LAHAINA, UN PARADISO IN MANO AGLI INTERESSI DELLE MULTINAZIONALI: LO SPOPOLAMENTO DELLE HAWAII INGOZZA IL PORTAFOGLIO DEI MULTI-MILIARDARI.

LAHAINA, UN PARADISO IN MANO AGLI INTERESSI DELLE MULTINAZIONALI: LO SPOPOLAMENTO DELLE HAWAII INGOZZA IL PORTAFOGLIO DEI MULTI-MILIARDARI.

LA POPOLAZIONE DI LAHAINA ERA SOLO UN PESO PER IL GOVERNO STATUNITENSE!

– di Paola Mora

Hawaii: gli abitanti della pacifica e selvaggia isola di Maui, sono ancora sconvolti per le vittime dell’incendio scoppiato l’8 agosto 2023 che ha raso completamente al suolo l’intera cittadina di Lahaina! Allo smarrimento iniziale dovuto alla tragedia si è sostituito l’impeto battagliero di chi, dopo il lutto e metabolizzato l’accaduto, comincia a rendersi conto del fatto che “l’omicidio di Lahaina” non è stato un incidente naturale provocato dal cambiamento climatico, ma presumibilmente doloso, dunque, domanda di fare luce sulla gestione dell’emergenza. C’è già chi protesta coi cartelloni alzati al cielo su cui è scritto “Vogliamo la verità!”, mentre, il presidente Joe Biden ha mostrato totale disinteresse per la vicenda, evitando inspiegabilmente le domande pertinenti dei giornalisti, e preferendo partire per una delle tante vacanze da quando è in carica assieme alla first Lady e moglie, Jill. Si trattava di una settimana di svago con la famiglia, compreso Hunter Biden, a Lake Tahoe presso la casa in affitto del miliardario attivista per il clima Tom Steyer. Il Presidente americano non ha rilasciato comunicati significativi sui roghi delle Hawaii, salvo un breve intervento di quindici minuti in cui ha sostenuto una sorta di solidarietà alle vittime, non retta però da azioni concrete, anzi, addirittura Joe Biden ha tardato la visita presidenziale sull’isola amplificando il malcontento di chi, perduti i propri cari e la casa, vede l’America chiacchierare animosamente per elargire ulteriori miliardi in armi per Kiev, ma non si preoccupa abbastanza, invece, per i territori hawaiani battuti a fuoco dalle fiamme che restano abbandonati con pochi spicci, alla miseria. 

Soprattutto, l’economia ha subito un duro colpo per il futuro, con centinaia di posti di lavoro persi e le difficoltà di un luogo che viveva prevalentemente di turismo per la sua incredibile bellezza.

Chiunque abbia modo di osservare le fotografie di repertorio di come fosse l’isola di Maui prima della distruzione, scoprirà che si trattava di un paradiso ove la natura viveva in simbiosi con gli abitanti nativi, e viceversa. Nel XIX secolo, Lahaina era anche un noto centro di caccia alle balene del Pacifico, ed ispirò il libro di Herman Melville, “Moby Dick”. Non solo. Nello specifico, l’isola di Maui che fa parte dell’armonica collana di perle hawaiana, nell’800 ospitava la capitale di un regno indipendente che fu perduto per un colpo di Stato organizzato da coloni americani, ed in seguito al quale, essa fu consegnata agli Stati Uniti d’America. Il regno di Hawaii, di cui Maui era il principale e più importante snodo, sopravvisse fino al 1874 quando un pugno di possidenti americani coltivatori di canna da zucchero decise di rovesciare l’allora regina Liliuokalani. L’obiettivo era di cedere il territorio agli Stati Uniti per risparmiare le imposte a cui la merce era soggetta quando veniva venduta in America. Fu un colpo duro, mai dimenticato, tanto che i cittadini dell’isola si sono sempre tramandati l’uno con l’altro l’impegno d’una sorta di lotta, fino ad oggi, contro le ambizioni statunitensi nei confronti del proprio territorio, al fine di preservare le aree dall’ammodernamento e dalla devastazione dei grattacieli, riuscendo a proteggere le tradizioni secolari delle genealogie di nativi del luogo. L’isola di Maui, rispetto alle sue sorelle del Pacifico, non ha mai voluto cambiare identità e connotati rischiando d’accontentare le prevaricazioni di chi se ne è appropriato approfittando di un momento storico favorevole. È proprio quest’isola che è diventata preda, quasi per vendetta, dei sogni innovativi americani sulla creazione del concetto utopico delle Hawaii come ‘primo grande centro completamente alimentato dalle rinnovabili’, coperto dallo Smart-mood della Green-economy. Il ‘Green’ promosso da Unione Europea e USA, non coincide affatto con il rispetto per ambiente, dei paesaggi, ma, al contrario, è il simbolo più eclatante dell’artificialità che spazza via la natura come una piovra molto più di quanto non abbiano fatto fino ad oggi le industrie, o i palazzi fino al cielo stile Manhattan.

