“FUORI LA MAFIA DALLO STATO!”

IL SEGRETO DELL’AGENDA ROSSA…

<< FUORI LA MAFIA DALLO STATO>> IL SEGRETO DELL’AGENDA ROSSA.

– di Paola Mora

È angosciante notare quanto la politica non abbia ancora capito nulla sulla tragedia umana e sociale della morte, per strage, di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; quest’ultimo, scomparso il 19 luglio del 1992 e

di cui oggi ricorre il ricordo su come perse la vita insieme agli uomini della sua scorta (Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina).

Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia. Forse, saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri”, furono parole, queste, di Paolo Borsellino che immaginava, sentiva, sapeva, quanto fosse pericolosa la ricerca della verità e della giustizia su cui egli si stava impegnando a fare chiarezza, con tutta l’integrità professionale e le forze di cui era pregno!

La “Strage di via d’Amelio”, terribile nella scena visiva dei brandelli di carne sparsi sulla strada ove saltò in aria la Fiat 126 con 90 kg di Semtex-H telecomandati a distanza, fu connotata da particolari immediati e vividi che non ebbero a che fare con quella strage in sè, quanto invece con la reazione viscerale e motivata di una folla di persone che si radunò con ferocia, sulla via, in occasione dei funerali dei 5 agenti della scorta presso la Cattedrale di Palermo. Urlavano più volte una frase: “FUORI LA MAFIA DALLO STATO!”. A 4000 agenti fu intimato, quindi, di mantenere l’ordine pubblico mentre Oscar Luigi Scalfaro, l’allora neopresidente della Repubblica italiana, fu costretto come altri a defilarsi dopo la funzione religiosa fuggendo da una porta sul retro. L’episodio è prova incontrovertibile che già allora esisteva l’ identikit di chi fossero i colpevoli di tutti quei morti, ed essi, non erano affatto individuati dalle folle tra i capi mafiosi, esattamente come ancora si rifiuta oggi, tra le fila del popolo italiano, questa bugia! Se la mafia è stato il braccio armato che ha compiuto materialmente le stragi, non si è mai chiarito chi realmente si celasse dietro operazioni di eliminazione fisica di uomini di giustizia, che venivano spacciate dalla stampa come ‘rivendicazioni o vendette’ della mafia nei confronti di magistrati, o personaggi che indagavano e intralciavano i grand’affari.  Ma, Paolo Borsellino, ha già rivelato il contenuto di quell’agenda rossa scomparsa misteriosamente prima della sua morte! Quel segreto non se lo è tenuto. Lo ha sussurrato pubblicamente:

“Quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri!”.

Non, quindi, i mafiosi delle cosche che hanno il sangue freddo di commettere crimini orribili! Cercando su Wikipedia, però, alla voce ‘Strage di via D’Amelio’ sono documentati i nomi di coloro che vengono indicati come “mandanti” (chi diresse, fece partire un ordine, ma non eseguì sul posto la strage), e quelli degli “esecutori-braccio armato”. Perché? Nessuno di questi nomi, per quanto implicato, è realmente il “qualcun altro al di fuori della mafia” che l’avrebbe sicuramente ucciso (come accennò Paolo Borsellino, la vittima!). E, ancora oggi, si chiede autenticità sui fatti stragisti proprio perché quella che è stata spacciata per verità, non lo è affatto. È una mezza verità zoppa. Non è escluso che dopo la morte di Berlusconi, il quale pure fu citato all’interno dell’indagine in un periodo controverso per l’invidiato imprenditore e politico, ci si inventi un’altra storia, differente da quella descritta su Wikipedia e raccontata fin ora ai cittadini, e su cui nessuno potrà obiettare nulla, soprattutto, il defunto capro espiatorio, Silvio!

Oggi, 19 LUGLIO 2023, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la neoeletta premier Giorgia Meloni hanno presenziato alle celebrazioni e al ricordo di Paolo Borsellino. Peccato, che l’attenzione esagerata di Meloni per i pettegolezzi della stampa ed il troppo peso che ella ha dato ai giornalisti e alle critiche sull’assenza alla fiaccolata in onore del magistrato, abbia rubato la scena al ricordo di Paolo. Chiacchiere da dirimpettai, botta e risposta, sono sobbalzati sulle testate giornalistiche molto più che il connubio di sentimenti ed il raccoglimento degli italiani.  Esiste un tempo per tutto, e forse, non era il momento congruo per rispondere ai giornalai, quanto invece, quello di lasciar spazio al silenzio del ricordo, pensare il giorno dopo a spiegar le proprie ragioni! Sergio Mattarella ha poi recitato un discorso rivolto all’Italia, a Paolo Borsellino, alla scorta, a Falcone.  In uno stralcio finale dell’orazione pubblica, egli dice: 

«Il nome di Paolo Borsellino, al pari di quello di Giovanni Falcone, mantiene inalterabile forza di richiamo ed è legato ai successi investigativi e processuali che misero allo scoperto per la prima volta l’organizzazione mafiosa e ancor di più è connesso al moto di dignità con cui la comunità nazionale reagì per liberare il Paese dal giogo oppressivo delle mafie. Loro «avevano dimostrato che la mafia poteva essere sconfitta. Il loro esempio ci invita a vincere l’indifferenza, a combattere le zone grigie della complicità con la stessa fermezza con cui si contrasta l’illegalità».

