UN PUNTO DI VISTA DIFFERENTE RISPETTO ALLA DECISIONE DELLA CORTE SUPREMA IN AMERICA, SUGLI ABORTI.

Scrolliamo la sabbia sulle realtà sociali americane. Cosa ha spinto dopo 50 anni, la Corte americana, a prendere questa decisione così delicata? Deve avere avuto una ragione fortissima! La risposta è nella mafia che non vogliamo vedere, nei dietro le quinte che annebbiano la maternità!

UN PUNTO DI VISTA DIFFERENTE RISPETTO ALLA DECISIONE DELLA CORTE SUPREMA IN AMERICA, SUGLI ABORTI

Con estrema civiltà e delicatezza, proverò ad esprimere le mie osservazioni e sensazioni sulla tematica dell’aborto, e mi distaccherò di molto dall’ottica che oggi pare comune, forse priva delle valutazioni specifiche che occorrerebbero per snocciolare in maniera più matura l’argomento, secondo cui vi è un attentato alla libera scelta femminile. Mi spiego: comincio con l’osservare che in Italia l’aborto non è un diritto costituzionale vero e proprio, immagino perché una società civile è fondata sulla vita e sulla preservazione d’essa; ad esempio, mettiamo il caso che un cittadino voglia suicidarsi lanciandosi da un balcone o uccidere qualcuno, la comunità sceglie, per quanto riesce, di sostenere chi attraversa momenti critici personali che spingono ad atti inconsulti o distruttivi.  Esiste una legge in Italia che regolamenta l’aborto pur non essendo un diritto costituzionale vero e proprio, consolidato come negli USA. C’è da dire che fino a un certo momento storico, l’aborto in Italia era illegale e punibile dalla legge ed è stato questo il motivo per cui le donne, di fronte a reali problematiche, si sono sentite in diritto di difendere la propria libertà di scelta. Dopo queste rivoluzioni sociali,  si è deciso che pur non rientrando l’aborto nei diritti costituzionali a pieno titolo, la legge riconosce il margine di diritto alla scelta della donna, fermo restando che non deve superare i termini definiti per la tutela della vita in modo che vengano rispettati due esseri viventi e non uno soltanto, in una comunità direzionalmente pro-vita. La Legge 194 del 1978, è quella legge in base alla quale ogni donna può abortire entro i primi 90 giorni (12 settimane di gestazione) o per motivi di salute – cioè quando la donna è in pericolo di vita causa gravidanze pericolose – oppure per motivi  economici, sociali, familiari e per motivi che dipendono strettamente dalla volontà della donna.

La differenza rispetto all’America, è che la società italiana incoraggia la madre alla vita attraverso una costituzione che si appoggia sulla famiglia e non il contrario, pur sostenendola legalmente nei casi limite in cui non è predisposta a sostenere una maternità.  Il risultato di questa politica, è che attualmente l’Italia è uno dei paesi ove scarseggiano le organizzazioni pro-aborto, esistono le strutture ove procedere agli aborti seppur non diffuse come in altri paesi ma poiché la società giuridica e comunitaria si basa sui valori alla vita, siamo anche tra i Paesi ove le donne abortiscono poco per scelta, e preferiscono salvaguardare la prole nonostante le difficoltà. In Italia, per intenderci, andrebbe riformata la sanità in todo a livello di risorse e personale, ma i principi morali ed etici su cui ci si è poggiati fino a prima del Covid19 rispetto al diritto del malato, non erano così male! Ovviamente, se esistessero più leggi nel mondo per sostenere le ragazze madri o le donne in difficoltà, non ci sarebbe bisogno di implementare le pratiche abortistiche, perché le donne  si sentirebbero più protette dalla comunità e vi ricorrerebbero meno spesso. In America in questi anni, a differenza dell’Italia che ho preso come margine di paragone, si è verificato un fenomeno diverso e assai preoccupante. E’ questo che probabilmente ha spinto la Corte a fare retro-front su un diritto Costituzionale oramai obsoleto, forse troppo pericoloso per le condizioni attuali negli USA.

