emozionale neanche nel momento in cui muore, l’inconscio familiare assegna ad un altro o ad altri componenti di qualsiasi delle tre generazioni successive, il compito di risolverlo; perché ogni trauma pendente è un ostacolo per la stabilità, continuità, sopravvivenza del clan. Nel momento in cui un esponente della generazione del protagonista che è morto, o delle tre precedenti generazioni,riceve nell’inconscio familiare la memoria transgenerazionale del trauma e quindi il compito di risolverlo, se si troverà davanti a una situazione più o meno uguale a quella che ha vissuto, sofferto e non risolto l’antenato,ricorreràanche lui in quel trauma pendente che gli provocherà le stesse emozioni di sofferenza, paura, rabbia, o che si manifesteranno nel suo stato di salute. L’inconscio, aspetta che il discendente possa avere successo in quella situazione irrisolta, per liberare il clan da questo ostacolo. È per questo,che, quando facciamo lo studio transgenerazionale, la chiave è individuare con chi della famiglia generazionale sei collegata tu o con chi magari è collegato tuo fratello, poiché potreste avere collegamenti con antenati diversi delle tre generazioni precedenti della vostra famiglia, per cui, avrete reazioni e traumi differenti l’uno dall’altro. Mi riferisco a un concetto che io chiamo: sincronicità transgenerazionale”.

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‘LE TRE PORTE SIMBOLICHE E L’IPNOSI REGRESSIVA’– INTERVISTA A JESUS CASLA

La seconda parte dell’intervistaè un tuffo nella placenta di cui è rivestito il neonato nell’utero, per poi riemergere nei ricordi dell’ipnosi regressiva, tecnica piacevole ed al medesimo tempo intensa, di rilassamento volto alla soluzione di un trauma.

“Per lo studio della terapia sull’inconscio familiare, si tratta di prendere in considerazione tre porte simboliche: fecondazione, arrivo al grembo e nascita, morte”.Jesùs Casla introduce il meccanismo, sottolineando che le tre porte “sono i tre passi obbligati che ognuno di noi fa sempre e garantiscono la continuità del clan, per l’inconscio”. Il motivo per cui accade è logico, infatti, continua con la sua spiegazione: “Noi non possiamo supporre il tempo che trascorre tra la seconda porta e la terza, ovvero tra il momento della nostra nascita e quello della nostra morte- che può essere determinata in qualsiasi istante da più cause ed in modo approssimativo – mentre, il tempo che intercorre tra il primo portone che è quello della fecondazione e il secondo che si riferisce al momento del parto, è sempre attorno ai 9 mesi. È il riferimento di cui tiene conto l’inconscio familiare, ovvero, questo ‘terzo tempo’ equivalente ad una vita uterina normale attorno ai nove mesi, precisamente l’eterna e successiva rotazione di lasso di tempo equivalente a un altro, che serve all’inconscio familiare per stabilire vincoli tra due o più membri della famiglia. Ad esempio, se tu sei nata il 15 marzo (3° mese dell’anno), sarai stata concepita a metà giugno, (6° mese dell’anno scorso). A sua volta una persona che è nata a metà giugno, probabilmente è stata fecondata a metà settembre (9° mese dell’anno scorso). Una persona nata a metà dicembre (mese numero 12), sarà concepita a metà marzo dello stesso anno. Quindi la sequenza è 3 – 6 – 9 – 12.  C’è un vincolo tra tutti quelli fecondati, nati, morti in questi mesi e da qui, tra questi, nel tuo clan familiare ci sarà qualcuno con cui hai un vincolo, ma non con gli altri. A te interessa sapere, secondo questo mio esempio, chi si trova in questa colonna numerica.Quando hai un vincolo per data di morte con un altro membro della famiglia(ad esempio, se tu sei nata il 15 marzo e tua nonna materna è morta il 18 settembre), tu diventi la sua erede universale; vuol dire che dalla morte di quella tua nonna in avanti, se ti troverai davanti a una situazione a livello emozionale similare a quella che lei ha vissuto una volta e non ha risolto, si attiverà in tela memoria di ciò che lei ha lasciato pendente. Siaccerteràse tu, con la tua età e circostanze, stai vivendo qualsiasi problema che possa corrispondere alla situazione originale che ha sofferto e non risolto tua nonna anni fa (conflitto programmante transgenerazionale).  Altre volte, il conflitto programmante potrebbe avere invece origine nella tua vita uterina o infantile”.