Queste parole non rispecchiano affatto la realtà dei fatti, per infinite ragioni. Intanto, i successi investigativi e processuali non hanno mai rivelato la verità. Solo, lasciato emergere parte di essa. Di questo sforzo ringraziamo, tuttavia, chi se ne è occupato!  Indi, non è un “successo”. È un successo solo nel momento in cui si arriva a stabilire la fonte, il reale mandante con relative motivazioni. Il nome di Borsellino e Falcone, non è inoltre legato ai successi delle indagini, ma all’esempio che hanno dato a tutti di come si persegue la giustizia rischiando anche la propria vita.  A seguire, il Presidente parla di “comunità nazionale che reagì per liberare il Paese dal giogo oppressivo delle mafie”. La comunità ancora oggi reagisce, chiede come sono andati i fatti: la reazione attuale è di sdegno per le menzogne che si imboccano al cittadino. La reazione di dignità, fu in quella frase ripetuta per rendere giustizia a Falcone e Borsellino in cui si chiedeva di tenere “fuori la mafia dallo Stato”. Continua, il Presidente Mattarella e sostiene che “loro” – riferendosi probabilmente a Falcone, Borsellino e agli uomini e donne della scorta (il verbo è nel passato) – “avevano dimostrato che la mafia poteva essere sconfitta!”; questo è falso, perché “loro” non hanno sconfitto la Mafia ma sono morti nel tentativo di liberare l’Italia e le istituzioni italiane da essa! La morte di questi uomini, non è stato il segnale che questa piaga potesse essere sconfitta, bensì la dimostrazione che finché c’è omertà non può essere vinta. E’ stato proprio il fallimento della nostra società, che non ha saputo proteggerli. Non ci siamo riusciti, perché i “mandanti” non erano tuttavia i mafiosi, ma chi desiderava la morte dei nostri magistrati, e lo Stato, non ha collaborato affinché si trovasse il colpevole per il semplice motivo che, evidentemente, il mandante delle stragi era all’interno dello Stato stesso. Questo sussurrò la vittima, prima di morire. 

Fuori la mafia dallo Stato”, fu una frase urlata con motivazione e convinzione poiché Borsellino, in vita, aveva fatto comprendere che la vera corruzione era interna e non esterna alle istituzioni in quel caso specifico (per quanto il braccio armato, fosse la mafia con i suoi pentiti cui si chiedeva di collaborare).

Il discorso del Presidente della Repubblica è una pietra con cui si arranca abitualmente per arginare la vergogna delle istituzioni, è l’incapacità di tirar fuori la verità legata a doppio filo con personaggi, evidentemente rilevanti nella politica italiana o zone grigie annesse ad essa. “È stato un successo”, loro avevano dimostrato che “la mafia poteva essere sconfitta“, la comunità ha “reagito con dignità”, quindi… la abbiamo sconfitta! È questo il senso finale che emerge dalla ricostruzione letterale delle parole di Sergio Mattarella. Un discorso in cui il successo delle indagini lascia intendere che la mafia è stata sgominata.  Eppure, il capitolo è tutt’altro che chiuso per quanto lo si voglia negare e si desideri fingere che tutto è terminato coi successi dei processi svolti sin ora! Il desiderio di fingere è grande, perché lo Stato tutto ha necessità di togliersi il peso che porta sulla coscienza da anni, ripulirsi, terminare l’espiazione morale della colpa. Con l’avvento del governo Meloni si enuncia che la mafia in Italia, improvvisamente, non esiste più! Non ci crederà mai nessuno. Non è svanita, è più presente che mai, ha solo cambiato l’abito. Se il braccio armato, un tempo, era vestito modestamente e si distingueva dal suo mandante, oggi indossa giacca e cravatta assieme ad esso; oggi, che la prima corruzione, a discapito del popolo, s’insinua come un serpente nella distruzione metodica della Costituzione permettendo alle figure di Stato di compiere ciò che è illegittimo, spacciandolo per legittimità. E’ esattamente ciò che Falcone, Borsellino, gli uomini della scorta non avrebbero mai voluto, perché quella Costituzione che rende liberi gli esseri umani, la difendevano con le unghie, con i denti, con la vita!

<<Ho capito tutto!>>, diceva Paolo nei giorni prima dell’addio! Esistono altri colpevoli, quelli che Borsellino lo abbandonarono ed isolarono, quelli che non vollero proteggerlo, chiamateli mandanti o complici se preferite, chiamateli distratti , superficiali, sbadati, ma sono proprio loro che hanno dato se non la prima, l’ultima spinta alla mafia!

19 LUGLIO 2023  PAOLA MORA – QUI RADIO LONDRA TV

 

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