IL COLPO GROSSO DI JOE BIDEN, O DI RECEP ERDOGAN?

STRATEGIE TURCHE TRA INCUDINE E MARTELLO: CON BIDEN, O PER FINTA?

IL COLPO GROSSO DI BIDEN, O DI ERDOGAN? STRATEGIE TURCHE TRA INCUDINE E MARTELLO: CON BIDEN, O PER FINTA?

In chiusura di un recente articolo sul nostro blog, si osservava esattamente come “gli equilibri geopolitici sono sempre instabili, ricchi di colpi di scena”. Ed in effetti, molto di ciò che accade e che muove certe decisioni strategiche, è celato ai più, noto a pochi, col difetto che gli esseri umani non sanno mantenere tutti i segreti e possono anche reinventare, mentire o rivisitare le narrazioni degli excursus storici più intricati. Abbiamo anche ricordato come “la Turchia non è un alleato della Russia nonostante si sia fin ora conquistata la nomea d’ essersi impegnata nelle questioni di mediazione tra Mosca e Kiev, e nonostante una serie di accordi che hanno coinvolto in prima persona il presidente Vladimir Putin, e spiegato per sommi capi tutte le ambizioni di Erdogan che coincidono paradossalmente con il risolvimento delle contestuali problematiche turche: dall’ingresso in UE, come garanzia in cui si pretende di appianare la questione storica di Cipro, agli F16 mai consegnati, alla spina nel fianco della Svezia ex-protettrice dei curdi che, a cavallo del vertice di Vilnius, promette di modificare le sue politiche per amor della Turkiye (laddove il presidente turco, solo poco tempo fa, aveva dichiarato che non avrebbe “mai trattato con chi protegge i terroristi”, allontanando il sogno del consenso per l’ingresso della Svezia alla NATO). Eppure, il cambio di vedute di Recep Tayyp Erdogan deve pur essere stato incentivato da qualcosa! Una risposta possibile alla svolta, è contenuta in un articolo fresco di stampa pubblicato dal giornalista premio Pulitzer  Seymour Hersh il 13 luglio 2023, il giorno successivo al vertice NATO, in Lituania.

E’ noto anche che gli americani ‘vogliono tutto il potere per se stessi’, e, per questa ragione, non sono mai leali fino in fondo con gli alleati UE – figuriamoci con il turco Erdogan – per cui, vanno saputi gestire con autorevolezza all’interno di contesti di cooperazione. Ad oggi, uno dei pochi, sottoposto a pressioni ma capace di giocare a scacchi con gli USA, (a parte il presidente russoè proprio Recep Erdogan” – con questa frase si chiudeva un articolo sul nostro blog dedicato all’argomento “Vilnius e colpi di testa in perfetto stile Erdogan”.

In effetti, ci si muove su una scacchiera complessa su cui la Turchia sta giocando con più astuzia sin dal periodo elettorale, ove cui, la vittoria di Recep era minata dalle chiacchiere occidentali, sparpagliate dalla propaganda made in USA, sulla ‘inadeguatezza’ del leader turco nella gestione del terremoto che ha colpito la Turkiye (e la Siria) a febbraio. Il 19 di quel mese, fu Anthony Blinken a precipitarsi letteralmente ad Ankara. Poi, il giro su un elicottero dell’aeronautica militare turca per visionare l’entità dei danni del sisma nei luoghi maggiormente colpiti, insieme al ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu. Il giorno seguente, gli Stati Uniti annunciavano ulteriori 100 milioni di dollari oltre agli aiuti già inviati con urgenza precedentemente, per aiutare la Turchia a sostenere la risposta al sisma, per un totale complessivo di 185 milioni di dollari. In concomitanza con questo favore, giunse anche una dichiarazione del Ministro degli esteri svedese Bilstrom su una decisione presa dalla parte turca in quelle ore. La dichiarazione recitava testualmente:”Il mio collega, il Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, ha affermato che la Turchia è pronta a riprendere i negoziati con la Svezia. La Svezia ovviamente è pronta a farlo. Accogliamo con favore la decisione della Turchia”. Non è una coincidenza, che uno sblocco della questione dell’ingresso della Svezia nella NATO, sia avvenuto da parte del presidente Erdogan già allora, nel febbraio 2023, in piena emergenza sisma.

In concomitanza col successivo periodo elettorale, si sono verificati episodi ulteriori che hanno spinto Erdogan a ritrattare, (i roghi del Corano, ad esempio); e mentre la Finlandia ha terminato il suo percorso di adesione all’Alleanza Atlantica, la Svezia è rimasta indietro, fino ad oggi. Al vertice Nato di Vilnius, la svolta e gli accordi per la ratifica che “avverrà presto”, ma “non prima del prossimo autunno”, sottolinea lo stesso Recep Erdogan facendo slittare ulteriormente la fatidica data di annessione del territorio svedese alla NATO. Salvo che, tra le pressioni non cambi idea!