Della bellezza di Lahaina, città principale di Maui colpita in maniera particolare dagli incendi, è rimasto veramente poco: l’oceano, che si infrange sulle scogliere costeggianti le vie cittadine più rinomate, ricorda che fino a qualche settimana fa il brusio sonoro delle onde era condiviso con l’udito estatico degli esseri umani. Lahaina risorgerà solo se non vi metteranno mano le multinazionali! La natura reagisce se le si lascia modo, se non la si sostituisce nel suo momento di difficoltà, per profitto personale. Le proposte di acquisto dei terreni inceneriti dalle fiamme, da parte di aziende e di privati, sono arrivate tempestivamente ad alcuni abitanti dell’isola quasi come se codesti, frettolosi imprenditori, fossero già stati pronti all’evenienza di poter finalmente metter le grinfie sulle suddette proprietà. Addirittura, mentre ancora si stava tentando di domare gli incendi scoppiati l’8 agosto, ordini di sfratto hanno casualmente raggiunto, in quei giorni di tragedia, i proprietari di case considerate ormai inagibili. La domanda più curiosa, oggi, riguarda il futuro di una località presa di mira dai globalisti da tempo, e che i miliardari d’America hanno sempre sognato di trasformare in una risorsa economica privata, per ottenere lauti giri di denaro. Era impossibile realizzare qualsiasi progetto di sfregio all’isola fintanto che i suoi abitanti vi fossero rimasti, continuando a farla esistere, Maui, nella sua versione più naturale e turisticamente limpida! In effetti, la corsa all’acquisto, a prezzi stracciati, dei terreni coinvolti nell’incendio, non ha atteso un giorno di più dallo spegnimento delle fiamme, per manifestarsi. Anche il signor plurimiliardario Jeff Bezoz ha stanziato subito del denaro nell’ipotesi caina di aiutare la gente di Maui. Come? Lo scopriremo quando capiremo come verrà investita questa cifra e a beneficio di chi. 

Le scene post-incendio a Lahaina sono spaventose quanto quelle girate durante l’avanzata notturna del fuoco che veniva istigato, per concomitanza, dal vento furibondo del vicino uragano – di nome sempre femminile: ‘Dora’! Chi studia il fenomeno della piromania saprà bene che il piromane con interessi, appiccherà gli incendi solo in presenza di vento stagionale o generato da fenomeni climatici d’eccellenza, affinché lo sforzo di distruzione e del reato possa funzionare al 100% delle sue possibilità. La mafia, insegna bene come si appicca un incendio, e soprattutto, quando! Quest’ultima osservazione non vuole far intendere che alle Hawaii un piromane abbia dato fuoco, ma serve a comprendere che approfittare dei disastri è una prerogativa delle mafie di qualsiasi tipologia. A Lahaina, si sono verificate dimenticanze gravissime e comportamenti gestionali al limite estremo della superficialità ed incompetenza, che lasciano sospettare su una volontà occulta e dolosa volta a lasciare proprio che l’isola venisse rasa al suolo, a partire dall’atteggiamento della principale compagnia elettrica hawaiana che, durante i roghi, ha girato la testa altrove nonostante gli evidenti scompensi delle proprie linee energetiche “impazzite”, e di cui aveva responsabilità. Prima di affrontare questo argomento è necessario descrivere l’aspetto, postumo all’incendio, dell’isola di Maui e città principale, Lahaina.

Alcuni corpi ritrovati senza vita dalle autorità erano carbonizzati ed è stato richiesto alle persone con familiari scomparsi, il coraggio di recarsi presso centri d’assistenza ove eseguire un esame del DNA con cui risalire alle identificazioni; le strade sono ancora impolverate da strati di cenere; gli edifici si sono letteralmente sbriciolati; i reporter che hanno filmato e documentato i danni raccontano, nei giorni appena successivi alla tragedia, di una forte esalazione di bruciato che in alcuni tratti “sembra quella dei fuochi pirotecnici quando esplodono”, e in altri, “c’è odore di decomposizione”; le auto distrutte dal fuoco sono sparpagliate un po’ ovunque, ma la via principale è quella che più impressiona visivamente perché lascia immaginare esattamente la scena della tragedia e come essa si è consumata: lì, sostano automobili coi cofani anteriori sventrati, i cerchioni di pneumatici sgonfi sono ridotti a lingue di metallo fuso scivolate sull’asfalto e ora solidificate, le carcasse sono tutte posizionate in file disordinate sulla carreggiata, come bloccate in un ingorgo di traffico. Sulle portiere e carrozzerie accartocciate qualcuno ha disegnato delle “X” con la vernice delle bombolette spray: forse, indicano che gli abitacoli sono stati ispezionati dalle autorità per verificare la presenza o meno di vittime rimaste intrappolate all’interno.  Plausibilmente, chi ha provato a fuggire a bordo della propria vettura in quel punto della strada, non è riuscito più ad avanzare attraverso le fiamme e ha abbandonato il mezzo precipitandosi nell’oceano, cui ci si affaccia proprio da quel viale. È stato spiegato che la via era bloccata da pali della luce e alberi precipitati giù sull’asfalto, che impedivano la circolazione. Una fetta smilza e increspata di rocce porta direttamente in acqua, ed è qui che le persone, soffocate dal fumo e dalle esplosioni che udivano, si sono probabilmente tuffate restandovi fino ai soccorsi, sopraggiunti dopo molte ore. Non abbiamo al momento testimonianze sul se sia proprio quello il punto in cui la gente è corsa in acqua o si è trattato di un’altra area nelle vicinanze, ma da quel che appare intorno, è plausibile! C’è chi racconta di aver trascorso dalle sei alle otto ore immerso, credendo di morire! Il vento generato dall’ uragano Dora – che non ha investito direttamente Lahaina ma era di passaggio in quelle ore nelle vicinanze – attizzava le fiamme incitandole a correre. Nei video amatoriali che i sopravvissuti sono riusciti a far pervenire, è possibile verificare come le raffiche d’aria generassero schizzi di fuoco d’oggetti arsi, spruzzati verso la scogliera come lapilli incandescenti d’un vulcano; mentre l’oceano, era anch’esso agitato ed increspato dal sobbalzo nervoso provocato dalla turbolenza atmosferica. Chi si è tuffato in acqua per scampare al fuoco ha dovuto prestare attenzione non solo agli schizzi di materiale incandescente proveniente dalla strada, ma anche alle correnti d’acqua stimolate dalle intemperie che rischiavano di trascinare tutti al largo, dove l’oceano può non lasciare scampo! 