Difatti in America,  è schizzato come tendenza un duplicamento delle pratiche dell’aborto, e ci si è avviati ad una cultura societaria anti-madre ove cui la donna viene poco protetta e sostenuta dal punto di vista della ‘madre che mette al mondo una vita, ed incoraggiata invece a togliere la vita al piccolo (soprattutto nel momento in cui, ritrovandosi da sola con una decisione difficile, si affida ai consigli delle organizzazioni e dei centri predisposti). Sono nate come funghi associazioni ed organizzazioni asetticamente pro- aborto, le quali poggiano su una politica ideologica per l’appunto ‘abortista’. Non sono luoghi ove la donna si interfaccia con professionisti che la stimolano ad un minimo di riflessione, anzi l’aborto essendo costituzionalmente un obbligo medico protetto da più leggi, viene effettuato con estrema leggerezza ed anche oltre i famosi 90 giorniNon solo.

A finanziare l’attività di questi centri, sono altrettante organizzazioni oltre che lo Stato, le quali speculano sul traffico di organi, feti abortiti e cellule staminali che nell’epoca della tecnologia abbinata all’essere umano, rappresentano l’oro mondiale del profitto. Il giro di miliardi in America che vive della morte dei nascituri statunitensi o dei nascituri degli immigrati, è impressionante: molto spesso il riciclo di denaro e la vendita degli organi strappati dalle piccole creature – quando le gravidanze sono interrotte ad uno stadio avanzato – è svolto nella illegalità commerciale fondata su un aborto legale fino ai massimi termini.

Negli USA la piaga sociale è evidente, le donne vengono anche pagate per mettere al mondo pargoli che poi vengono rivenduti, ceduti alle coppie che non possono avere figli, oppure incoraggiate dalle strutture alla pratica dell’aborto quando le si vede in difficoltà, e di conseguenza i residui organici del feto alimentano l’industria della mercificazione dei corpi e dei trapianti.  Negli ultimi mesi il presidente Joe Biden ed il partito democratico,  lavoravano ad una maggiore estensione della pratica degli aborti fornendo scudi penali ai medici e finanziamenti generosissimi alle cliniche pro- aborto, per soddisfare l’esigenza di quello che in gergo si chiama “aborto tardivo” – oltre i termini e quindi possibile al nono mese di gravidanza. Il motivo forse è molto semplice, solo che preferiamo non farci caso. Si tratterebbe di fornire scudi penali ai medici rispetto a creature ben fisicamente formate, i cui organi vitali sono – a naso – merce golosa per molti mercati.

E’ molto difficile che una donna scelga di attendere fino al nono mese, ma evidentemente esiste una struttura propagandistica di appoggio che educherebbe e rassicurerebbe la donna sul pieno sostegno di alcune cliniche rispetto a questa decisione. L’aborto tardivo è concesso per legge nei paesi più civilizzati solo quando la donna è in fortissimo pericolo di vita e si trova a dover optare per la rinuncia del piccolo, in una situazione limite ben precisa. In sostanza, si deduce che nei Paesi pro-vita ed anti-aborto democratici e costituzionali, grazie alle lotte del passato, non esiste un vero e proprio divieto di abortire e se la donna è in pericolo di vita può ricorrervi sempre, così come può deciderlo entro i primi mesi di gestazione.

Questo perché esiste il diritto di scelta sul proprio corpo che è sacrosanto, ma esiste anche la riflessione secondo cui si tratterebbe a un certo punto, non di una scelta legata solo ad un corpo che corrisponde a  quello della madre, ma a due corpi di cui uno, è all’interno del ventre. Ecco perché si è creduto opportuno nella maggior parte dei casi, sostenere la libera scelta della donna in difficoltà, ma contemporaneamente stabilire un momento limite per procedere rispetto alla crescita dell’embrione, pari all’idea e al valore umano secondo cui: esiste anche un altro individuo da preservare che si nutre dalla madre, ma che è in grado di muoversi, ha le proprie piccole dita e parti del corpo che gioiscono all’interno della placenta.

