IL LEONE DI DAMASCO E LA LEGA ARABA

IL RITORNO DELLA SIRIA !

IL LEONE DI DAMASCO E LA LEGA ARABA. IL RITORNO DELLA SIRIA

– di Paola Mora

Se c’ è una cosa che è chiara ai popoli, delle guerre, oggi più che mai, è che nel mentre divampano come schegge impazzite ed armate fino ai denti, e nel mentre d’esse, vengono riferite innumerevoli bugie. La storia della guerra siriana è uno di quei capitoli ove, probabilmente, pur di farla questa guerra si mentì spudoratamente, ad esempio, sull’uso delle armi chimiche da parte di Damasco. Gli Stati Uniti, poi, le bugie sanno raccontarle benissimo, ma una favola nota dice che esse hanno le gambe corte ed il naso che cresce a dismisura. Ed infatti, soprattutto nei tempi moderni in cui le informazioni viaggiano in rete alla velocità della luce, mentire non viene più così bene, né forse è più così conveniente come ci si ostina a credere. Lo si fa nell’abitudine, mentre intorno ai governi menzogneri il cerchio si stringe, ed i coccodrilli nel fossato prima o poi vorranno mangiare!

Il mese di maggio 2023 è cruciale per la Siria che ha attraversato 12 anni di disfacimento perenne, di cui soprattutto la popolazione ha sofferto enormemente. Ci si avvia ad una normalizzazione dei rapporti, ed è questa la novità miracolosa che è sulla bocca della povera gente che ha vissuto la devastazione.

L’ingresso del Paese nella Lega Araba da cui fu espulso anni fa, è un monumento schiacciante della vittoria siriana. Nella frenesia dei negoziati, chi non sopporta questa pacificazione dell’asse è Washington, o meglio, quell’amministrazione statunitense democratica la cui aridità interiore porta i suoi esponenti autorevoli, ed in primis il presidente Joe Biden, a credere che 12 anni non siano bastati al popolo siriano per soffrire abbastanza. E quindi, è necessario che soffra ancora.

Aldilà delle colpe presunte di Bashar Al Assad, tutto il tempo trascorso grida la vendetta di una pace. La urlano i morti, i profughi, i poveri, i bambini, le donne siriane. Che si apra per la Siria un nuovo capitolo, è l’opportunità per quella gente di tornare ad avere una vita!  Le sanzioni che gli USA e l’Unione Europea utilizzano negli ultimi anni come ghigliottine sulla testa degli innocenti, hanno contribuito allo sterminio dei popoli in un’epoca in cui ognuno viaggiava isolato. L’inizio del mondo multipolare è la fine del monopolio sanzionatorio, perché i governi vessati oltre che i rispettivi popoli, hanno cominciato a comprendere che l’unione di più Stati è la medicina contro l’alluvione generata per mano di alcuni governi allineati. Volevano cancellare la Siria, per impedirlo avanzò una guerra: e la Siria non è scomparsa!

Certo, è rimasto poco della Siria ma dai semi si germoglia. Grazie alla mediazione della Russia impegnata a creare un diversivo al fronte unipolare statunitense, la Siria comincia a percorrere una strada verso la pace. Mosca intensifica gli sforzi per riconciliare Ankara e Damasco, ed un incontro cruciale tra Assad e Putin, si ramifica nei successivi negoziati che coinvolgono Russia, Iran, Turchia, Siria, ed in un ultimo ma fondamentale passaggio l’Arabia Saudita, ove Assad, si reca in visita insieme a sua moglie il 19 marzo 2023. Nel frattempo, il presidente ucraino Volodimir Zelensky spinto dagli umori di Joe Biden, impone anch’egli sanzioni al presidente siriano Al Assad comminate per un periodo di dieci anni e che prevedono diverse limitazioni, di cui lo stesso Assad non si dimenticherà.  

Ad aprile appena iniziato, l’Arabia saudita dirama un comunicato ufficiale in cui afferma che un invito verrà consegnato formalmente ad Assad per partecipare al vertice dei leader arabi, e che egli  riceverà direttamente dalle mani del ministro degli esteri saudita. Il 18 aprile del 2023Faisal Bin Farhan si reca, infatti, a Damasco per la prima volta dal 2011 portando al presidente siriano i saluti del re Salman bin Abdulaziz e del principe ereditario Mohammed bin Salman, promettendo entro la fine di maggio la riapertura dell’ambasciata della Siria a Riad.

Una foto storica ha immortalato questo incontro, come uno degli eventi più rilevanti del ventennio.