Dai primi momenti dell’incendio occorso durante la notte, tutta Lahaina è rimasta stranamente isolata e priva di rete internet come se qualcosa, all’unisono, abbia tagliato fuori il paese da ogni tentativo di comunicazione. Nei video postumi circolati di residenti sopravvissuti, si nota come in strada non vi fossero poliziotti e autorità, tanto che chi cercava di abbandonare il paese non sapeva in quale direzione dirigersi per uscirne. In una delle registrazioni, ci sono i passeggeri di un veicolo costretti a tornare indietro dopo essere finiti su un viale infuocato, e si meravigliano di non incontrare aiuti governativi lungo le strade. “Ne usciremo!”, si sente sospirare nel filmato. Così, accendono la radio per ascoltare le notizie locali sull’incendio e sperando di ottenere delucidazioni, ma il telegiornale comunica agli utenti soltanto che i venti di Dora si stanno calmando, senza accenni o informazioni utili per i cittadini in fuga.     Inoltre, non è suonato alcun allarme nonostante Lahaina disponga di uno dei sistemi d’ allerta migliori al mondo, coinvolta nello stanziamento di 400 sirene dislocate all’aperto (per il fatto che le Hawaii sono di sovente attraversate da uragani e fenomeni climatici violenti). La prima giustificazione delle autorità riportata da giornali statunitensi (New York Post), è stata che non vi era tempo materiale per avvisare gli  addetti all’attivazione degli allarmi, salvo poi rimangiarsi questa versione dei fatti e comunicare che si era preferito non attivare le sirene esterne perché: esse “sono predisposte solo per gli uragani, quindi, gli abitanti del luogo sanno che quando sentono quel suono devono correre sulle montagne” e, se le avessero fatte suonare, avrebbero mandato i cittadini di riflesso verso le fiamme a causa di questa loro abitudine. La tesi non è stata ben giudicata e accolta dai cittadini, che invece, sono largamente convinti si potessero salvare molte vite tra quelle di coloro che si sono trovati improvvisamente il fuoco in casa, senza via d’uscita. La stampa occidentale scrive che gli incendi divampati in più punti, sono di origine boschiva: dovuti al cambiamento climatico. Testimonianze postume e filmati rilasciati da chi, sopravvissuto, ha potuto raggiungere aree ove le linee internet funzionavano per pubblicare alcuni contenuti, non prestano però il fianco alla versione dei fatti presentata dai rotocalchi, ed anzi, documentano più d’un principio di ‘corto circuito’ provocato da tensioni o danneggiamenti delle linee elettriche cui nessuno ha posto rimedio e che hanno scatenato, nell’incuria generale, scintille e fiamme. D’altronde, non vi è alcuna immagine, al momento, di boschi veri e propri andati a fuoco sulla montagna che affaccia sul versante occidentale dell’isola o sui costoni. Lahaina è immersa nel verde, un’area di vegetazione ed erbetta tenuta bene con diverse tipologie di alberi, tra cui palme e piante d’eucalipto: è un paradiso ove cui la popolazione è perfettamente in sintonia col circostante. Reporter indipendenti hanno documentato il post-incendio e la presumibile origine del fuoco, pubblicando anch’essi il materiale solo nei giorni successivi alle riprese effettive – sempre per via dell’assenza della linea internet sui luoghi colpiti – mentre, i telegiornali locali colpevolizzavano il cambiamento climatico tacendo le implicazioni di aziende e addetti alla sicurezza. C’è tra i reporter indipendenti, chi ha descritto come alcune aree paglierine e aride si estendano, ad esempio, presso il perimetro di un lago per la pesca sportiva che era stato pavimentato per creare un parcheggio. “Per crearlo, fu deviato il flusso di alcuni corsi d’acqua naturali alterandoli e sottraendoli ai loro itinerari geografici”, sostiene il professor Richard Hill che vive alle Hawaii da 17 anni. Ma non è chiaro se l’origine di uno degli incendi abbia riguardato principalmente quell’area, tanto da definire con certezza che il fuoco si è avviato da lì. Le notizie sono frammentarie: i mass media spiegano poco e nulla generalizzando e sintetizzando ogni dinamica, in una sorta di repellente narrativa universale sul Climate change! I nativi autoctoni dell’isola, per la maggiore, sono stati lasciati isolati e resi incapaci di qualsiasi immediata testimonianza diretta, per via dell’assenza di elettricità ed internet in concomitanza puntuale col principio d’incendio. Qualche voce è arrivata solo in seguito, quando le testate giornalistiche avevano già apparecchiato a modo loro i titoli sulla tragedia climatica!

