La Cina, il XX Congresso nazionale del Popolo, l’alba di Xi- Jinping, la riunificazione con Taiwan

LARGO AL NUOVO, FINE DI UN’EPOCA!

La Cina, il 20° Congresso nazionale del Popolo, l’alba di Xi Jinping, la riunificazione con Taiwan.

È oggi, 16 ottobre 2022, la giornata storica d’esordio per la Cina, attesa da tempo, cui il Paese si stava preparando solerte e silenziosa e che amplifica il suo significato in concomitanza con le sfide globali, l’alternativa multipolare all’ordine unipolare statunitense di cui pioniera è stata la Russia, avendone aperto il varco. “Il potere appartiene al popolo che lo esercita attraverso il Congresso“, recita parte della legislatura cinese ed in questa occasione, a differenza del solito, verrà modificato lo statuto del partito stesso per riaffermare la leadership di Xi,  che è il primo presidente a farlo dal tempo di Mao Zedong.

Xi- Jinping ha aperto il Congresso con un discorso introduttivo in cui ha enumerato gli obiettivi raggiunti dalla Cina in questi ultimi anni e ha poi affrontato la questione di Taiwan che, dice, “è un affare che riguarda il popolo cinese e la sua soluzione dovrebbe essere decisa dal popolo”.

La Cina, emerge dall’intervento,  mira a risolvere la riunificazione in maniera pacifica, in primo luogo, ma non può escludere nemmeno l’uso della forza qualora questo non venga reso possibile a causa di interferenze esterne e di un piccolo numero di separatisti taiwanesi che appoggiano col proprio attivismo parti terze e straniere. La riunificazione della madrepatria è per Xi, si intuisce, l’evento futuro la cui celebrazione supererà di gran lunga anche l’importanza del Congresso odierno.  Il Paese con gli occhi a mandorla, insomma, si prepara espressivo  ad una rinascita anche ideologica di cui si comprenderanno meglio i principi nel corso di questo evento  e degli incontri che avverranno a breve sullo scacchiere geopolitico. Un po’ tutto ciò che si sussegue in questi anni, a dire il vero, sembra avere il sapore della storia che poi trasmuta nei libri e segna le ere umane mondiali! Ma lo slancio cinese non è solo ideologico, sociale, è anche soprattutto finanziario dal momento che già a Samarcanda il leader cinese (nel suo primo viaggio fuori dalla Cina dopo la crisi Covid e ben lieto di accettare l’incontro col Presidente russo nonostante le voci di terremoti gentili tra due potenze russa e cinese), espose il progetto della ‘de-dollarizzazione’ in comunione di intenti con il Presidente russo. Sotto spinta di Putin, i Brics sono stati incoraggiati in una impresa che probabilmente senza la circostanza russa non avrebbero tentato, quella di ampliare le riserve di valute alternative al dollaro a partire dallo Yuan. Il processo di internazionalizzazione dello yuan-renminbi era già tuttavia cominciato da tempo, articolato in fasi, per poter arrivare a pareggiare il grado di internazionalizzazione di euro e dollaro, e sono state promosse diverse operazioni finanziarie chiave, soprattutto nel mercato di Shangai, per solidificare l’intento e dare modo a diversi Paesi di scavalcare l’ostacolo delle sanzioni statunitensi (imposte per la violazione spesso di regole, decise esclusivamente dall’occidente-USA). Sappiamo già come l’America abbia fatto delle sanzioni, nel corso del tempo, un’arma di ricatto abusando di esse, approfittando di questo potere per impoverire chiunque a vantaggio esclusivo di se stessa. Troppo frequentemente le sanzioni in occidente sono il primo approccio ai problemi e non l’ultimo, mentre il dialogo diventa l’ultima delle ruote di scorta di una società civile.   

Secondo alcuni opinionisti di finanza non c’è possibilità reale di fare a meno del dollaro come valuta di riserva mentre è possibile che altre monete come lo yuan diventino un mezzo di pagamento più esteso. Altri, credono che il dollaro non ce la farà. In effetti, una moneta di riserva è tale solo se riesce a dare garanzie in tempi di fortissime crisi e questo riguarderebbe anche, ad esempio, l’aspetto militare, alimentare, resistente, del Paese che la detiene, nonché ulteriori requisiti chiave.  Non è un caso che Xi, nel discorso di apertura al Congresso abbia fatto cenno proprio a questi elementi che sono essenziali per acquisire la credibilità di una moneta affidabile e “forte in un paese forte“.

Dobbiamo rafforzare l’addestramento militare, migliorare l’efficacia del nostro esercito popolare. Migliorare la leadership strategica militare. La Cina rafforzerà la sua sicurezza alimentare ed energetica, realizzerà il piano centenario di accelerare la trasformazione delle sue forze armate in un esercito di livello mondiale entro il 2027”. E’ forse per questo che l’amministrazione Joe Biden ha redatto un documento, la nuova “National Security Strategy” in cui la Russia rappresenta una “minaccia immediata per il libero sistema internazionale”, mentre, la Repubblica Popolare Cinese è “l’unica concorrente sia con l’intento di rimodellare l’ordine internazionale sia, quello economico, potere diplomatico, militare e tecnologico per portare avanti questo obiettivo.