Esso, era stato preceduto da una riunione tra i ministri degli esteri arabi in cui avevano discusso della riammissione per la Siria, nella Lega Araba. Il 30 aprile 2023, Al Assad rilascia una dichiarazione in cui avverte della necessità di abbandonare il dollaro USA a favore dello yuan cinese: “È necessario proporre un‘iniziativa e un modo per raggiungere lo sviluppo e la cooperazione economica. I paesi BRICS sono in grado di svolgere un ruolo chiave in questo settore, oltre a scegliere lo yuan cinese per gli accordi commerciali tra i Paesi”. Il presidente siriano sosteneva, in pratica, le parole precedentemente espresse dal leader Vladimir Vladimirovich Putin. Tra l’altro, l’abbandono del dollaro è sembrato a tutti un buon modo per rimediare alla falce fastidiosa delle sanzioni statunitensi.

Il 3 maggio è il presidente iraniano Ibrahim Raisi ad atterrare all’aeroporto internazionale di Damasco per una visita ufficiale di due giorni, in cui stila con Assad le firme di una serie di accordi vantaggiosi.  

Il 18 maggio 2023 grazie all’impegno di Paesi come la Russia e l’Arabia Saudita che hanno spinto per riequilibrare l’asse orientale, coadiuvate da Xi Jinping, il Leone di Damasco, Bashar, viene ricevuto a Gedda. Il presidente siriano viene accolto da chi un tempo lo avrebbe anche ucciso.

La vittoria del popolo siriano è consistita nella resistenza che non è mai evaporata e con cui ci si è stretti alla tenacia di Assad, anche nei momenti in cui tutti avevano abbandonato la Siria, fino a quei ripensamenti geopolitici che hanno spalancato il portone del presente.

A tentare di rubar la scena a Bashar Al Assad è stato, per ironia della sorte, proprio il sanzionatore per procura Volodimir Zelenskyj che ha modificato all’ultimo momento l’itinerario di volo verso Hiroshima (ove si teneva il vertice dei Paesi del G7), per raggiungere l’Arabia saudita il 19 maggio.

È il suo primo viaggio in quel Paese, ma per quanto si voglia fantasticare su una sorpresa del presidente ucraino a Gedda, è proprio quest’ultimo a scrivere sui social network di essere stato invitato espressamente dai paesi arabi per cui avrebbe espresso, in corner, il proposito di introdurre il suo discorso sulla pace in Ucraina. Zelenskyj prende la parola nelle prime ore delle discussioni, e lascia intendere che ci sia stata una manina araba, oltre che del turco Erdogan, per la buona riuscita dell’accordo del grano. I giornali accennano a delle concessioni da ambo le parti, russa ed ucraina, per cui esso sembra essersi risolto anche se, non mancano le polemiche che vanificano questa intuizione.  Assad rifiuta di usare le cuffie per la traduzione simultanea mentre Zelensky, espone le sue opinioni al vertice arabo; ma in fondo non è importante! L’invito a Zelensky probabilmente viene considerato solo un fatto parallelo alla contemporanea normalizzazione con la Siria, un passaggio di mezzo che si è attuato per dimostrare la neutralità dell’Arabia Saudita, il suo potere di mediazione, il fatto che a Zelenskyj ci si può avvicinare per traverse vie. Senza dimenticare che l’Arabia saudita ha partecipato ad aiuti economici di stampo umanitario molto sostanziosi per l’Ucraina.

Zelenskyj non si è però trovato in un ambiente protetto, questa volta, ma in un luogo ove i partecipanti hanno avuto rispetto per lui, come per Vladimir Putin o nei confronti di Assad. È a Gedda che si tiene il discorso più riuscito e meno ridicolo del presidente ucraino, nel quale si è dovuto trattenere per mostrare un minimo di atteggiamento diplomatico e non eccessivamente aggressivo, anche mentre elencava le priorità per l’Ucraina in vista di una liberazione dall’aggressore russo. Zelenskyj conclude amichevolmente la visita in Arabia Saudita per poi ripartire verso Hiroshima, dove il 20 maggio, è atteso per la seconda giornata del G7.

Bashar al Assad, viene ricevuto anch’egli cordialmente e con curiosità nella Lega Araba, con tutti gli onori e l’ospitalità che non si vedeva da tempo. Segue un percorso distante da quello del presidente ucraino, e se si credeva che il Leone di Damasco venisse annebbiato dall’ arroganza scenica di Volodimir Zelenskyj, questo non è avvenuto anche se glielo si è fatto credere, all’ospite da Kiev.

La figura di Assad, dinoccolata ed alta, è indimenticabile in quella cornice sfarzosa in cui gli arabi si muovono svolazzando nelle vesti bianche, coi lunghi copricapo.  Penetranti anche  le parole del presidente siriano, che la stampa ha cercato di mettere in secondo piano rispetto alle dichiarazioni ucraine, ma che nel vento piovoso di questi giorni sono giunte efficacemente alle orecchie di chi conta nel panorama geopolitico. Il discorso di Assad viene rafforzato da un messaggio che arriva ad un certo momento della giornata, nel mezzo delle consultazioni, dalla Russia, e più precisamente dal presidente Putin che augura buon lavoro ai membri della Lega Araba nonostante la presenza di Zelenskyj, che è costretto ad ingoiare il comunicato.