Un’inchiesta è però stata aperta a causa delle lamentele della popolazione sul mancato funzionamento degli allarmi esterni, premesso che, imperversando un uragano nei pressi di Maui, la protezione civile così come tutti gli addetti avrebbero dovuto vigilare costantemente, e non lo hanno fatto. Le autorità della contea affermano di aver adoperato ‘avvisi d’emergenza’ recapitati attraverso ‘messaggini di testo’ sui cellulari, ma non è chiaro se la procedura sia stata attuata prima che il guasto alla linea elettrica sopravvenisse e come monito generalizzato alla situazione meteorologica, o anche successivamente quando è scoppiato l’incendio e, in questo caso, con la rete internet che era crollata, per cui, i cittadini difficilmente avrebbero potuto leggere qualsiasi tipologia di avviso su cellulare! Né è chiaro se ci si riferisce ai messaggi di testo e notiziari precedenti all’incendio, in cui si comunicava che il forte vento dell’uragano avrebbe potuto provocare qualche danno, ed in cui probabilmente si consigliava di rimanere in casa.

Però, questo è certo, le sirene esterne non hanno suonato!  I Vigili del fuoco, in prima istanza, e prendiamo come riferimento dichiarazioni pubblicate su testate giornalistiche americane, hanno riferito che: “l’incendio si è spostato rapidamente da una boscaglia non ben determinata alle zone residenziali ed è stato impossibile inviare messaggi tempestivi alle agenzie di gestione delle emergenze a cui spettava il compito di attivare le sirene all’aperto”. Eppure, c’è stato tempo per la messaggistica da cellulare!  Ci si passa la palla a vicenda, a dispetto d’una tragedia immane che, semmai fosse determinato un responsabile per le negligenze, il prezzo del risarcimento e della giustizia sarebbe molto alto! È il motivo per cui, probabilmente, si preferirà mettere a tacere questa storia e si scriverà che la colpa è esclusivamente delle siccità o del cambiamento climatico che avrebbero reso impossibili gli interventi d’assistenza. Il problema, è che non solo sono mancati i soccorsi come raccontano gli hawaiani, ma non vi è stata alcuna prevenzione a dispetto di imprevisti che si stavano verificando già prima del propagarsi effettivo dell’incendio.

Successivamente alla testimonianza dei Vigili del fuoco sulla mancata tempestività nel comunicare lo stato critico alle agenzie di gestione delle emergenze, è pervenuta anche una dichiarazione che è discordante dalla prima, proprio dal capo dell’agenzia di gestione delle emergenze di Maui, Herman Andaya, il quale ha spiegato, invece, che a dispetto di uno stato di crisi di cui si era a conoscenza si era volontariamentepreferito non azionare le sirene per alcune ragioni che, secondo lui, erano per via logica giustificate e  comprensibili.

Le sirene a tutto volume sono tipicamente riservate agli allarmi tsunami e gli hawaiani sono addestrati a cercare un terreno più elevato quando le sentono suonare. Se avessimo suonato le sirene quella notte, temiamo che le persone sarebbero andate verso le montagne, sul fianco, dove l’incendio si propagava, quindi, se le avessimo suonate non le avremmo salvate.

Però poi aggiunge che:

“Non ci sono sirene sul fianco della montagna dove il fuoco si stava propagando!”.

Parole confuse, che descrivono l’incendio localizzato sulla montagna proprio dove le sirene, lui dice, non c’erano – laddove in tutta l’isola ce ne sono diverse – ma se poi il rogo è stato visto lì sul versante della montagna, allora, c’era comunque il tempo per avvisare la popolazione o fare qualsiasi cosa possibile di diverso (a differenza di quel che hanno riferito i vigili in precedenza). Sempre che l’incendio sia scoppiato nella boscaglia dove le autorità hanno sommariamente indicato! A quanto pare, non vi è prova delle loro dichiarazioni ma esistono alcune immagini da cui si evince cosa potrebbe essere accaduto in quelle ore. Filmati amatoriali mostrano linee elettriche pericolanti sulle strade in prossimità delle abitazioni, distanti abbastanza da potersi cautelare ma non eccessivamente lontane dalle case e terreni, da cui i residenti le hanno riprese con i telefonini cellulari.  Tra l’altro, se le sirene avessero suonato, i cittadini uscendo si sarebbero resi conto facilmente del problema, o comunque, avrebbero avuto maggiori opportunità di salvarsi rispetto a come invece è stato, ovvero, ritrovandosi le fiamme sotto casa e sulla strada principale da cui si lascia il paese! Anche l’affermazione delle autorità su come non fossero presenti sirene d’allarme in quell’area, stride col fatto che i primi a parlarne sono stati proprio i cittadini, che si aspettavano invece d’udirle! “Non abbiamo sentito le sirene”, hanno raccontato.