C’è da dire che la Cina, nel suo cammino di perfezionamento come grande potenza affidabile, non ha mai dettato regole a nessuno né scatenato guerre militari di allargamento o sfondamento verso occidente, al contrario degli Usa che, come si sentono contradetti, reagiscono male disseminandosi nemici ovunque, strumentalizzando e facendo pressione su altri governi per insediare il proprio potere politico a direzione delle scelte di territori che non le competevano. Se gli Usa traballano per qualche ragione, guerra e armi sono un deterrente per cibarsi alle spalle degli altri Paesi e mantenere in questo modo la leadership. E’ così da troppo tempo e probabilmente oggi, questa strategia non funziona più, non tutti sono disposti. La Cina, diciamoci la verità, è riuscita con le sue forze e senza inganni ad essere economicamente credibile; ha proposto, non affatto imposto, ed ha interessato i mercati. La bravura ed il talento della Cina ha spaventato la mancanza di creatività statunitense, del governo stelle e strisce, quella stessa creatività di cui Joe Biden parla nel suo ‘reportage‘ ma che se ci fosse realmente stata, avrebbe quantomeno mantenuto un interesse vivo degli altri verso l’America, esattamente come si è rivelato vivo nei confronti della Cina. Donald Trump in un suo ultimo comunicato ha consigliato all’avversario politico: “Siate brillanti“, proprio in virtù della consapevolezza di una cattiva gestione delle situazioni rispetto al periodo geopolitico in corso. La mancanza di diplomazia, errori, frodi, hanno fatto il resto, molti cocci sono scivolati dalle mani fino a giungere allo stato attuale delle cose in cui, a pagare è la popolazione occidentale su cui viene riversato tutto il peso dei propri atteggiamenti. La Cina, come spiegato da Xi e dai suoi funzionari, non ha alcun interesse a considerare l’America una minaccia o ad intraprendere una lotta di potere ma è anche convinta che l’arroganza con cui ci si rivolge per declassare chi ha dei meriti non possa sempre passare inosservata.

Mao Ning, portavoce del Ministero degli affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese, ha risposto così alla lettura del piano di Joe Biden: “Ci opponiamo alla mentalità antiquata della Guerra Fredda. Non vediamo alcun beneficio in qualsiasi retorica o atto che giochi a conflitti geografici o ad una grande competizione di potere, in quanto vanno contro la tendenza dei tempi, le aspirazioni della comunità internazionale. La Cina è sempre stata una forza per la pace nel mondo, contribuito allo sviluppo globale ed è un difensore dell’ordine internazionale. Cina e Usa hanno le responsabilità, in quanto grandi, di preservare la stabilità nel mondo e gli Stati Uniti devono seguire il principio del rispetto reciproco, coesistenza pacifica e cooperazione vantaggiosa per riportare le relazioni sino-statunitensi ad un livello sano”.  In effetti, non si comprende perché la politica statunitense quando delinea delle progettualità future proprie, introduce nei propri resoconti i ‘nomi e cognomi‘ dei Paesi nemici rispetto a quelli alleati, formulando a priori una ipotesi di guerra o rivalità accesa per ottenere qualcosa. E’ come se la priorità per gli USA non fosse la pace ma “fare la guerra per diventare l’unica potenza in grado di dettare le regole della pace o guerra nel globo”, ed ecco che le strategie politiche e militari si trasformano in voli di conquista, espansione, in virtù del fatto di essere i migliori. Nessuno vuole togliere all’America la sua grandezza per la quale è stata sempre ammirata, ma probabilmente è giunto il momento di dividersi un po’ i compiti, rendere partecipi sullo scenario Paesi che ci hanno sempre fornito di tutto, che sono stati sfruttati e mai calcolati a livello di government al punto da inabissarsi nella povertà e sfruttamento. E’ forse il tempo di allargare il mondo e non di rimpicciolirlo come una prigione. Ed è una grande sfida perché: mettere in gioco le proprie diversità a disposizione del mondo, è molto più difficile che creare una dittatura in cui tutte le identità uniche vengono soppresse e ci si deve sforzare di essere tutti identici per il volere di chi si sente il migliore sulla piazza.

Ma è una sfida migliore, perché permette alle popolazioni – se si rendono attive nella resistenza, rivoluzione soprattutto interiore, se danno voce alle proprie idee ed esigenze limitando i danni di quello che può essere un ordine mondiale di qualsiasi archetipo e natura –  di rimanere ciò che sono, valere ovunque per ciò che sono, probabilmente riuscire anche a restare di più in Patria anziché imbarcarsi nell’illusione scapestrata di poter sopravvivere altrove, spinti dai criminali del mercato umano.

Il Congresso Popolare Cinese, si incastra in questo tempo come una pietra miliare per il futuro. Ecco perché, siccome la Cina non è perfetta e si spera che non si chieda a nessuno di diventare cinese nello stile di vita, i popoli devono prendere parte a questa epoca storica in cui, se si rimette in discussione tutto, tutti possono avere possibilità di ritagliare i propri spazi per una vita migliore. È caos, dopo di esso c’è l’ordine delle cose, ma ognuno deve avere modo di contribuire, essere voce nel caos più totale se si vuole ottenere un sereno equilibrio. 

16 ottobre 2022 – PAOLA MORA – Qui Radio Londra TV         

 

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