IL ‘PATTO DI SAMARCANDA’ PIEGA L’OCCIDENTE!

Vladimir Putin, è veramente in difficoltà come dice l’occidente? O si tratta di consapevolezza, di oculatezza in una strategia di intenti che deve riuscire ad essere ‘in comune’ tra Paesi profondamente diversi?

IL PATTO DI SAMARCANDA PIEGA L’OCCIDENTE.

Samarcanda si trova in Uzbekistan lungo una delle principali rotte commerciali della Via della Seta, ed è qui, che si è consumato il vertice SCO (Organizzazione per la Cooperazione di Shangai): in quella città il cui nome in lingua sogdiana significa “fortezza di pietra”, visitata a suo tempo anche da Marco Polo che la descrisse suggestivamente come “Samarcan, una nobile cittade e sonvi cristiani e saracini”.

L’evento si è proteso per due intense giornate: 15 e 16 settembre 2022 e si è rivelato un bazar di idee e di intese solidate tra culture diverse, coese negli obiettivi di trasformazione mondiale, volte a staccare il cordone ombelicale artificiale ed artificioso dalla pretesa egemonica statunitense.  Mentre 15 leader mondiali discutevano sul destino dei rapporti nei propri territori (in virtù dei grossi cambiamenti geopolitici intervenuti dopo lo screzio Russia–Ucraina, della scissione tra potenze orientali e occidentali, nonché di traverso dell’unione dei vari popoli sulla Terra), Europa e America sono andate in ebollizione come pentole sul gas, tanto che hanno cercato di nascondere l’importanza del vertice di Samarcanda, riportando poche notizie via stampa di regime spesso convulse di distorsioni irrealistiche sugli incontri che il presidente russo Vladimir Putin ha sostenuto con gli altri capi di governo. L’incontro più atteso era quello tra il leader del Cremlino e il presidente cinese Xi-jin-ping ed è su quest’ultimo che la stampa occidentale si è divertita a costruire illazioni e titoli di giornale fuori contesto, per lasciar intendere il fallimento delle conversazioni e dei rapporti tra i due esponenti russo e cinese. E’ bastato non trascrivere i dialoghi integrali tra le due potenze, frammentarli, evitare corredi giornalistici con immagini di vicinanza fisica tra i presidenti e sottolineare l’unica cosa cui potevano appigliarsi, ossia: un diniego a fine serata di Xi alla proposta di una cena al ristorante. Xi avrebbe risposto di preferire tornare in albergo per il timore di un contagio da Covid 19, riferisce la stampa occidentale in un titolone del quotidiano ‘IL TEMPO‘. Sono briciole pettegole che poco inquadrano l’esigenza del vertice né tengono in considerazione le diversità dei Paesi intervenuti, che promuovono la sfida di ‘intendersi‘ per un nuovo progetto di scambio mondiale tra difficoltà ovvie e superabili. In effetti, sono quasi tre anni che Xi rifiuta qualunque evento mondano e di viaggiare al di fuori della Cina. Il vertice a Samarcanda è stato la prima occasione di spostamento dopo tutto questo tempo di isolamento fisico personale, dal resto del mondo. Ecco perché la sua presenza ha scatenato curiosità e clamore, per il fatto che il Presidente cinese ha considerato fondamentale l’evento di confronto con i partner commerciali. La SCO non è una organizzazione anti-NATO e lascia perplessi che l’America abbia preso a cuore questo momento come fosse una minaccia. L’obiettivo della SCO è l’interconnessione tra Paesi e territori che stringono e solidano manovre commerciali e strutturali mirate all’ordine e allo scambio pacifico nonchè conveniente delle risorse, per creare un modello di civiltà vincente. Per cui, non si è trattato di un incontro ove decidere di annientare i paesi occidentali, al contrario, ligio a creare nuove condizioni economiche che non si riducano a pendere solo da un lato congeniale agli USA. Aprire gli orizzonti, affacciarsi su possibilità multipolari, risolvere le problematiche emerse negli ultimi due anni a causa della frattura tra due mondi, per tenere insieme il tessuto territoriale, consapevolizzare il rifiuto dell’Europa ed America a collaborare per un ordine mondiale pacifico e ben spalmato, questi sono stati gli argomenti di punta di queste giornate. È rimasto segreto il contenuto di uno scambio di visioni dettagliate avvenuto tra Xi e Putin, che non si è svolto di certo in un ristorante ove sollazzare per cena. Le immagini dei due aerei che hanno portato a destinazione i leader di Russia e Cina, hanno aperto le danze nei notiziari la mattina del 15 settembre. Il leader del Kirghizistan è stato accolto per primo dalla stretta di mano, sotto i riflettori, di Vladimir Putin per una breve introduzione e  presentazione dell’evento. È seguito un confronto tra Putin e il presidente iraniano Ebrahim Raisi, anch’egli attesissimo. L’Iran ha firmato in quest’occasione il trattato di adesione alla SCO diventando ufficialmente il nono paese partner insieme a Russia, Cina, India, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Pakistan. E’ stato altresì comunicato, nel corso del vertice, che  Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Maldive, Kuwait e Myanmar riceveranno ufficialmente lo Status di partner. “La Russia ha fatto di tutto affinché l’Iran fosse membro a pieno titolo dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai; era già inteso, e attendevamo solo una ufficializzazione. La delegazione russa con i rappresentanti di 80 grandi aziende si recherà in Iran la prossima settimana”, queste le parole del leder del Cremlino in serbo per l’Iran.