LA SOCIETA’ ODIERNA SI COLLOCA IN UN PERIODO STORICO RESPINGENTE, OVE SI FA PROPAGANDA OSSESSIVA DELL’ABORTO. MENTRE LO SI FA, SI SPINGE LA DONNA A CREDERE CHE IL SUO FETO/EMBRIONE NON DEBBA ESSERE CONSIDERATO AL PARI DI UN ESSERE VIVENTE GIA’ NATO, SOPRATTUTTO NELLE PRIME SETTIMANE DI GESTAZIONE. LA MEMORIA UTERINA DI CUI TU TRATTI, SI RIFERISCE ALLA VITA DEL FETO NELL’UTERO OVE ASSORBE LE EMOZIONI DELLA MADRE. A PRESCINDERE DALLA SCELTA E DECISIONE CHE PUO’ FARE UNA DONNA IN MERITO, CREDI SIA VERO CHE UN BAMBINO CHE NON HA SUPERATO UN CERTO NUMERO DI SETTIMANE ALL’INTERNO DEL GREMBO, NON ABBIA IMPORTANZA, POICHE’ NON ‘SENTE’ NULLA? O È UNA NOSTRA GIUSTIFICAZIONE DI COMODO?

“E’ una nostra giustificazione, assolutamente, di tipo industriale. Io avrò fatto migliaia di regressioni di cui,un grandissimo numero – attorno ed oltre alle duemila – sono state ‘regressioni all’utero’. Ho constatato che la consapevolezza, appartiene al primo istante. Secondo la mia esperienza e il mio lavoro in questi anni, l’embrione-feto sa, sente e soffre, registra lo stesso che la propria madre, ma lo fa senza l’esperienza che ha la mamma sul mondo esterno all’utero, da cui il feto è separato. Quindi, l’embrione farà un’interpretazione errata di più cose che avverte accadere attorno a sé, semplicemente perché non ha cognizione di ciò che accade fuori. Per lui, il suo piccolo mondo è il grembo, sua madre! Per cui, se la madre è triste perché il padre è scappato alla notizia della gravidanza, l’embrione può interpretare che la madre non gli vuole bene perché la sente fredda o lontana. Ma magari non è affatto così, perché dipende da circostanze esterne che il bimbo in grembo non è capace di comprendere appieno. Per fare un altro esempio, l’embrione che arriva all’utero sente dal primo momento la ‘memoria di una morte precedente’ – se, cioè, la madre ha avuto nel passato un episodio di aborto – poiché si troverà nello stesso luogo ove è rimasta la memoria di quel qualcuno che è morto in precedenza. L’embrione ha paura possa accadere lo stesso ma non ha la capacità di gestirlo, e lo registra nel suo inconscio come una cosa non risolta, essendo l’inconscio a-temporale. Per cui, quella persona che nasce può avere predisposizione a gestire e vivere la vita con insicurezza a causa di quello che ha vissuto lì nel grembo. Inoltre, può diventare un figlio di ‘sostituzione’, perché attraverso la connessione con la mamma ha capito che arriva, per prendere il posto di un altro.