Abbiamo poi già elencato la consistenza dei patti, mediati da Jens Stoltenberg a Vilnius, con cui i leader svedese e turco si sono accordati anche sul fattore “lotta al terrorismo”, ed inoltre, l’Unione europea si è resa disponibile a riprendere in mano le scartoffie per rivedere la velocizzazione di un prossimo ingresso della Turchia in UE (nonostante la spada di Damocle cipriota, sospesa a pochi centimetri dal collo!). Nessuno dei leader europei, in realtà, vuole la Turchia come partner all’interno della Unione; troppo rischioso, ma per amore della NATO si fa credere tutto, anche ad Erdogan, che prova a creare le condizioni di gioco per ottenere ciò che vuole molto astutamente, un passo alla volta!

E arriviamo a Seymour Hersh che – come sopra anticipato – in un suo articolo piovuto come una doccia fredda a margine del vertice in Lituania, non esita a rivelare l’indiscrezione di una “manina del presidente americano Joe Biden” nell’affare Erdogan. Secondo una fonte di Hersh, “Biden ha promesso che una linea di credito da 11-13 miliardi di dollari, sarebbe stata estesa alla Turchia dal fondo monetario internazionale”. Questo perché, mentre a Biden serviva una vittoria, alla Turchia di Erdogan “serviva un aiuto finanziario avendo perso 100.000 persone nel terremoto dello scorso febbraio con 4 milioni di edifici da ricostruire”. La crisi finanziaria turca che emergeva inesorabilmente dagli ultimi sondaggi, e la delicata pendenza delle banche turche che, scrive Hersh, “hanno prestato così tanto denaro alla banca centrale della nazione che non possono onorare i loro depositi in dollari nazionali, se i turchi dovessero chiedere indietro i fondi”, avrebbero spinto Erdogan, raggiunto da una telefonata di Joe Biden mentre volava in Europa, a cogliere la palla al balzo. Una palla che Erdogan tiene in mano, che Biden controlla per metà avvantaggiato dalla crisi turca, e che il leader turco trattiene fino a ottobre, prima di passarla al prossimo giocatore. Dall’altra parte c’è la Russia che, per quanto se ne dica, non ha mai veramente considerato la Turchia una alleata.

Vladimir Putin sa bene che la Turkyie fa parte della NATO contro cui sta combattendo, eppure, ha portato avanti degli affari in comune convenienti per ambedue dal punto di vista strettamente strategico e a livello energetico o di relazioni che “rimangono aperte” almeno da una parte, durante l’Operazione speciale in Ucraina! Anche se, scrive Seymour Hersh, “Putin ha fornito gas russo a Erdogan a credito e non ha chiesto che l’importatore di gas statale pagasse“, e aggiunge che nel frattempo Erdogan ha continuato a vendere i suoi droni a Kiev. In fondo, Erdogan è anche però il solo che si sia offerto di tenere una posizione più equilibrata con la Russia che avrà i suoi motivi per stare parzialmente in questo gioco, ad esempio gli affari che riguardano la rotta del grano, ecc.

Questo modo di fare, ha inoltre permesso ad Erdogan di ottenere le avances di Joe Biden, il quale, ha usato il potere dei soldi per riavvicinare la Turchia alla linea occidentale in un fervido momento di escalation e di fallimento totale dell’offensiva ucraina. In un articolo pubblicato sul “Faro di Roma” del 30 maggio 2023, si fa riferimento al fatto che USA e UE, hanno fatto di tutto per esasperare l’economia turca già provata dal sisma, creando tensioni ed un impatto negativo sulla lira turca attraverso i maggiori istituti finanziari:” Volevano aumentare il livello del dollaro alla vigilia delle elezioni al livello di 24-25 lire turche, La banca centrale è stata in grado di soddisfare la crescente domanda di dollari”, e ancora la pubblicazione scrive che “ gli operatori occidentali hanno aperto un numero considerevole di azioni speculative contro la valuta nazion ale turca, prendendola in prestito dal mercato interno e acquistando la valuta estera attraverso i mezzi presi in prestito. Per proteggere la lira, la Banca centrale turca ha dovuto vendere attivamente la valuta estera sul mercato interno, sotto una pressione senza precedenti da parte degli attori finanziari”.

Ecco come è sempre più evidente come non esista un vero “rispetto occidentale” per gli alleati degli USA, soprattutto quando non la pensano esattamente come la pensano i “natocrati” coinvolti con l’amministrazione Biden. Poiché Erdogan teneva aperti alcuni canali con la Russia, (ma non voleva dire essere alleato con i russi, quanto più correttamente fare gli interessi della Turchia in una misura sostenibile, aprendo anche qualche minima possibilità di un futuro negoziato per l’Ucraina), e siccome il presidente turco non era inginocchiato totalmente agli USA, si è provato a farlo uscire dai giochi in ogni maniera possibile.   

Resta da comprendere le prossime mosse in uno scenario fragile ove, e lo ripetiamo, i colpi di scena non mancano in virtù del fatto che in questi anni gli USA hanno creato fratture tra territori con le guerre, per cui, è necessario ricucire bene i lembi delle lenzuola e creare qualcosa di nuovo, se si vuole vivere liberamente. Se il denaro di Joe compra tutto, non è detto d’altra parte, che gli vada però sempre bene…!   

13 LUGLIO 2023 – PAOLA MORA – QUI RADIO LONDRA TV 

MESSAGGIO PUBBLICITARIO

 

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