In risposta, il presidente iraniano Raisi ha tenuto a sottolineare che il suo Paese non riconosce le sanzioni contro la Russia, e che grazie all’Iran l’effetto di queste ultime potrebbe essere neutralizzato. “Gli americani credono che se impongono sanzioni contro uno degli Stati, saranno in grado di fermarne lo sviluppo. Sono anni che ci impongono sanzioni ma siamo riusciti a prevenire le conseguenze. Quanto alle sanzioni contro la Russia, non le riconosceremo mai e svilupperemo le nostre reciproche relazioni bilaterali. Non ci stiamo ritirando dai negoziati, ma il mondo intero sa che gli USA sono incapaci di negoziare ed anche l’Unione Europea non sta mantenendo le sue promesse”, ha precisato il leader iraniano. “Non sono padroni della loro parola, vogliono solo comandare, vogliono prendere”, ha aggiunto Putin riflettendo sulle parole di Raisi.

Emerge da questo confronto la stanchezza, in via generale, per il metodo statunitense delle sanzioni e per le regole imposte a territori profondamente diversi dalle attitudini occidentali. In effetti, la SCO ha come partecipanti i paesi orientali di cui la maggior parte, è sopravvissuta alle tensioni sanzionatorie imposte dagli USA.

L’unico Paese che fa parte della NATO ed è stato invitato come osservatore esterno al vertice di Samarcanda, è la Turchia di Erdogan. Questo invito è scaturito, sia forse dall’esigenza di fornire ai Paesi occidentali uno specchio realistico delle situazioni laddove la stampa ed una valutazione esterna dell’evento non rende bene l‘idea di ciò che questa occasione rappresenta; sia perché Recep Tayyip Erdogan con la sua bivalenza (grazie cui riesce a stare comodo sia nelle scarpe occidentali che orientali), è un ottimo perno di dialogo che può appianare alcune importanti divergenze commerciali e di altra natura, che potrebbero innescarsi all’interno della frattura tra i due fronti. Nonché, la Turchia, è un importante scalo commerciale che non può esimersi dal ruolo geopolitico di cui è investita. Le sanzioni vengono imposte spesso dagli USA giustificate da tematiche che hanno a che fare, ad esempio, con le violazioni dei diritti umani all’interno di territori esterni ad essi, laddove però nessuna sanzione coinvolge mai l’America per i propri crimini di guerra reiterati nel tempo. Si scovano alcuni difetti di fondo nelle attitudini delle politiche estere – che poi non corrispondono alle reali motivazioni per cui le sanzioni vengono inflitte – e l’America, con queste scuse, riceve retroattivamente un guadagno economico o strategico per sé. Se non stai alle regole occidentali, per dirla in breve, verrai sanzionato. La scusa sarà quella di una ‘violazione dei diritti umani o altro, ma il vero obiettivo è, nella maggior parte dei casi, minare la stabilità di quei paesi per guadagnare terreno in ogni ambito geopolitico e aumentare il potere della leadership statunitense. Le sanzioni USA contro l’Iran, sono da tempo al centro del dibattito internazionale poiché eludono le convenzioni della Carta delle Nazioni Unite. Miravano a provocare l’arretramento dell’Iran nella regione mediorientale, ma non hanno mai ottenuto il risultato sperato. Di contro, vengono ritirate dagli americani in momenti congeniali, ad esempio alcune sanzioni secondarie vennero revocate nel 2015 all’Iran in cambio dell’interruzione del programma di arricchimento dell’uranio nelle centrali nucleari del Paese; accordo, da cui poi gli USA si sono allontanati con l’intervento di Donald Trump e successivo ripristino delle sanzioni. A prescindere dai momenti in cui esse vengono disposte o ritirate, vi è repulsione e noia per queste metodologie, ragione per cui è scontata la posizione dell’iraniano Raisi in merito all’argomento anche quando si tratta di imporle alla Russia. Fermo restando che Mosca, ha saputo destreggiarsi bene nel fango americano ed europeo provocando il volo indisciplinato di un boomerang, tornato in faccia all’Europa. Altro confronto interessante, è stato quello con il Primo ministro pakistano Shehbaz Sharif. Il dialogo si è aperto con le condoglianze di Vladimirovich per le perdite subite in seguito alla tragedia climatica biblica delle alluvioni, che hanno colpito il Pakistan.