Gli abitanti di Lahaina riferiscono d’essere rimasti sconcertati, perché nessuno ha pensato di attivare codeste note sirene esterne, per avvisarli!

Un alto funzionario della gestione delle emergenze a Maui, che ha deciso di non accendere le sirene quando sono divampati gli incendi, si è dimesso dall’incarico.

Filmati diurni, invece, di cittadini che li avevano postati alcune ore prima dell’incendio sui social network, testimoniano che diversi pali della luce erano già in bilico lungo gli argini delle strade ben prima che gli incendi si propagassero. Shen Treu, 49 anni, ha filmato le fiamme provenienti da un palo di legno che si era spezzato per i forti venti all’inizio dell’8 agosto, poche ore prima che l’incendio fosse confermato. “Ho sentito ‘buzz buzz’! Era come se qualcuno avesse acceso un fuoco d’artificio”, ha ricordato. La linea elettrica sfrigolava e scoppiettava sull’erba secca fuori casa sua. Treu ha filmato tre video in diretta Facebook dalle 6:40 circa del mattino. I Vigili del fuoco sono arrivati e hanno spento le fiammate, non benissimo, o forse le linee elettriche non sono mai state isolate e l’incidente si è ripetuto, perché Treu racconta che l’area si è riaccesa e le fiamme hanno raggiunto le altre abitazioni a circa 500 metri, qualche ora dopo che i Vigili erano andati via! 

Hawaian Electric Co.’ è la compagnia elettrica per eccellenza alle Hawaii ed è stata denunciata dai cittadini, per non aver ‘spento le sottostazioni’ pur sapendo che vi erano segnalazioni di pali della luce sradicati dal vento. “Ci sono prove credibili catturate nel video, che almeno una delle fonti d’accensione si è verificata quando alcuni alberi sono caduti su una linea elettrica hawaiana”, ha riferito Mikal Watts, uno degli avvocati che si occupano della causa collettiva contro la società. Tra l’altro, le vecchie linee elettriche avrebbero dovuto essere sostituite nel 2019, un lavoro cui non si è mai provveduto. “In una situazione d’emergenza in cui vi è il rischio d’ incendi per linee elettriche manomesse, l’alimentazione va scollegata e nessuno lo ha fatto”, chiarisce l’avvocato. Dalle prime ore del mattino, quando già si manifestavano problemi di questo tipo, nessuno se ne è seriamente occupato, così, col sopraggiungere della sera, le fiamme hanno travolto tutto senza neanche la diramazione di un vero allarme ai residenti. La corrente è mancata all’improvviso in tutta la città, le reti internet anche! Un abitante di Maui afferma addirittura, davanti alle telecamere d’ un giornalista che ne ha raccolto la testimonianza, che un blocco della polizia avrebbe impedito alle persone di lasciare Front Street, nel mentre imperversavano gli incendi. “Ho camminato fino in fondo, non è rimasta intera una sola macchina! Ho cominciato a sentire ‘boom boom’, esplosioni, e la gente urlare… poi tutta quella roba…”. – “Vuoi dire che le persone sono state bloccate dalla polizia di Front Street?”, chiede il giornalista. “Sì, c’era un blocco e non potevano andare oltre quello! Ho passato l’inferno”, risponde l’uomo.

Hawaiian Electric ha però contestato le accuse secondo cui le sue linee elettriche avrebbero provocato gli incendi mortali, e il 28 agosto 2023 dichiara di averle invece interrotte più di sei ore prima dell’inizio dell’incendio. Il 17 agosto le azioni di Hawaiian Electric avevano toccato per breve tempo il minimo storico dal 1985, e il 22 agosto la società dichiarava di aver richiesto la consulenza dell’azienda Guggenheim Securities, dopodichè, gli azionisti di Hawaiian Electric hanno presentato una causa contro il fornitore di servizi pubblici in un tribunale federale di San Francisco.

Oltre alla questione energetica è emerso che persino l’approvvigionamento idrico, sull’isola hawaiana, ha incontrato ostacoli: “…non c’era acqua per spegnere gli incendi e gli stessi mezzi dei soccorritori erano inutilizzabili a West Maui”, secondo alcuni rapporti stilati dalle autorità. Idranti e pompe dell’acqua non erano riforniti,e l’assenza d’elettricità ed energia, ne hanno ulteriormente impedito l’utilizzo.

Inoltre, il dipartimento del Territorio e delle Risorse naturali delle Hawaii ha impiegato diverse ore per approvare la deviazione dell’acqua dall’”Upcountry Maui” come aiuto ai Vigili del fuoco di Lahaina, che erano in difficoltà nei tentativi di spegnere le fiamme. Se da un lato Hawaian Electric, come già spiegato, ha presumibilmente ignorato i rischi e gli aggiornamenti delle linee elettriche, molti soldi sono stati spesi, invece, per investire nel programma globalista che vuole rendere l’isola al 100% servita da energia rinnovabile entro il 2045. 