In America, la corsa più politica che materna all’aborto senza alcuna limitazione di stampo umano, lascia pensare più al tentativo di sostenere ed alimentare i mercati biologici, che non la libertà di scelta. E’ auspicabile, infatti, che in una società in cui le donne vengono facilitate ad abortire per mentalità indotta dalle istituzioni e pubblicità, le madri si lasciano suggestionare dalla prospettiva anti-materna e sono incoraggiate proprio dalla idea che la comunità e lo Stato sono anti-vita. Non verrà vietato totalmente e drasticamente l’aborto, per cui la preoccupazione eccessiva dei mass-media che poi trascinano dietro alla propaganda le folle,  forse è stucchevole, non ha ragion d’essere. Semplicemente, decadendo un diritto costituzionale, la società americana si ridimensiona sul valore della vita e della famiglia, i medici che consigliano gli aborti e spingono ad abortire per arricchire i mercati sono soggetti a procedimenti penali,  ed ogni Stato può regolamentare la questione degli aborti autodisciplinandola. Probabilmente, tutto questo è visto nella prospettiva in buona fede di limitare la mentalità abortista e distruggere la piaga dei mercati biologici di riferimento che  approfittano delle vulnerabilità, ed abituano le donne ad una visione leggera sul significato che ha abortire, attraverso un sistema pubblicitario e di slogan. Per cui, verrebbe ridimensionato per legge il numero delle settimane in cui si può optare per la gravidanza proteggendo così sia la vita e libertà di scelta della donna, che un bimbo considerevolmente ‘formato’. L’aborto diventa illegittimo realmente, solo in quanto cardine su cui poggia la società, controllato, ed in virtù dell’esistenza negli USA di una mafia preoccupante sui feti abortiti, cellule staminali, traffico di organi ecc…

Se questa mafia non esistesse in America e non fossero state fondate associazioni per mero profitto privato nascoste dietro organizzazioni umanitarie abortistiche, non ci sarebbe stato probabilmente bisogno di rettificare il diritto costituzionale, poiché le donne non sarebbero state spinte così fortemente ad abortire con facilità; avrebbero avuto il sostegno di una  comunità pro-vita che non avrebbe tuttavia mai negato loro di optare per l’aborto come ultima sponda, offrendo anche vie di scelta in senso opposto.

Più la gravidanza è avanzata più  è barbara la esecuzione chirurgica, ed il feto soffre le pene dell’inferno. La pillola abortiva non è sostenibile da sola, quando il bambino ha superato certe dimensioni fisiche e non è più allo stadio embrionale.

In alcune pratiche viene dilatato il collo dell’utero, estratto il feto tirandolo per i piedi mentre solo la testolina rimane all’interno. Il cranio viene poi perforato e il corpicino fatto a pezzi. Altri metodi consistono nell’avvelenare con il cloruro di potassio il bambino, iniettandoglielo direttamente nel cuore. Questo, è ciò cui ci si stava avviando nella civile America del 2022 dietro la scusa compassionevole  della libera scelta delle donne!  Secondo una recente statistica su New York, i medici su territorio si spingono in un ambito controverso anche dal punto di vista legale, protetti dall’ obbligo all’aborto in via costituzionale, contraddicendo il Codice penale che in 38 Stati sanziona la morte procurata di un infante nell’utero. Fino al 23 gennaio scorso, se una donna incinta veniva ferita ed il bambino moriva, la morte del bimbo veniva considerata omicidio. Il ‘Reproductive Healt Act‘ ha eliminato nel 2019 questa protezione, servita come deterrente per i casi di violenza privata domestica sulle donne incinta. Ecco perché ci si è spinti anche per la materia dell’aborto volontario di una donna ai limiti della decenza, sponsorizzando gli aborti al nono mese di gestazione.