Oltre un terzo del territorio è praticamente sott’acqua. Le città hanno lasciato posto ad un lago melmoso, una superfice ora calma e silenziosa che domina il paesaggio e nasconde ciò che era la vita e l’attività cittadina, fino a poco tempo fa. Si parla di oltre 1500 persone che non sono sopravvissute, una gran quantità  di sfollati, gente rimasta senza casa che ha difficoltà nell’approvvigionamento alimentare o di accesso all’acqua potabile. Putin ha espresso cordoglio e assicurato sostegno al Pakistan attraverso l’invio di ulteriori aiuti umanitari russi. La discussone si è poi spostata alle linee commerciali energetiche, praticabili tra i rispettivi territori. Alcuni contrasti sembrano esserci stati tra Sharif e Narendra Modi (India), quando Sharif si è mostrato scettico su una proposta del leader indiano basata sulla connettività all’interno dei Paesi membri della SCO, attraverso “diritti di transito gratuito”. Sharif ha sottoposto di provvedere ad un piano di connettività forte con i Paesi dell’Asia Centrale ove tutti, compresi i territori vicini, avranno diritto di pieno transito. “Sarà una vittoria per tutti i Paesi Membri SCO”, ha osservato con entusiasmo. Il primo ministro indiano Modi aveva a suo tempo criticato il Pakistan per aver bloccato gli aiuti all’Afghanistan negando i diritti di transito all’India. Ecco il perché delle tensioni tra Modi e Sharif durante il vertice; si prevedeva ci sarebbe stato un confronto diretto tra i due leader proprio per risolvere alcuni nodi atavici, ma  questo non è tuttavia avvenuto. Secondo Sharif, poiché il Pakistan è vicino all’Afghanistan, ciò che accade a Kabul ha impatto anche su Islamabad ed ecco perché la pace in Afghanistan garantirebbe quella nel Pakistan.    Narendra Modi,  in rappresentanza di quella saggia India rimasta in posizione neutrale sui fatti d’Ucraina, si è confrontato invece, col leader russo, dapprima in atteggiamento mimico tendente alla speranza, poi più fiducioso e rilassato nel prosieguo del vertice, in attesa di chiarimenti per la questione sul fronte kieviota. È stato rassicurato da questo punto di vista: il presidente russo ha riferito che Kiev non ha alcuna intenzione manifesta di negoziare, ma Mosca farà di tutto affinché ciò sia reso più possibile, anche perché non esiste l’intenzione di proseguire ad oltranza la situazione conflittuale. Dall’altro lato, ha però precisato che la Russia non ha fretta sul versante delle manovre militari che si susseguono con piccoli passi nel tempo, come è nello spirito dell’operazione attraverso cui si mira alla liberazione del Donbass.  Il danno all’India riguarda il transito delle merci, soprattutto aiuti umanitari alle popolazioni più bisognose reso difficile dalle sanzioni.  Putin, ricordiamo, aveva già chiesto l’intervento dell’ONU per risolvere lo sblocco del transito dei fertilizzanti. In realtà, c’era stato un primo margine di accoglimento rispetto a questa richiesta anche se non è poi andato come atteso. Infatti, la Commissione Europea avrebbe dovuto revocare la sanzione sui fertilizzanti. Così non è stato, lo ha fatto esclusivamente per i paesi membri dell’UE mentre le ha mantenute in vigore sul transito in altri Paesi, per cui, ci sono tutt’ora criticità. E’ il motivo per cui Putin ha richiesto un intervento esterno atto a colmare il paradosso che è contro la sopravvivenza delle popolazioni. 