A settembre del 2023 si svolgerà alle Hawaii il ‘Digital Goverment Summit’, ed uno degli argomenti di punta riguarderà la tecnologia applicata all’urbanistica delle città. Una serie di raduni dell’identico spessore era già avvenuta tra il 2014 e il 2016.   Maui è stata presa come riferimento pilota per un progetto ambizioso, che consiste nella conversione totale di strade e abitazioni al ‘green & smart’ appoggiandosi a sistemi avanzati d’ultima generazione. In particolare, si tratta di passare dall’elettricità tradizionale all’energia rinnovabile, con diffusa implementazione di veicoli elettrici abbinata a una comunità intelligente in cui sono coinvolti attori hawaiani e giapponesi guidati dalla ‘New Energy and Industrial Technology Development Organization’ (NEDO). L’elettricità dell’isola è fornita da ‘Maui Electric Company SNC’ che ha il picco di domanda di circa 05 MW. Secondo un documento illustrativo del progetto, intitolato ‘JUMPSSMARTMAUI’ e corredato da decine di immagini che spiegano quali saranno le immense modifiche sul territorio, i prezzi delle isole hawaiane rispetto a quelli sulla terraferma erano notevolmente alti per il fatto che dipendevano dai combustibili fossili importati. Lo Stato Hawaii ha quindi accelerato il passaggio alle rinnovabili. Leggiamo, inoltre, in riferimento agli obiettivi da raggiungere, di automobili elettriche la cui targa sarà inserita in un elenco digitale per poter accedere ad un sistema di benefici soprannominato ‘Smart Community’ ad alta occupazione. La finalità è costruire una ‘comunità intelligente in linea con gli obiettivi della politica energetica delle Hawaii’. Il sistema che integrerà e gestirà tutte le funzioni (app, stazioni di ricarica, trasformatori su palo, scaldaacqua elettrici per le abitazioni con dispositivi di controllo della tensione elettrica), si chiamerà ‘DSM integrato’. In questi anni, molta propaganda ed eventi sono stati organizzati a Maui per promuovere il marchio del progetto e farlo sfavillare agli occhi della popolazione scettica. Il sindaco Arakawa ha presenziato alla manifestazione inaugurale del 2015, mentre sua moglie noleggiava simbolicamente un’auto elettrica. I volontari che hanno partecipato alla sperimentazione sono stati invitati ad utilizzare carica batterie veloci per veicoli elettrici installati presso stazioni di ricarica rapida, situate in luoghi pubblici ove le persone si radunano: centri commerciali e altri tipi di edifici per la collettività. Non lo trovate pericoloso? Caricatori d’energia elettrica sono stati collocati per l’occasione, in luoghi lungo le strade per un test in cui era necessario che i partecipanti possedessero una Nissan LEAF (auto di punta creata da Regno Unito, Giappone, USA), e prevedeva che il normale supporto di ricarica fosse installato anche a casa, o in ufficio.  In seguito alle politiche di convinzione attuate dagli USA, da 68 unità di veicoli elettrici in Maui nel 2011, si è passati alle 800 unità nel 2017 e così via! Nel 2022 si è svolta la conferenza internazionale delle Hawaii sulle scienze dei sistemi, ove il Resilient Networks si è concentrato su miglioramento dell’affidabilità, sicurezza e resilienza della futura infrastruttura di energia elettrica pianificata dai magnati delle rinnovabili. Vi è introdotto il concetto di Governo Digitale sostenuto da un ‘Digital government track’ che comprende argomenti di gestione delle risorse e della leadership: Cyber Psycology for Defence, sicurezza informatica e privacy del governo, abbinamento tra governo digitale e IA, studio della teoria del governo digitale e gestione dei processi aziendali, informazioni sui disastri,  resilienza per le tecnologie di emergenza e crisi, inclusione, politiche e strategie per il governo digitale, progetti per le città e comunità intelligenti e connesse. Le Hawaii hanno vissuto il boom del fotovoltaico già nel 2013 tanto che si è parlato della cosiddetta “Rivoluzione energetica hawaiana”, basti pensare che il numero di impianti fotovoltaici presenti sull’isola è raddoppiato ogni anno a partire dal 2007 con circa 20.000 unità installate che producono circa 140 megawatt (quanto una centrale elettrica di medie dimensioni).

È palese come gli interessi sulle proprietà dei nativi di Maui richiedessero una certa urgenza sulla tabella di marcia delle istituzioni statunitensi, ed anche possano essere stati il sostanziale movente, non l’unico, per scatenare un incendio doloso di convenienza da cui ricavare la svendita di appezzamenti di terreno approfittando della disperazione di famiglie rimaste senza più nulla, bisognose di qualsiasi fondo economico per ricominciare la vita da qualche parte. Ma non a Lahaina, da cui li si sta cacciando via! Una coincidenza interessante che stabilisce la creazione per l’opinione pubblica d’un alibi culturale perfetto per il presunto crimine commesso è un libro scritto dal Dr Miles Stones (pseudonimo d’arte con cui si firma l’autore che ha lo ha pubblicato il 10 agosto 2023).