Altro esempio molto attuale: immaginiamo che una donna decide di ricorrere all’utero in affitto col suo ovulo e con il liquido seminale del suo compagno. È un progetto desiderato da entrambi, per cui, quel bambino che nascerà sarà certamente amato. Ma non dobbiamo dimenticare che nei primi mesi, ciò che è registrato nell’inconscio di questo bambino è anche un collegamento emozionale con una seconda donna, che portandolo in grembo‘stava facendo un business’. Calore, tenerezza, non sono presenti nella memoria uterina del bambino, poiché quella donna probabilmente avrà vissuto la gravidanza con distacco all’idea di una successiva separazione. Quindi, non ha importanza se poi il bambino verrà abbracciato e amato dalla sua famiglia, perché avrà già provato una sensazione di assenza e di irrilevanza, freddezza, nel ventre che lo ha ospitato. È uno dei motivi per cui ho perfezionato il metodo della memoria uterina: perché spesso, si tratta di ipnosi regressive di persone nate da fecondazione artificiale, o bimbi adottati. Come vedi, non mi fermo mai. Sono un ricercatore, curioso di tutto! Il lavoro di sblocco, inoltre, si deve fare sempre sulle emozioni e non sui sentimenti, perché il sentimento è una cosa molto più superficiale che si forma nella parte conscia dell’essere umano. Esiste certamente una correlazione tra un sentimento di odio ed una emozione, ma appartengono a due sfere diverse: un individuo che si trova davanti ad una certa situazione, la prima sua reazione sarà il pensiero, che si trova ancora nella parte logica e razionale. Il secondo passo è il sentimento, cioè come mi fanno sentire i miei pensieri. Soltanto dopo aver attraversato la barriera del pensiero e sentimento, si arriva all’emozione che è nell’inconscio: paura, schifo, rabbia, ira, collera, tristezza, gioia.

-HAI SCRITTO UN LIBRO, IL TUO ULTIMO, “L’INFINITO È IL MIO CAMMINO” OVE AFFRONTI LA PARTE DEL TUO LAVORO CHE CORRISPONDE ALL’IPNOSI REGRESSIVA…

“Come ho anticipato, ho scritto diversi libridi cui una‘trilogia’, ossia tre volumi che affrontano la tematica della ricerca della memoria profonda ed origine del trauma di un individuo. Due libri successivi, invece, raccontano la lettura emozionale del sintomo (“Bellezza emozionale” e “Il ciclo mestruale ed i suoi sintomi”); sull’ipnosi, invece, ho scritto sin ora soltanto quest’ultimo libro,“L’infinito è il mio cammino”. Raffigurata sulla copertina non c’è la protagonista – un’avvocatessa argentina di nome Lujàn che assomiglia molto alla modella- ma una ragazza italo-brasileira rivolta al sole. Quando ho deciso di scrivere il libro ne ho parlato con Lujàn, era stata anche mia paziente, e lei ha accettato volentieri di partecipare al progetto di stesura su cosa è l’ipnosi regressiva. Il titolo è una frase che Lujàn ha pronunciato in una sua regressione. L’obiettivo era mescolare la vita di una persona con le circostanze vissute e che sta vivendo nel presente, insieme alle regressioni di sue ‘altre vite’per vedere se c’era corrispondenza dal punto di vista terapeutico. Nel libro sono riportate 15 reali regressioni di lei, Lujàn, ovvero, le trasposizioni che ella ha fatto su altre vite, mescolate con un paragrafo biografico in cui ci sono descrizioni di episodi sul suo passaggio da bambina a adolescente, ad adulta, professionista, ma sempre parallelamente alle regressioni; è interessante vedere il risultato di una corrispondenza molto forte tra: quello che accade nella vita presente della protagonista, e quello che è accaduto lì, nelle vite passate. Nel preambolo, spiego innanzitutto il mio approccio professionale sulle vite passate e reincarnazioni, e io dico lì, e lo ripeto sempre, che questo metodo terapeutico va aldilà del se il terapista o il cliente credono o meno nelle incarnazioni. Voglio spiegarlo meglio. Se il pazientetorna lì, indietro nel tempo, e mi dice che in un’altra vita era un soldato di Napoleone, io ascolto quello che il soldato di Napoleone mi sta raccontando. Ma, non dobbiamo dimenticare una cosa, e cioè, che prima di attraversare una ‘porta simbolica’ e di arrivare a quella vita precedente della persona sottoposta ad ipnosi regressiva, io avrò già chiesto all’inconscio di andare lì per trovare l’origine o una soluzione al problema che si manifesta nel presente di quella persona. Tutto quello che possa apparire dall’altro lato della porta, quindi, il soldato di Napoleone o una strega, o qualsiasi tipo di personaggio, tutto avrà esclusivamente un significato ‘terapeutico’ per il problema che il paziente sta vivendo in questa vita attuale. Non so, se poi lui è stato realmente il soldato di Napoleone o meno, non è questo che è rilevante, ma, l’unica certezza, è che quelle parole pronunciate dal soldato di Napoleone, che questi sia realmente quella persona in un’altra vita o meno, arrivano esattamente dall’inconscio del cliente. A livello terapeutico, si deve decodificare tutto questo a servizio del problema, e soprattutto per una cosa: perché ogni regressione delle vite passate e che finiscono sempre con la morte della persona (nell’esempio, il soldato di Napoleone), arriva metaforicamente quando il soldato si trova col suo essere di luce, colui che prende per mano e porta ad un’altra vita.  Prima di infilarti nel tunnel che ti porta in un’altra vita, io farò delle domande al tuo essere di luce, (inconscio-anima) sul trauma. È una tecnica dove, aldilà di quello che il cliente ha espresso e del soldato di Napoleone, è soprattutto ciò che nella parte finale mi risponde l’essere di luce, la chiave che serve al terapista per capire l’origine del trauma”.