XI E VLADIMIROVICH:

Nel primo pomeriggio del 15 settembre si è svolto l’incontro più atteso,  tra Vladimir Vladimirovich e Xi-jin-ping (che ha riavuto un approfondimento personale agli ospiti, sia da parte del leader cinese che di quello russo, nella seguente giornata del 16 settembre).

Caro Presidente Putin, mio caro amico di lunga data, sono felice di rincontrarti di nuovo. Di fronte ai colossali cambiamenti del nostro tempo su scala globale, senza precedenti nella Storia, siamo pronti con i nostri fratelli russi a dare l’esempio di una potenza mondiale responsabile e svolgere un ruolo di primo piano al fine di mettere in scena in un mondo in così rapido cambiamento, la traiettoria di uno sviluppo sostenibile e positivo”.

Queste le parole di apertura di Xi, e Putin non è stato da meno. Ovviamente, in questo caso la posizione di Putin è delicata perché è vero che è stato un uomo solerte che ha dato grandi prove durante l’operazione speciale in Ucraina, ma è anche vero che la Russia non è la più grande potenza sulla scacchiera geopolitica, perlomeno non da sola (per quanto la Russia abbia sempre dimostrato la tempra che le ha permesso di resistere a qualsiasi fenomeno storico nel corso delle epoche). La Cina può essere un grande alleato, ma anche insidiosa per la Russia; per cui è necessario mantenere equilibrio. “Sosteniamo insieme un mondo giusto, democratico e multipolare basato sul diritto internazionale e sul ruolo centrale delle nazioni unite, e non su alcune regole che qualcuno ha escogitato e sta cercando di imporre senza spiegare di cosa si tratta” – espone Vladimir Putin – “I tentativi di creare un mondo unipolare hanno fallito e recentemente assunto una forma molto brutta, sono inaccettabili per la stragrande maggioranza degli Stati del Pianeta. Apprezziamo molto la posizione equilibrata dei nostri amici cinesi in relazione alla crisi ucraina. Comprendiamo le vostre domande e preoccupazioni su questo argomento, e durante l’incontro di oggi spiegheremo in dettaglio la nostra posizione su questo tema anche se ne abbiamo già parlato in precedenza”. Queste le rassicurazioni del presidente russo a Xi. Aggiunge anche che:


Da parte nostra aderiamo fermamente e concretamente al principio di ‘una sola Cina’ condannando le provocazioni degli Stati Uniti e dei suoi satelliti nello stretto di Taiwan”.

LE REAZIONI DEGLI USA ED EUROPA PER IL RAFFORZAMENTO DELL’ASSE CINA/RUSSIA A SAMARCANDA:

Nel contempo di queste prime battute a Samarcanda fra Xi e ‘il caro amico di lunga data’ Putin, gli USA hanno mostrato cedimenti comportamentali e attuato tentativi tendenziosi di spaventare l’opinione pubblica muovendo propaganda antirussa, lasciando trapelare l’indiscrezione di una revisione della proposta di considerare la Russia un ‘paese terrorista’ – nonostante una prima obiezione dello stesso Joe Biden posta in essere solo qualche giorno fa; in questo caso, la Russia verrebbe ulteriormente sanzionata e privata di alcune risorse necessarie, specialmente dal punto di vista tecnologico. Kiev sta a tal proposito allestendo l’ennesimo show delle fosse comuni e torture agli abitanti ucraini – questa volta non ci troviamo a Bucha ma ad Izyum dopo la ritirata russa da quelle zone. Già è però palese la menzogna di incolpare la Russia di crimini di guerra poiché i reporter di importanti testate presenti sul posto da giorni per documentare i fatti di Izyum, tra cui i professionisti del ‘Daily Telegraph’,  hanno riferito che ‘Quando i russi sono andati via, cadaveri martorizzati non ce n’erano e sarebbero saltati fuori all’improvviso solo al rientro dei militari ucraini’.