Non si poteva continuare su questa strada! Ed è questo il motivo che probabilmente ha spinto la Corte ad una decisione epocale per tentare di bloccare il meccanismo delle cliniche pro-aborto, secondo cui l’aborto negli USA non è più considerato un diritto costituzionale ma può essere regolamentato da ogni Stato  in modo da venire incontro alle donne della libera scelta, ed anche al bambino in grembo.  Più che un attacco alla donna, è più un attacco strutturale alla mafia abortista.

La gente che vive della pubblicità abominevole delle organizzazioni pro-aborto (che a mio parere dovrebbero essere illegali e sostituite con organizzazioni in sostegno alla donna che si occupano di lei e del bambino in chiave più umana e morale, anche quando la donna è proiettata su un aborto) crede che con il decadimento costituzionale in atto, la donna non possa più abortire o venga abbandonata in queste tristi circostanze. È ridicola come visione, piuttosto semplicistica. La bravura dei governanti negli USA, secondo il mio parere, dovrà essere quella di trovare una giusta chiave di equilibrio e sostegno, leggi pratiche e non troppo complesse che sostengono anche gli aborti ma nei limiti. La professionalità viaggerà sul dialogo con le donne e con le rappresentanze dei ceti più poveri, per trovare soluzioni atte a sostenere le donne incinta, creare situazioni armoniose per cui la donna si senta più protetta e meno indirizzata all’aborto. Se si riesce a procedere in questo modo, e contemporaneamente si mette fine al mercato nero quasi legalizzato che come una piovra attanaglia gli USA, credo ci si possa ritenere vittoriosi in quanto esseri umani. Una chance, da donna, a questa azione della Corte Suprema, la darei senza allarmarmi eccessivamente. Da indiscrezioni, la maggior parte degli Stati sembra avere intenzione di regolamentare l’aborto senza tuttavia abolire totalmente la pratica. A decidere saranno i governatori di ogni Stato eletti democraticamente dai cittadini, e non le cliniche private e le organizzazioni pro-aborto che gongolando su un obbligo per diritto costituzionale e sugli scudi penali, si sentono legittimate ad ‘educare le donne alle pratiche abortistiche‘  con l’idea che stanno contribuendo ad un semplice diritto di scelta, senza tenere conto della percezione che: esiste anche la bellezza di una vita umana. Approfittano delle donne e dei momenti di paura e crisi delle stesse,  per i propri giochi di mercato. 

La legge sull’aborto in Italia non ha motivo di essere abrogata come in America,  perché l’aborto non è visto come un vero e proprio diritto costituzionale, bensì come un ‘sostegno alle donne’ che per libera scelta prendono questa decisione  in una società ‘sana’ e proiettata alla vita; non ve ne è alcun motivo, poiché in genere le cliniche italiane accompagnano le donne in maniera differente e non vi è alcun allarme, per il momento, che possano prolificare le ‘organizzazioni della morte‘. Non c’è quel tipo di mercato in Italia ad oggi, non in misura eccessivamente estesa. Forse, si dovrebbe lavorare sulla tolleranza familiare nel momento in cui una ragazza decide di abortire. Il traffico biologico e dei corpi, avviene in Italia in maniere differenti poiché la mafia, non attecchisce in modo dominante sulla psicologia delle donne incinta italiane. L’allarme riguarda invece  la sparizione dei bambini, quelli che  vengono rapiti, che scompaiono. Probabilmente le reti della pedofilia sono le predominanti. Il mercato degli aborti esiste, ma è più difficile a livello strutturale.