Il titolo è ‘Fire and fury, la storia dell’incendio di Maui del 2023 e le sue implicazioni per il cambiamento climatico’.  Una pubblicazione lampo inopportuna, che prova ad indottrinare e a depistare il lettore sulla vicenda dei roghi occorsi a Maui.  Gli incendi sono cominciati solo due giorni prima che il testo vedesse improvvisamente la luce promettendo anche ‘testimonianze’ in merito, e nella trama si evince come per l’autore, la colpa di ciò che si è verificato alle Hawaii è del surriscaldamento globale. Testimonianze sono declamate nella trama, che all’interno del libro non potrebbero mai realmente esservi apposte semplicemente perché nessuno, a Lahaina, era in grado di rilasciare impressioni o descrizioni di quel che accadeva in quelle ore. Come largamente spiegato, i residenti erano completamente isolati dal mondo e i primi racconti dei fatti e dinamiche della tragedia sono stati ascoltati solo dopo la data d’uscita del libro in questione. Il Dr Miles Stones non esiste. O meglio, è un nome di fantasia probabilmente legato agli ambienti militari o filantropici seguaci del partito democratico statunitense, che ha pubblicato una serie folta di ‘biografie interessanti’ su personaggi singolari nel panorama ‘stars and stripes’ fra cui, ad esempio, quella del celebre scommettitore prenditutto Billy Walters, o di Drago Dzieran (polacco emigrato negli States arruolato nella marina militare e leggenda delle forze speciali della United States Navy), o ancora quella di August Wilson (considerato il più grande drammaturgo e sceneggiatore statunitense afroamericano le cui opere sono state motivo della fondazione di alcuni progetti anche in Italia -Wilson’s Project), e non ultima la ‘biografia attenuata’ del controverso Hunter Biden. Poi, Stones cambia genere letterario e si dedica alla stesura del breve ‘documentario ambientalista’ sulla traccia della tragedia di Maui, anticipando i tempi e fornendo una visione dell’accaduto fortemente limitata e approssimativa.       

Alcune altre ipotesi sull’origine degli incendi alle Hawaii sono più bizzarre, non per questo impossibili. Oltre al fattore palese dell’incuria nella gestione dell’emergenza, c’è chi ha provato a prendere come riferimento per un’analisi della dinamica, certe anomalie di questo evento incendiario caratterizzato dalla formazione di un anomalo cerchio di fuoco che si è stretto tutt’intorno alla località (si sostiene che si tratti di una prassi improbabile della propagazione e avanzamento d’un qualsivoglia incendio naturale). Secondo una teoria abbracciata da diversi osservatori è possibile che – cavi elettrici divelti a parte – le fiamme possano essere state invece appiccate volontariamente in punti prestabiliti, alla maniera del piromane; dunque, l’ipotesi di colpevolezza dell’azienda Hawaiian Electric sarebbe solo un contorno che camuffa, senza volerlo, responsabilità anche d’altra natura. In questa versione dei fatti, c’è chi ha ipotizzato un presunto utilizzo di armi di nuova generazione di cui gli americani dispongono e che sono caratterizzate da raggi laser incendiari e capaci di devastare grosse aree, abbattere bersagli in guerra. Le ‘armi a energia diretta’ (DEW) sono in dotazione al governo federale americano, ma non esiste nulla, nessuna immagine o reale testimonianza che possano accertare questa tesi cui si accenna timidamente nelle ultime settimane. L’attenzione si è focalizzata, ad esempio, sugli alberi che secondo alcuni pareri non sono stati completamente bruciati dal fuoco a differenza delle case ridotte a sabbia e polvere. In realtà, se diversi alberi sono rimasti illesi, è vero anche che una parte d’ essi è invece bruciata: se non integralmente il tronco, ne hanno risentito rami e foglie carbonizzati. La cosa certa è che il calore emanato era molto, troppo forte, tanto da fondere i cerchioni delle automobili. Come mai il calore generato in alcune aree era eccessivo al punto da squagliare letteralmente l’alluminio o il vetro? Per quanto riguarda gli alberi, una spiegazione più semplice – se vogliamo semplicistica – potrebbe esistere. Il legno è un materiale naturale non composto da particolari leghe chimiche che ad esempio, arrivate a un certo calore, fondono o si sgretolano nel giro di pochi minuti. Basti pensare al piombo o ai materiali con cui costruiamo le case. Il tronco degli alberi brucia, ma si comporta diversamente anche rispetto alla tipologia di albero, tant’è che esistono piante ignifughe utilizzate davanti alle abitazioni come schermatura, oltre che per bellezza, proprio in caso di incendi. La natura prevede l’esistenza di incendi naturali, ed in aree vulcaniche, ad esempio, la vegetazione si è adattata. Ci sono alcune tipologie di piante e alberi che riescono a resistere abbastanza agli incendi da poter sopravvivere nonostante le ferite delle bruciature, e le cortecce e la sottopelle stratificata dei tronchi è ricca d’acqua per cui garantisce almeno uno scudo iniziale alle fiamme. L’albero, se brucia, lo fa più lentamente rispetto ad altri materiali indipendentemente dall’intensità del calore che invece può ‘slegare’ in meno tempo i ‘materiali composti industriali’. Ecco perché, probabilmente, il dettaglio degli alberi non tutti completamente arsi a Maui, sebbene visibilmente danneggiati, non è forse rilevante come si crede. Ci vorrebbe un esperto per accertarlo, per cui, la si prenda come una ipotesi al vaglio. A parità di tempo di durata del fuoco e di calore emesso, forse gli alberi hanno avuto possibilità di resistere maggiormente laddove altri materiali industriali hanno raggiunto il punto di fusione o rottura velocemente.