Si suppone possa trattarsi di quei cittadini che Kiev considera traditori per aver accettato aiuto e documenti russi, che vengono arrestati, prelevati dalle case e dalle strade o uccisi per queste ragioni su ordine di Kiev. Inoltre, le forze militari neonaziste ucraine stanno rinvenendo i corpi dei propri militari, che sarebbero poi gli stessi sepolti nei giorni e mesi  passati dai russi dignitosamente, al rifiuto ucraino di riprendersi indietro le salme dei propri combattenti morti in battaglia nei territori controllati dai russi.

XI JINPING A SAMARCANDA: ADDIO AL DOLLARO E ALLE RIVOLUZIONI COLORATE.

Xi, ha esortato i partner della SCO a utilizzare le proprie valute di scambio per i propri affari e di evitare il ricorso al dollaro. Si procede verso la de-dollarizzazione per depotenziare la supremazia statunitense. Inoltre, il leader cinese ha chiamato a sé il turco Erdogan. Secondo Xi, un avvicinamento di Pechino ad Ankara ed una concatenazione di impegni sino-turchi potrebbe essere indispensabile per determinare la rotta del nuovo modo di pianificare le relazioni internazionali e la multipolarità, in opposizione agli standard imposti da Washington. Il presidente cinese ha chiesto a Erdogan di alzare il livello delle loro comunicazioni politiche e connessioni. Erdogan si è confrontato anche con Vladimir Putin, in un momento in cui gli USA fanno pressione sulle banche turche (per il fatto che la Turchia ha accettato con benevolenza l’ipotesi del pagamento russo MIR). Putin ha detto al leader turco che,come da accordi, la Turchia pagherà il 25 % del gas russo in rubli nel prossimo futuro, riconfermando la parola già data. Cruciale il colloquio di Putin con la Mongolia alla presenza del presidente cinese: è stato annunciato il progetto del gasdotto verso la Cina attraverso la Mongolia e riferiti i dettagli di ultimazione.   Si sono consultati anche i leader di  Kirghizistan e Tagikistan, i quali,  hanno convenuto alla richiesta di una indagine interna sulle motivazioni scatenanti che hanno rinvigorito la scintilla dei conflitti sui confini dei loro territori, pianificando a tavolino il ritiro delle rispettive truppe militari. Xi- jin-ping ha infatti esortato ad evitare l’innesco di guerre civili ed implosioni nei territori partner SCO, soprattutto per il pericolo di influsso esterno ed ingerenze statunitensi. Epocale la frase non casuale e sottintesa di Xi, con cui ha preteso rispetto dagli Stati Uniti: “Nessun Paese straniero può incitare rivoluzioni colorate nei paesi Sco”. (16 SETTEMBRE 2022). Contemporaneamente, è echeggiato – esternamente al vertice in Uzbekistan – l’ammonimento di Song Zhongping, analista militare cinese che ha colto al balzo un’esternazione del generale Saltzman, quando quest’ultimo ha avvertito il Congresso degli Stati Uniti che l’Esercito Popolare di Liberazione cinese rappresenta una minaccia per i sistemi spaziali statunitensi. Song ha dichiarato che ‘Se gli Stati Uniti oseranno infastidire la Cina, creare il caos, le armi cinesi distruggeranno senza dubbio i satelliti americani e quindi dovrebbero pensarci due volte prima di impegnarsi in una provocazione’. Intanto, il Governo della Repubblica Popolare cinese ha imposto sanzioni ai dirigenti di Raytheon Technologies e Boeing Defence, dopo che hanno venduto armi a Taiwan per svariati miliardi di dollari. Samarcanda è tramontata con la conferenza stampa di Vladimir Putin. Il presidente ha risposto alle critiche occidentali, alle aspettative sul conflitto ucraino, ai suggerimenti di chi vorrebbe una Russia più poderosa contro Kiev e meno ponderata e quieta militarmente.