In diversi Paesi nel mondo tra cui svetta l’Ucraina, è noto come siano state avviate vere e proprie indagini poiché si sospettava che dopo la nascita dei propri piccoli, le madri se ne vedessero private nonostante gli infermieri avessero rassicurato, subito dopo il parto, che i nascituri stavano bene. I bambini, venivano presumibilmente dichiarati morti per complicanze ma  veniva impedito alle mamme di vedere la salma.  Essendo un fatto molto ricorrente, le madri hanno ritenuto opportuno richiedere delle indagini in proposito. In una interrogazione parlamentare europea, in seguito ad alcune inchieste riportate dalla BBC, si discuteva ad esempio di queste pratiche illecite su cui esistevano prove assai schiaccianti; dalle salme riesumate dei neonati su richiesta di indagine, era emerso che i bambini appena nati avevano subito il prelievo degli organi e delle cellule staminali. Questi fatti sono stati sempre tuttavia poi messi a tacere, mai approfonditi forse perchè,  come dicevamo, il traffico di organi e cellule staminali che riguarda i bambini, i feti, i neonati, frutta miliardi in termini di business. Spesso, ad essere implicate sono personalità potenti, molto benestanti ed organizzazioni ben strutturate che sfruttano le minoranze soprattutto etniche. Basti pensare che nel 2013, quando salì agli onori della cronaca il crimine ‘francese’ sul trasporto illegale di 103 bambini provenienti dal Ciad, presentati come orfani della guerra del Darfur –  noto come ‘l’Arca di Zoè’  – ci sono stati con molte difficoltà solo un paio di arresti intesi come pena di due anni di carcere per gli esecutori principali, mentre altri quattro imputati se la sono cavata con sei mesi e un anno di carcere con la condizionale, dopo un processo svoltosi presso il tribunale di Parigi;   si trattava di una associazione nella quale, suppongo vivamente, ci fosse molto più che la mera connivenza di soli sei imputati; questo lascia presumere che tutta l’impalcatura nascosta della suddetta organizzazione o di chi si rivolgeva ad essa per il mercato dei bambini, sia rimasta in piedi benchè zoppicante. È in questo contesto che quindi dovremmo inquadrare la decisione della Corte Suprema americana e non superficialmente mosse, come donne, dal puntiglio della preservazione di una libertà femminile che non viene neanche forse realmente lesa in se’. Ho anche sentito alcune dichiarazioni di Joe Biden, secondo cui… ‘questa decisione è anche una sconfitta per la ‘libertà di genere’,  mi sono chiesta il perché. Forse perché esistono donne cui non piace essere donne, preferiscono trasformarsi psicologicamente e fisicamente in uomini, e dunque, se accade che hanno un rapporto sessuale e rimangono incinta non potrebbero abortire e salvare la propria scelta di genere? Intanto, credo con intelligenza che un margine per abortire sia possibile a tutte in America, a prescindere dal decadimento del forte diritto costituzionale. Nella giornata di oggi, in Texas Joe Biden ha chiesto di bloccare la nuova legge sull’aborto, ma il Texas ha respinto l’offerta e dunque ad esempio “vieta l’aborto dopo le prime sei settimane, mentre rimane possibile abortire nei termini stabiliti. In Arizona, il disegno di legge vieta gli aborti salvo pericolo per la vita della donna, dopo le 15 settimane di gravidanza.

26 Stati americani stabiliranno molto probabilmente delle limitazioni, previa illegalità costituzionale  della pratica (resta sempre concesso l’aborto in caso di rischio per la vita della donna) ma l’aborto non sarà automaticamente illegale ovunque proprio perché la decisione è dismessa ai governatori (fermo-restando che diventano più punibili e più monitorati tutti i percorsi clinici ed educativi, atti a spingere insistentemente le donne alle interruzioni; questa tipologia di struttura è forse destinata a chiudere i battenti).  In California, al contrario, il governatore ha deciso di rimanere nella ottica cinquantennale già nota e di creare uno scudo protettivo per chiunque pratichi l’aborto o per le donne che vogliono abortire, quindi promuoverebbe  l’aborto in tutte le sue forme, probabilmente anche quelle più estreme. In California l’aborto resta legale e senza alcuna limitazione da prendere in considerazione, nonostante il decadimento dell’aborto in quanto diritto costituzionale negli USA.