-CI SONO PERSONE CHE HANNO PAURA DI AVVICINARSI ALL’IPNOSI REGRESSIVA POICHE’ TEMONO POSSA PROVOCARE UN ULTERIORE TRAUMA. LEGGERE LE BIOGRAFIE DI CHI LA HA SPERIMENTATA, PUO’ AIUTARE A SCIOGLIERE I DUBBI. QUALI SONO I VANTAGGI DELLE REGRESSIONI? 

“Quello che il pubblico generale intende per ipnosi è sbagliato. Il cinema, il teatro, offrono spettacoli distorti su cosa possa essere quella che è una terapia a tutti gli effetti e non si verifica attraverso la manipolazione, o la perdita di coscienza e controllo della persona che vi si sottopone. Il terapeuta non è Dio. In realtà, si potrebbe correttamente parlare soltanto di ‘autoipnosi’ e non ‘ipnosi’.  La persona che affronta una seduta di ipnosi regressiva è certamente profondamente rilassata, ma è iper-cosciente per cui non può essere forzata in alcun modo, al massimo guidata nell’esperienza personale che non è traumatica ma esplorativa. Il valore del terapista in un’ipnosi, è che la persona che si affida alla guida dell’esperto lo fa perché non può essere obiettiva, trattandosi di se stessa; mentre, se qualcuno ti guida, puoi fare il lavoro di regressione senza entrare nelle tue credenze o convinzioni limitanti. Una persona che non appartiene al tuo mondo può con distacco portarti ai pensieri, sentimenti, emozioni, che servono allo sblocco emozionale. Da soli, non è facile. Ecco perché la regressione è guidata, e si fa sapendo cosa si sta cercando grazie ad uno studio su di te fatto assieme in precedenza, in modo che l’inconscio conduca esattamente ove serve. Il risultato produce sollievo perché si tratta di benedire, ringraziare, onorare, e liberarti di ciò che è arrivato a te dall’inconscio come un compito da fare, tramandato dalla memoria uterina, o transgenerazionale, o dell’infanzia, ecc.”.

-CHE FEEDBACK HAI RICEVUTO DA CHI HA SPERIMENTATO ESPERIENZE DI IPNOSI REGRESSIVA? COME CI SI SENTE, DOPO?

“L’assoluta maggioranza, già dalla prima regressione sente il cambiamento poiché è un lavoro intenso che si fa su un obiettivo mirato, indagato come radice. Porto alla persona adulta che sei oggi, lo scenario dell’infanzia o dove è accaduto l’evento da cui il blocco proviene, e qui, verrà affrontato con il coraggio e l’esperienza di cui sei capace oggi, mentre lì non ne eri stato capace. Nulla sarà uguale a come già è accaduto!  La maggioranza delle regressioni si risolve nell’abbraccio col proprio padre, madre, nonno, o con chi è protagonista nel trauma. E chi termina la regressione aprirà gli occhi in quel punto, trasformando quel paragrafo increscioso della vita, con quello risolto vissuto nell’oggi. È una riappacificazione coi conflitti del passato”.