A parte questo, quel che molti analisti curiosi vorrebbero comprendere in definitiva, è nello specifico il motivo per il quale il calore ha raggiunto in alcune aree una tale intensità da avviare processi di fusione di alcuni materiali (che per fondere hanno bisogno di un calore al di sopra della media) e che compongono ad esempio, le auto. In un video girato da un residente a Maui che ha perso la casa nell’incendio ed è tornato lì a fiamme spente, per visionare la situazione, l’uomo sostiene che i danni postumi sono in realtà ‘diversificati a seconda dei quartieri’ – presumibilmente dipende dal fatto che ci sono aree ove gli incendi sono scoppiati, con più danni rispetto ad altre zone più distanti dal luogo d’origine degli stessi – e comunica che vi sono automobili ove i cerchioni appaiono totalmente fusi e addirittura il vetro dei finestrini si è sciolto, mentre altri veicoli anche nella medesima area sono caratterizzati da danni di prassi di un ‘incendio normale’, per cui i cerchioni sono integri e a parità di materiale le carcasse sono ‘arse’ ma non hanno manifestato anomalie che indicano un calore sopra la norma. È questo calore eccessivo e puntualità di bersaglio a far pensare all’ausilio delle armi a energia diretta. Un particolare di cui invece nessuno ha parlato, riguarda numerose testimonianze di cittadini che hanno descritto di aver sentito molte ‘esplosioni’ tra le fiamme. E allora, ci sarebbe da domandarsi se Maui avesse molta propensione all’acquisto delle auto elettriche le cui batterie sono infiammabili e pericolose in situazioni critiche, generano roghi che difficilmente si spengono o anche esplosioni, e sappiamo per esperienze recenti che tutto ciò che è pannello solare, batteria al litio, ecc. se prende fuoco crea un inferno! All’interno di un perimetro ove scoppia un incendio e il vento d’uragano spinge le fiamme – provocate forse in modo doloso o generate da tensioni elettriche, o cause naturali – se lungo il cammino il fuoco incontra materiali altamente sensibili al calore e che reagiscono catastroficamente, la situazione diventa ancor più drammatica da gestire. Ovviamente, sono solo ipotesi che non possono essere verificate. La sola cosa certa, per quanto la si scimmiotti come ‘complottismo’, è che questo incendio è stato aiutato dall’indifferenza e dal comportamento ignobile delle istituzioni competenti, le quali, hanno permesso che la gente del luogo morisse tra le fiamme perché non sono stati diramati gli allarmi; non c’era acqua per spegnere i roghi a causa di incuria ed impreparazione; sono stati bloccati dalle autorità passaggi stradali attraverso cui le persone avrebbero potuto lasciare il territorio, e invece non è stato reso loro possibile; scarseggiavano le indicazioni; la compagnia elettrica principale non ha osservato le procedure di messa in sicurezza, ma su questo si sta ancora indagando. Per questa ragione, non è forse immediatamente importante sapere il perché di alcuni dettagli su un eventuale atto doloso nell’origine stessa delle fiamme, ma semmai esso ci fosse stato, ciò non toglie che basterebbero gli atteggiamenti di impreparazione alla messa in sicurezza e gestione del territorio, per sostenere con quasi assoluta certezza che si è trattato di un atto di malagestione imperdonabile, presumibilmente anche volontario, quindi doloso, e si potrebbe a questo punto anche essere complici consapevoli (o non consapevoli) di eventuali piromani avvantaggiati eccessivamente nell’atto del dolo, praticamente volti  contro la vita e la sicurezza degli abitanti dell’isola.  

Tutti i contenuti di questo articolo rappresentano la totalità delle questioni in oggetto di supervisione da parte dei tribunali ed anche da parte dell’opinione pubblica di massa, per offrire uno spaccato realistico di tutto ciò che è in discussione, dalle tesi più irrealistiche a quelle più abbordabili considerando che le vittime degli incendi, i residenti di Maui, sono convinti che le istituzioni li abbiano abbandonati in maniera anomala. Ed è da questa considerazione di chi ha vissuto la tragedia, probabilmente anche l’indizio più importante di tutti, che è necessario partire per ristabilire la verità e la giustizia. Inutile barricarsi dietro al paravento del cambiamento climatico! Qualcosa non ha funzionato, qualcosa è successo. Si tratta solo di individuare esattamente le responsabilità, che esistono dal momento che l’abbandono e il distacco con cui sono stati trattati gli abitanti è tangibile e denunciato in coro, dagli hawaiani.

2 SETTEMBRE 2023 – PAOLA MORA – QUI RADIO LONDRA TV

 

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