Personalmente, mi riterrei contraria alla decisione della Corte… solo se, in quanto donna, mi rendessi conto che viene vietato qualsiasi tipo di approccio all’aborto, quindi se si trasformasse in un ordine categorico ed imprescindibile e la donna fosse sempre ‘ricattata di dover avere il bambino  anche senza concedere un limite alla interruzione, ad esempio quando è in pericolo di vita o non se la sente di andare avanti.Un margine alla libera scelta sul proprio corpo si deve sempre permettere, ed il fatto di reagire come comunità può derivare solo dalla coscienza umana che esiste anche la vita del bambino oltre quella della madre. Credo più intelligenti quegli Stati ove cui l’aborto è limitato poiché incostituzionale, e non abolito completamente ma tendente ad una via di mezzo, fatta di dialogo e sostegno, in modo che si possa creare una educazione materna e paterna stabile per cui: oltre un certo limite la questione non riguarda solo la donna ed il suo corpo, ma anche il bambino con un corpo tutto suo, a pochi passi e a pochissimi mesi dal vedere la luce. Auspico una società in cui  la donna non viene coccolata in quello che, oltre limite, equivale ad un assassinio in cui il bambino soffre tragicamente, ma mentalmente viene predisposta dalla comunità solidale al senso materno di protezione responsabile anche in prospettiva di un aborto; in cui insomma ci si dispone umanamente, quantomeno a svolgere la pratica d’aborto secondo una tempistica accettabile e non delittuosa. I test di gravidanza dovrebbero essere gratuiti per tutte le donne in modo che possano sempre accedere per tempo ad un controllo sullo stato presumibile di gravidanza, quindi evitare di accorgersi troppo tardi della presenza di un germoglio.

Trovo che vadano implementate le strutture di sostegno per le donne incinta che sono in difficoltà economiche, sociali, psicologiche; portata avanti una politica di rispetto verso le donne che scelgono in condizioni difficili di abortire senza che prevalga il mal giudizio, in modo che possano fidarsi della comunità anche rispetto a questi argomenti delicatissimi. L’aborto non deve rimanere un tabù, ma essere introdotto in una comunicazione sociale pro-vita che riesce contemporaneamente a comprendere le ragioni della donna che si proietta verso la scelta di morte, ma che se lo fa coscientemente senza scadere nella zona confort dell’abominio sociale, ha il sostegno di tutti. Sono per il limitare il desiderio di abortire ed accettare di poter essere mamme, anche più responsabili sessualmente se si vive con precarietà e nella insicurezza.

Ci scandalizziamo di quella madre, Martina Patty, che ha massacrato la sua bambina di cinque anni e non di una donna che decide al nono mese, senza essere in pericolo di vita, di sospendere il battito di un bambino praticamente pronto al mondo, sensibile e sensiente ( magari con il benestare e l’aiuto economico delle organizzazioni pro-aborto che speculano sul ricavato organico). Ci scandalizziamo di un uomo che prende a calci il ventre di una donna visibilmente incinta e provoca la morte del feto, però se la donna arriva al sesto, settimo, nono mese per prendere la decisione di abortire – soprattutto se sa di poter ricavare anche un compenso in denaro sottobanco –   allora tutto rientra in una libera scelta nonostante il bambino sia una creatura viva più che mai. In questo momento storico, sulla stampa giornalistica locale americana, si legge dell’arrivo di ‘carovane di donne proveniente da altri Stati’ – anche giovanissime al di sotto dei sedici anni – nelle cliniche situate in quelli che vogliono rimanere permissivi, anche se per la maggiore si stanno stabilendo semplicemente ‘limitazioni tempistiche di interruzione’. Queste donne sono pronte, dice la stampa, a compiere lunghi viaggi per interrompere le gravidanze. Ora, la locuzione ‘carovane di donne’ è oltremodo tragica, perché scrolla dalla sabbia tutta la rete commerciale delle organizzazioni abortistiche. Si rileva insomma, che la propaganda degli aborti ha attecchito in misura considerevole in America nella psicologia femminile, forse eccessivamente, tanto che pur rimanendo in piedi la struttura di base secondo cui la donna può ancora abortire entro determinati limiti, i numeri di chi abortisce anche oltre i termini meno permissivi, sono alti.  Incide forse su questo esodo prospettato dai mass-media, anche il fatto che alcune cliniche stanno decidendo di valutare se chiudere i battenti, per cui le clienti in lista si ritrovano a doversi rivolgere altrove.