Putin ha evidenziato che, a suo parere, la reazione russa alle provocazioni militari ucraine ‘non è poi così moderata’ anche se assistono ogni giorno ad attentati terroristici, manipolazione dei fatti di guerra attraverso i mass-media, tentativi di danneggiare le infrastrutture civili. “Siamo limitati nella risposta a ciò, ma solo per il momento. Più recentemente le forze russe hanno assestato un paio di colpi delicati e se la situazione continua a svilupparsi in questo modo, la risposta sarà più seria. Al momento le decisioni vengono coordinate dallo Stato Maggiore Generale, la liberazione del Donbass sta andando a un ritmo lento , ma gradualmente, gradualmente, l’esercito russo sta prendendo possesso di nuovi territori”. Così ha osservato Vladimir, tenendo a precisare che per ora la Russia ha messo in campo pochi uomini e mezzi rispetto a ciò che potrebbe realmente fare anche perché, sostiene, ‘una operazione speciale non equivale ad una guerra e va bilanciata in questo senso’. Vladimir Putin ha sempre vissuto gli avvenimenti in Ucraina come distanti dall’idea di una guerra, vicini ad un intervento militare più pacifico, mirato alla liberazione dei territori sotto egemonia nazista. Siamo tutti noi a vedere, invece, lo spettro della guerra ovunque: forse perché la propaganda ci spinge in quella direzione e non siamo abbastanza acuti per cogliere le differenze di impatto. Allora, dovremo preoccuparci qualora l’attività del Cremlino si allargasse al concetto di ‘dichiarazione di guerra‘, perché si tratterebbe di una crisi che ci travolgerebbe anche da punti di vista fino ad oggi mai visti.

Ciò di cui dobbiamo essere certi è che non è stato Putin a dichiarare guerra e probabilmente: lui non si sente in guerra dal punto di vista militare. Si sente coinvolto in quanto ‘promotore di un cambiamento geopolitico’ che metterebbe a tacere il dominio baldanzoso degli USA. E’ più concentrato su nuovi orizzonti commerciali, impegnato a solidare  alleanze per creare nuove opportunità territoriali per sé e per gli altri.

Un’ impresa titanica che solo i leader più intelligenti intorno a Putin, sono capaci di cogliere.

Il presidente russo è apparso cauto durante il vertice, non in difficoltà ma consapevole del momento storico, degli attriti, del fatto che è proprio la Russia a rappresentare l’elemento di fusione che può rendere possibile: o la vittoria americana su tutti, oppure il progetto di un mondo nuovo in un clima più disteso per l’umanità. Una responsabilità da cui non si tira indietro. Sa di rivestire una posizione scomoda che alcune potenze anche amiche, lo guardano con perplessità (ma poichè sono curiose di una nuova visione condivisibile, non disdegnano il progetto e lo corteggiano). Sa anche che con l’operazione in Ucraina ha sballato i piani di un’agenda confezionata da oltre 30 anni. Certo, i popoli temono comunque, in parte, l’idea di un secondo Ordine Mondiale benchè multipolare. Il timore si supererebbe solo se le popolazioni si assicurassero il proprio spazio in questa nuova idea di mondo,  dando voce alle esigenze, rendendosi partecipi. Nel momento in cui il presidente russo si sentirà in guerra, e la dichiarerà ce ne accorgeremo tutti e capiremo la differenza tra due azioni militari simili ma opposte. Samarcanda si è conclusa con la visione apostolica di tre messaggeri di notizie bibliche che appoggiano i palmi delle mani uno sull’altro. Tre, il numero perfetto che incarna la triade cristiana ma anche la visione spirituale di altre dimensioni religiose (o anche non religiose): Xi jin Ping, Vladimir Vladimirovich Putin e Narendra Modi vengono immortalati da un fotografo in un momento di raccoglimento privato ed amichevole, spontaneo e non pilotato, ove cui convergono con le mani a stabilire un patto di fiducia. Il vertice è stato difficile, vi sono confluiti ritmi di pensiero e stili di vita musicalmente opposti. La difficoltà deve essere superata dalla volontà di perseguire obiettivi convenienti a tutte le parti in gioco. L’abilità è trovare i punti di congiunzione anche su questioni ove cui regna il disaccordo: appianare il terreno per poter piantare i semi da cui nasceranno gli alberi! E chissà se si riuscirà a tagliare il traguardo. Chissà se in questo oceano spaziale di affari tra potenti, anche i popoli potranno essere investiti della possibilità di avere una voce, sempre che abbiano il coraggio di farsi sentire, non cadere come meteore, ed esprimere la voglia di esserci.

17-09-2022 – PAOLA MORA – Qui Radio Londra         

 

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