-NON MI HAI ANCORA DETTO QUAL È IL SIGNIFICATO DEL TITOLO DEL LIBRO…

L’infinito è il mio cammino”, è una frase dove la protagonista, Lujàn, torna indietro a un paese nordico, non lo dice ma sembra essere la Svezia o la Norvegia, dove è figlia di un nobile o di un re. Anche se lei è femmina, quando suo padre è in punto di morte lui le chiede di prendere l’eredità del suo posto. Lei ovviamente risponde“io sono una donna e non so come fare…”, ma lui che sta per morire le dice “tutti si fidano di te, tutti ti seguiranno!”. Quindi, accade che lei va in guerra, per prima, davanti a tutti!  E lui, che in quel momento nella regressione si chiama Morgana, pronuncia la frase…l’infinito è il mio cammino! È una vita passata della protagonista. Mi è sembrata una frase bellissima! Invece, la fotografia in copertina è allineata col mio approccio di vita e terapeutico. Quando ho visto che una mia conoscente che fa la modella, aveva su Whatsapp una foto in cui osservava il sole in riva al mare, in equilibrio e con la sensazione di una donna centrata sui propri obiettivi, subito ho deciso che era esattamente ciò che stavo cercando per la copertina del mio libro. È un atto eroico guardare nel sole, davanti al mare”.

 -COME SI FA, SECONDO TE, A RESTARE CENTRATI SU CIO’ CHE CI INTERESSA, SENZA PERDERE LA VISIONE D’INSIEME DELL’INFINITO?

“Diceva Confucio che, quando il saggio punta il dito alla Luna… l’idiota rimane guardando il dito!  La società in cui viviamo, è proprio questo: siamo tutti occupati davanti a uno schermo, mentre altri stanno facendo qualcosa d’importante che noi non stiamo vedendo perché siamo distratti. Nel preambolo del libro parlo in profondità della società superficiale, in cui siamo isolati anche quando circondati da altre persone. Nell’idea globale ci hanno fatto credere – e cito il filosofo italiano Diego Fusaro – che la globalizzazione ti avvicina a ciò che è lontano, ma con la certezza di allontanarti da ciò che ti è vicino. Ti isolano attraverso un’illusione di percezione del circostante, rendendoti nell’isolamento prodotto, manipolabile”.

-ATTUALMENTE SI PARLA PERO’ ANCHE DI ‘RISVEGLIO UMANO’, TRASPOSIZIONE DELLO SBLOCCO DELL’INCONSCIO. È COME SE ESISTESSE UN’INCONSCIO UNIVERSALE CHE PER SOPRAVVIVERE, ATTRAVERSO UN’INDAGINE CHE ALCUNI DI NOI FANNO NEL PASSATO,SI RISOLVE NEL RISVEGLIO DEI POPOLI DAL TRAUMA. QUEL CHE TU,DA TERAPEUTA, FAI IN PICCOLO COME LAVORO SULLA PERSONA CHE SI RIVOLGE A TE, NON LO RIVEDI COME SE IN GRANDE, SI STESSE MANIFESTANDO NELLA SOCIETA’?

“Per me è chiaro, anche se siamo una minoranza! Ci fu un esperimento condotto su due isole vicine, in Giappone. Gli scienziati insegnarono ad un macaco, su una delle isole, a mangiare le patate dopo averle prima sciacquate sotto una sorgente d’acqua. In un certo momento, dopo che un numero preciso di scimmie del suo gruppo avevano preso l’abitudine di lavare nell’acqua questo alimento, anche i macachi che abitavano l’altra isola – con cui non c’era stato contatto fisico – cominciarono a compiere quell’azione culturale, la cosiddetta massa critica collettiva (*fenomeno della centesima scimmia). È per questo, secondo me, che c’è fretta di ultimare certe cose a livello globale-politico: perché esiste una massa critica che potrebbe risvegliare le altre, e allora sarebbe impossibile procedere. Sappiamo bene, ciò che è accaduto due anni fa ha permesso a una minoranza di risvegliarsi da certi schemi societari imposti per allontanarsene, riprendendo il controllo di sé. Mark Twain sosteneva:“è molto più facile ingannare qualcuno, che convincerlo che è stato ingannato!”. Quindi, chi la vede in modo diverso dalla massa, può, secondo me, essere d’esempio affinché chi osserva ti possa seguire, ma se invece di essereun esempio, si perde tempo a dire all’altro che lo hanno ingannato, probabilmente egli farà l’opposto proprio perché è brutto scoprire di essere stati ingannati, preferendo non crederci. Ognuno di noi ha risorse per gestire la sua vita, diversamente da come ti spingono a fare. Goethe diceva che “la magia è credere in te stesso, se lo fai, puoi fare qualsiasi cosa”. Se con quello che fai e che sei, senti che la tua vita è meravigliosa e ti senti protagonista… significa che sei in equilibrio!”.