 Attualmente, questo terremoto in materia d’ aborto, non bisogna leggerlo dal punto di vista umano o di scelta della donna, perchè non ce ne sono i margini (considerando che in fin dei conti ‘nessuno Stato vieta a prescindere la pratica’) ma dal punto di vista politico. Sarà infatti sull’aborto che si giocheranno le prossime elezioni made in USA, in quanto, il popolo americano è allarmato dalla propaganda dei movimenti abortisti e non coglie il contesto e le sfumature della decisione rispetto alle problematiche del proprio Paese. Il partito democratico di Joe Biden, che è crollato nei sondaggi clamorosamente per via delle decisioni sul conflitto russo-ucraino ed emergenza covid19, vede quindi in questa problematica sociale delle donne, una occasione di risalita dei consensi. Non è un interesse per la donna, a muovere realmente le fila sociali ma il tentativo di preservare in primis un business biologico fondato sugli aborti, e salvare il quadro politico del partito democratico in via delle elezioni. Non mi spiego, tuttavia, il flusso migratorio abbondante delle donne americane che sono in procinto non di partorire, ma di abortire. Probabilmente, qualcosa strutturalmente non funziona in America se così tante sono le donne che sviluppano la forma mentis dell’aborto! La difficoltà economica, familiare, o un figlio che viene da una violenza subita, sono motivazioni comprensibilissime per me, ma generalmente, una donna tenta in linea di massima di portare avanti la gravidanza per una sorta di istinto materno, che predomina sul sacrificio o sulla difficoltà. In America, è esattamente l’opposto? Me lo chiedo a questo punto, se è vero che si parla di carovane di donne in viaggio per abortire!

A Washington, il mese scorso, il governatore democratico Jay Inslee aveva firmato un provvedimento che vieta alle Procure locali di intraprendere azioni legali contro chiunque riceve un aborto o vi assiste, anche in altri Stati, proprio mentre negli stessi giorni l’Oregon stanziava 15 milioni di dollari per aiutare i fornitori di aborti ad acquistare attrezzature, ed espandere la propria forza lavoro. Una copertura così estesa in denaro, coadiuvata ad una legge che permette agli infermieri di eseguire aborti senza mai essere indagati, e che attendeva una ratifica, è stata considerata dal partito repubblicano e da molte associazioni umanitarie, preoccupante. Questo perché la legge in questione, recita che:  è vietata qualsiasi indagine o sanzione per una persona che subisce una morte perinatale correlata ad una omissione di agire. Il termine ‘perinatale‘ comprende per legge fino a sette giorni la vita di un neonato, per cui si tratterebbe di rendere lecito oltre che un aborto al nono mese, un infanticidio. Questa linea di pensiero è stata percorsa poi, anche dalla California. Quando si è notato che ci si scandalizzava troppo, si è provato a infilare una postilla per ammorbidire l’infanticidio ed edulcorare l’ipotesi del nono mese. Sono questi forse i campanelli di allarme, che hanno fatto credere fosse meglio togliere potere al ‘diritto costituzionale all’aborto’ in America? 