Bashar al Assad, ha dichiarato:” Abbiamo un’opportunità storica per ripristinare l’Unione Araba con meno interferenze esterne. È necessario rivedere lo statuto della Lega Araba e le sue regole interne in modo che soddisfino i requisiti dei tempi che dobbiamo affrontare. La riconciliazione avvenuta è un’opportunità storica; il mondo deve lasciare i problemi interni alla discrezione dei popoli, dobbiamo resistere alle ingerenze esterne per condividere assieme visioni, strategie, obiettivi comuni. Spero che questo incontro sia l’inizio di una nuova fase per la pace nella regione e la prosperità, invece della guerra e della distruzione. Ringrazio il principe ereditario dell’Arabia Saudita ed i suoi sforzi attivi per rafforzare la riconciliazione nella regione, e per il successo di questo nostro incontro!”.

Le parole di Assad risuonano sicuramente nel cuore del popolo siriano che le ha ascoltate dopo averle tremendamente attese in tutto questo tempo. Un po’ meno le hanno digerite gli americani, che hanno rivolto dure critiche per quei paesi che si sono arresi allo sforzo di perpetrare un cambio di regime, e hanno voluto la via della riconciliazione. In realtà, tra Siria e Stati Uniti alcuni contatti, in segreto, ci sono stati ultimamente anche se non hanno condotto a cambiamenti importanti tra le due fazioni, che sono rimaste ferme sui loro passi.

I contatti sono avventi a Muscat, capitale dell’Oman, ove cui Washington è solita intrattenere gli incontri più complessi e riservati. La Siria, ovviamente, nell’occasione colloquiale avrebbe richiesto il ritiro totale delle truppe americane dai suoi territori; mentre, agli americani, interessava il rilascio di un giornalista, Austin Tice, che si crede essere stato rapito dai gruppi armati in Siria nel 2012, anche se quest’ultima nega un coinvolgimento in qualsivoglia sequestro del giornalista. Il 3 maggio del 2023, è stato infatti Anthony Blinken a rilasciare una dichiarazione poi riportata dalla testata occidentale Reuters, in cui afferma che gli Stati Uniti sono impegnati con la Siria sul caso Austin Tice, scomparso dieci anni fa mentre documentava, a Damasco, la rivolta contro il presidente Al Assad. La famiglia crede che lui sia vivo e che sia in Siria. Blinken aveva assicurato in quell’occasione che gli Stati Uniti  avrebbero fatto di tutto per riportarlo alla famiglia. Non è chiaro se questa, sia soltanto una scusa per tenere aperto un canale di dialogo con la Siria, in vista di un cambiamento radicale degli equilibri geopolitici (per cui gli USA potrebbero pensare di ritirare i propri militari qualora la questione della Lega Araba ponga ad accettare delle condizioni) o sviluppi su quel territorio… o se davvero si crede che il giornalista sia in mano ai siriani, come si afferma, e allora il tentativo è di farlo rilasciare. La Siria nega di avere con sé questo prigioniero. L’America tiene in Siria il proprio contingente militare nel tentativo prolungato di non abbassare il livello di tensione necessario, ad impedire una totale normalizzazione (un vantaggio troppo ampio per l’asse orientale che la Cina sta alacremente organizzando in un gruppo coeso, per diminuire il potere statunitense e proseguire il progetto per la Via della Seta).

Ad ogni modo, per quanto le strategie politiche facciano da padrone, quel che bisogna augurarsi è sempre e comunque la pace. Da esseri umani, possiamo solo pregare che la normalizzazione avvenga fosse anche solo per donare al popolo siriano un po’ della tranquillità e serenità che hanno perso, e che in grossa parte noi occidentali, gli abbiamo rubato. Recuperare dieci anni non è facile, risalire una montagna così impervia è difficile, ma il sole splende per tutti ed è il momento che splenda per chi è vissuto sotto la pioggia in tutti questi anni. Il mondo si sta capovolgendo ma non significa che non si possa trarne beneficio. Si può fare se ognuno lotta per la libertà sua e degli altri, in un periodo di follia estrema: di fame d’interessi, aridità spirituale soprattutto occidentale. Possiamo scegliere chi seguire e cosa costruire. Bashar Al Assad è l’esempio vivido della determinazione, della resistenza, ed è così strano che un uomo la cui struttura muscolare ed ossea assomiglia lontanamente ad uno spaventapasseri o a un quadro di Modigliani, abbia in sé tutta la possenza della roccia che non si sfalda ma resiste, e che riesce persino a diventar pericolosa in mare, per quella nave nemica destinata a schiantarsi.   

19 MAGGIO 2023 – PAOLA MORA SABATINO – QUI RADIO LONDRA TV           

 

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