-JESUS CASLA,TI SENTI IN ARMONIA CON TE STESSO? CREDI DI AVERE ANCORA TRAUMI DA SUPERARE, OPPURE TI SENTI RISOLTO?

“Penso di sì, di essere in armonia, ma ci sono sicuramente cose che si devono ancora risolvere. Ho 53 anni.Fino ai 39 anni d’età ho vissuto una vita che non è stata scelta, ho lavorato nel mondo aziendale ma non amavo ciò che facevo ogni giorno, avvertivo la stanchezza interiore di fare le cose. Nel mio caso, è stata la ricerca familiare a spingermi verso l’attitudine professionale che mi appassiona, ma è difficile essere ‘terapista di se stessi’. Con gli altri siamo obiettivi, con noi stessi siamo soggettivi!

-TERAPISTA, RICERCATORE, SCRITTORE, PROFESSORE… NON TUTTI I TERAPISTI SCRIVONO LIBRI. COSA TI SENTI DI ESSERE DI PIU’? RICERCATORE? TERAPISTA? SCRITTORE?

“Io sono un terapista che scrive libri. Non sono uno scrittore che fa terapia, ma un terapista che scrive libri! Eppure, anche se è così, il mio momento più alto, sublime, è scrivere”. Jesùs Casla mi domanda se nella lingua italiana, il vocabolo ‘sublime’ esiste; gli rispondo di sì. È l’espressione metaforica più alta di come ci si sente nell’anima quando arrivi al paradiso. E lui risponde che, quando si ha un’idea, e si trasforma ciò che hai compreso attraverso la ricerca mettendo in ordine la teoria per iscritto, per lui, è il massimo dell’emozione di gioia. “È certo che a me piace scrivere, amo scrivere non per business ma con umiltà, per lasciare le mie conoscenze agli altri!”, spiega. Dilungandoci sulla sua attività di professore e fondazione dell’’Università Popolare Jesùs Casla’, mi racconta che esiste un grande interesse nascente verso le professioni basate sul metodo di Decodifica Biologica Riparatrice ed Ipnosi Regressiva Riparatrice, anche per il motivo che si può sfruttare l’etere, quindi, è un lavoro che può essere svolto on-line attraverso la connessione visuale. In chiusura d’intervista, come di prassi, chiedo all’interlocutore se c’è un messaggio in particolare che gli preme diffondere nel mondo.

Jesùs Casla mi risponde:

Il problema appartiene a uno, ma solo quell’uno stesso ha la soluzione. Quindi, mai devi dare il potere su di te a nessuno, perché solo tu hai la capacità di cambiare quello che ti sta accadendo! Friedrich Nietzsche, affermava che ‘nessuno costruirà per te il ponte di cui hai bisogno per attraversare ogni giorno il fiume della vita’. Ognuno di noi deve prendersi la responsabilità, anche se è molto più facile fare la vittima ed essere manipolati. Sempre Nietzsche, nel 1899, ha detto che ci sono due tipi di persone:‘quelle che vogliono sapere e quelle che vogliono credere’. Finché ci saranno persone che vogliono credere, saremo manipolati. Le persone curiose e che vogliono sapere, cercheranno la risposta senza che arrivi nessuno a suggerirla!”. [Sono quelli che fanno più paura perché, quando trovano la soluzione e scoprono la verità, fanno crollare tutte le convinzioni che ci hanno inculcato!].

Grazie a Jesùs Casla per essersi concesso a quest’intervista. I libri dell’autore Jesùs Casla si possono trovare in libreria nelle città di Milano, Vicenza, Verona, Mantova, Rovigo, oppure sui siti on-line tra cui Amazon.it – 

8 settembre 2023 – PAOLA MORA – QUI RADIO LONDRA TV 

 

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