Come donna, ritengo di essere abbastanza lucida e ragionevole nel pensare che forse questo processo abortistico senza limiti andava strategicamente  limato un po’, quantomeno per un ritorno al senso umano di ciò che è il significato che ha: mettere al mondo un figlio. O forse, sono una stupida che non pensa ai diritti di scelta delle donne rispetto al proprio corpo, e quindi una perfetta cretina? Non lo so! Ma so che ho sempre sostenuto con tutte le forze il diritto di scelta sul proprio corpo, e sempre compreso le donne in difficoltà che hanno deciso di soccombere alle interruzioni di gravidanza. Ritengo però che, essere umani significa anche prendersi delle responsabilità, e non naufragare negli eccessi di ciò che più fa comodo a discapito dei valori. Arrivati ad un certo punto, si deve tenere conto anche del fatto che, quando una creatura è più che viva che embrionale dentro di te – per quanto anche l’embrione per me rappresenti pienamente il valore della vita che prende forma, dal punto di vista cristiano–  allora non puoi più pensare solo al tuo diritto, perché emerge anche il diritto di un altro essere umano più fragile, cui hai concesso di crescere talmente tanto da essere incredibilmente vivo e sensibile al dolore e alla felicità.

Per cui, se qualcuno ti dice ‘abortisci al nono mese perché la costituzione te lo concede, non farlo subito, perché sottobanco se hai difficoltà economiche io ti faccio guadagnare qualcosa’, allora una donna non può sentirsi coccolata e sedotta in questo senso.

Essere donne prima che  madri, consiste anche in una prontezza di riflessi, in una determinazione libera di se stesse che non si scontra però con la superficialità di azione nel momento in cui si tratta di decidere sul tema di una vita in grembo. E’ possibile trovare dei compromessi umani, su questa tematica delicatissima? Ritengo  che l’uccisione del feto in ogni forma e fino al tempo perinatale,  non può rientrare nei diritti costituzionali, ma sono anche certa che possano esistere leggi di appoggio, ben fatte, che concedono alla donna di decidere sul proprio corpo senza superare la decenza della sensibilità umana, quindi prevaricare il diritto di vita di un essere umano formato visibilmente, in tutti i sensi ‘persona’ dentro di te e non ‘embrione’ dentro di te.  Questo compromesso è più percorribile, per quanto io non interromperei nemmeno la fase embrionale che considero la scintilla sacra della vita, anche fossi la donna più povera del mondo intero.

Ci sono donne che non hanno tutto questo coraggio, né forza psicologica, ed è questo il motivo per cui cedo al compromesso di una via di mezzo sociale e di tolleranza fra donne, sostenuta dalle leggi giuste e dalla comunità tutta in un percorso di sostegno sociale pro-vita in cui si vogliono creare le condizioni giuste affinché una madre non si senta messa davanti ad una scelta così scioccante. Mi sento sconvolta dalla mole delle donne che fanno parte delle organizzazioni pro-aborto. Più vicina mi sento, a chi lavora per le circostanze di maternità non possibili e non desiderate in altro modo, ovvero non con il cardine concettuale ed organizzativo della ‘morte come business finanziato riconvertito in mercato’ , bensì con l’integrità di chi prova comunque a sostenere una donna in difficoltà, che solo dopo il tentativo di consigliarle la vita, si arrende alla evidenza psicologica di colei che non vuole diventare genitore.

Infatti, dobbiamo raccontare a noi stesse anche questo: che quando una donna si rivolge ad una istituzione per abortire ed in genere nasconde alla società e alla famiglia le sue paure e la gravidanza, dentro di sé è spinta alla interruzione… ma mette anche alla prova se stessa cercando nella istituzione un motivo che possa trattenerla da quella azione estrema. Se la donna si trova davanti una organizzazione pro-aborto che specula, non vedrà mai una prospettiva di luce da parte di una persona esterna alla sua situazione psicologica critica e buia, e quando non vedrà muovere alcun  sollevamento del minimo dubbio, penserà che in fondo quella vita non è proprio importante per nessuno, e verrà semplicemente spinta nel burrone senza alcuna alternativa.

       

26 GIUGNO 2022 – PAOLA MORA – QUI RADIO LONDRA TV

 

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